Pasolini e la sua casa di Cremona: "Sono stati i giorni più belli e gloriosi della mia vita ma qui è finita la mia infanzia"
Il 5 marzo 1922, un secolo fa nasceva Pierpaolo Pasolini. Cremona lo ricorda con una targa sulla casa d'angolo tra via Platina e via XI febbraio, al numero 3 dove aveva abitato tra il 1933 e il 1935 frequentando il Liceo Classico Manin. Era arrivato in città dopo il trasferimento del padre, tenente di fanteria, a Cremona. “Da questa casa dove terminò la sua infanzia dal 1933 al 1935 Pier Paolo Pasolini dispiegò la sua avventura artistica” è inciso sulla targa.
A cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, la Società dei Militi di Cremona vuole ricordare e celebrare uno dei maggiori intellettuali che il nostro Paese abbia mai conosciuto.
«Se i tempi in cui visse Pasolini sono storicamente molto distanti dal nostro – spiega Giulio Solzi Gaboardi, presidente dell'associazione – è anche vero che il suo messaggio di fratellanza e di lotta all'omologazione imperante resta attualissimo e vivo nei cuori di tanti giovani che ancora sperano in quel 'maggio italiano'. La Società dei Militi è un'associazione culturale giovanile che nasce proprio con l'intento di instradare i giovani verso un percorso di autentico rinnovamento intellettuale».
Martedì mattina, dunque, la Società dei Militi protocollerà una lettera all'attenzione del Sindaco di Cremona, dell'amministrazione comunale e della commissione toponomastica, avanzando la richiesta di dedicare a Pier Paolo Pasolini una via della nostra città.
In precedenti articoli abbiamo ricordato la scuola, i giochi, gli amici,lo sport, i compagni di classe (leggi l'articolo), poi lo straordinario ricordo di Ercole Priori che raccontò di quel pomeriggio sulla sua topolino verde con Marilù, Montaldi, Sartori, Balestreri e Pasolini (leggi l'articolo). Ma ci sono altre testimonianze sul Pasolini cremonese.
In un bell’articolo di Raimonda Lobina, nel numero I°, 1995, della rivista ‘Cremona produce’, si trova che Pasolini ebbe come compagno di banco, nel 1° anno, Stefano Ruggeri, divenuto poi medico. Ruggeri lo ricorda come un compagno ‘chiuso’, ‘riservato’, con scarsa comunicativa, ma attento a quello che i professori insegnavano, “quasi come se volesse, così immobile nel banco, bere tutto quello che gli veniva indicato”. «Aveva un abbigliamento per quei tempi un po’ strano: indossava un giubbetto di un bel colore verde smeraldo, con i bottoni d’oro (...). Io non l’ho mai visto prendere un appunto; quasi sicuramente lui si metteva tutto nella testa. Un’altra cosa che a noi faceva una grande impressione era l’uscita dalla scuola, dove veniva suo padre, in divisa: l’ampio mantellone nero, quel cappello particolare»
Del suo rapporto con Cremona, Pierpaolo Pasolini ha parlato in una intervista con Dacia Maraini. Eccone alcune parti
D.: Era importante per te l’affermazione scolastica? E perché?
R.:Sì, molto. Proprio per quei valori che mi aveva insegnato mia madre: la serietà, l’applicazione, l’entusiasmo per il sapere.
Quando Pier Paolo venne al Ginnasio di Cremona, era reduce da un infortunio scolastico piuttosto singolare per un futuro scrittore.
“Alla 5.a elementare è successo un fatto inaudito!” - raccontò - “Sono stato bocciato in italiano scritto. Hanno accusato il mio tema di essere troppo poetico”.
D.: Cremona è stata quindi la prima città della tua infanzia?
R.:Sì: Cremona è stata un’esperienza traumatica. A Cremona è finita la mia infanzia.
D.: A che età finisce la tua infanzia?
R.: A tredici anni, come per tutti. Tredici anni è la vecchiaia dell’infanzia, momento perciò di grande saggezza.
D.: Eri contento di te?
R.: Era un momento felice della mia vita. Ero stato il più bravo a scuola. Cominciava l’estate del ‘35. Finiva un periodo della mia vita. Concludevo un’esperienza ed ero pronto a cominciarne un’altra. Quei giorni che hanno preceduto l’estate del ‘35 sono stati i giorni più belli e gloriosi della mia vita.
D.: Rimpiangi molto la tua infanzia?
R.:L’ho rimpianta e l’ho narcisisticamente rivissuta. Perché è stato un periodo felice, pieno di idealismo. E’ stato il periodo eroico della mia vita. L’ho rimpianto disperatamente.
Ed ancora Pierpaolo Pasolini racconta di Cremona nell'Operetta Marina da Romans
La forza con cui Cremona mi aveva colpito, accogliendomi come uno straniero, quasi come un orfano esponendo davanti ai miei occhi incapaci di giudizio, le sue superfici di pietra, l'antico affaccendarsi umano del centro, le zone erbose della periferia fluviale - si era attutita contro quella mia remissività, cresciuta all'interno, con la nuova forma che in me aveva preso mia madre: leggerezza, dedizione, miste a una serietà che era addirittura intransigenza.
Si usciva di casa, all'angolo di via Il Febbraio, e, lasciate a destra le strade, così crudamente cremonesi, che percorrevamo ogni giorno per andare al Ginnasio, ci si spingeva lungo i biancastri, sonori selciati in direzione del Teatro Ponchielli, dove la città si faceva più vuota, e quasi sconosciuta. Così giungevamo alla impolverata piazza, dimessa come quelle delle fiere paesane, dove cominciava il viale del Po; le ultime chiazze di neve tra le rotaie del tram che solitario si dirigeva sotto le file nude dei castagni verso il capolinea del fiume, sopravvivevano rigide allo splendore che le distruggeva, ai biancori che laccavano il sereno.
Quasi con sgomento, il viale terminava contro la breve salita che portava al ponte; le file dei castagni si interrompevano, sul capolinea abbandonato, e da una parte e dall'altra si distendevano, le cespugliose, disordinate campagne, limitate contro il cielo dagli argini invernali.
A sinistra scendevano su un piatto, sporco prato, contro scarpate, ripari e terrapieni che empivano lo stesso orizzonte, le strade per cui si scendeva al livello del fiume, e la stradina interdetta della Baldesio. Ma noi lasciavamo da una parte quei siti invasi dalla civiltà, quegli avamposti appena costruiti e già in rovina, malgrado le fresche vernici turchine dello chalet e delle barchette allineate sul sabbione, malgrado la ferrea ossatura del ponte tra i cui piloni il fiume si faceva spaventoso; e giungevamo alle boschine, assetati dallo spazio che ingoiava gli sguardi sul pelo torbido dell' acqua, immenso specchio fangoso che trascinava con se il cielo contro le rive ancora friggenti del biancore della neve.
Davanti alla corrente del Po, niente avrebbe potuto spostarmi fuori dal campo della mia uniforme fantasia. Il solo vederlo; riaccendeva, come in un vastissimo solco, già da tempo profondamente scavato in me, l'immagine di un mare; ma, poiché il mare non lo avevo mai visto se non nei versi e le figure dell 'Odissea, o nelle brucianti inquadrature della Tragedia del Bounty e dei Capitani coraggiosi, dal Po prendeva la vertigine, la torbidità, moltiplicandole migliaia di volte ma fissandole in uno splendore salato, abbacinante, fossile; si presentava, quell' immagine, non appena ci fossimo avvicinati al pelo dell' acqua, a sporgerci nel vuoto, mescolando l'odore che la corrente sommuoveva dalla superficie dell'acqua, odore freddo, vegetale, con quello, tutto mentale, dei grandi golfi, delle spiagge dei tropici.
Nei cavi meriggi dei giorni di scuola, e, in quelli di vacanza, anche nel chiarore del mezzogiorno, echeggiava tra le nitide rampe delle scale di casa mia, il richiamo alla moglie lanciato dal vecchio padrone di casa alla più radicalmente cremonese di tutte le persone di quella Cremona divenuta mia patria pareva scandire, con distacco nel mio umorismo di impube, già cosciente, una vita insostituibile, unica; tutto il passato aveva la prospettiva della çasa di via 11 febbraio, con la vita dei vicini che ne aveva preso la famigliare durezza, delle poderose superfici del Duomo piantate contro il cielo a elevarvi, in abbandono, la città appiattita ai loro piedi, o delle strade verso il Po e dello stesso, barbarico corso del fiume.
Nelle foto Pasolini con la mamma Susanna Colussi, la targa sulla casa tra via Platina e via XI febbraio e i compagni di classe di Pierpaolo Pasolini al Manin
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commenti
Jim Graziano Maglia
5 marzo 2022 10:11
Grazie mille ancora Direttore.
Che fantastico "compleanno" per il caro PPP dalla città delle tre TTT...
Che strano gioco talvolta si può combinare con le tre consonanti...Piacevolissimo in questo caso.
Grande pezzo,tra foto,targhe
(una) ,testimonianze,ricordi,
che si leggono e si metabolizzano in un baleno, tanto catturano e colpiscono nella loro incalzante e viva trascrizione giornalistica di Cremona sera. Complimentissimi ancora e un grande hip hip hurrah all'eterno Pierpaolo Pasolini in un brindisi ideale tra i tantissimi e sempre più estimatori,oggi,domani e per sempre.
michele de crecchio
5 marzo 2022 23:59
Personalmente non amo la prassi, di retorica tradizione ottocentesca, di ricordare i nostri migliori concittadini intitolando loro alcune strade e sopprimendo così spesso denominazioni di antica e ben più gustosa motivazione. Molto più gradevole mi pare la prassi, inaugurata credo dall'amministrazione Corada, di ricordare, con piccole lapidi, la presenza in loco di illustri cittadini. Così si fece, felicemente, per ricordare la breve presenza a Cremona di Pier Paolo Pasolini. Così si sarebbe dovuto fare anche per l'abitazione dell'ottimo Giovan Battista Biffi, pratica che, pur approvata da tempo dalla Commissione Toponomastica, non ha avuto ancora la doverosa conclusione che pure avrebbe, a mio modesto parere, certamente meritato.
Daniele Disingrini
11 settembre 2022 13:14
Spero che la casa di Pasolini non venga devastata dalle solite "ristrutturazioni."
In particolar modo vorrei che la terrazza cremonese di cui parla molte volte in OPERETTA MARINA, quella terrazza dalla quale sognava battaglie navali di pirati, e dalla quale si alzavano le candide ali bianche della sua immaginazione per volare sopra gli oceani, non venga abbattuta.