20 novembre 2022

Ai piedi della Croce l'ultimo disperato tentativo di Satana: "Salva te stesso!"

Ero lì anch’io, sulla sommità di quella piccola collina fuori Gerusalemme, tra i soldati che si contendevano avidamente la tua veste e i sommi sacerdoti che ti maledicevano per la tua pretesa di essere l’Unigenito di Dio. 

Ci sono sempre stato! Fin dalla notte in cui sei venuto al mondo, in quella povera grotta di Betlemme, ricco soltanto dell’amore dei tuoi genitori. Soprattutto di quella donna di cui non posso pronunciare il nome tanto siamo distanti e contrapposti: lei un colosso di umiltà io di orgoglio, lei un giglio di purezza io una cloaca di perversione e impudicizia, lei ripiena di una fede indomita io asservito all’arroganza e alla ribellione.

Ci sono sempre stato e ho sempre cercato di ostacolare il tuo cammino. Sapevo di non poter evitare la tua incarnazione e il progetto di tuo Padre di salvare il mondo, di ricondurlo nel suo seno dopo che avevo confuso il cuore e la mente di Adamo ed Eva illudendoli di poter essere il dio di sé stessi. Quei due, i progenitori, li ho irretiti con il mito di una libertà senza legami e senza responsabilità rendendoli così schiavi di ogni vizio e passione, banderuole che non hanno nessuna ancora di salvezza.

Non potevo certo impedire a Dio di riportare l’uomo a sé, ma almeno ho tentato di contrastare questo progetto, di svuotarlo dall’aspetto più importante: l’amore!

Salvalo pure l’uomo – mi sono detto – ma attraverso un atto di forza e di potenza, mostrando chi sei veramente: l’Onnipotente, il Creatore del mondo e Signore della storia, che con una sola parola è capace di spazzare via ogni essere in Cielo e terra. L’uomo creda pure, ma costretto dall’evidenza, impaurito dalla imponente presenza di Dio, terrorizzato dal fatto di poter subire tremendi castighi in caso di ulteriori disobbedienze e tiepidezze. 

Salvatelo così, l’importante è che non usiate l’amore! Il terrore sì, ma non l’amore! 

Ogni gesto di amore che si compie sulla terra è per me come una randellata sulla testa… un dolore inimmaginabile! Più l’amore si spande – quello che insegni tu e non quella parodia che io ho consegnato al mondo – e più mi indebolisco!

Per questo ti ho seguito nel deserto, in quei quaranta giorni di digiuno e di preghiera che ti prepararono alla tua missione fra le genti di Galilea e Giudea. Già in quel luogo, spazzato dal vento e dal silenzio, ti ho tentato mostrandoti la via più facile, scevra di ogni sofferenza e di dolorosi rifiuti, quella che ti avrebbe portato ad importi sull’uomo rendendolo una marionetta nelle tue mani, sottraendolo così ad ogni responsabilità, impedendogli di comprendere la grandezza e la potenza dell’amore!

C’ero quando hai moltiplicato i pani e i pesci suscitando nella folla il desiderio di farti re perché avevi riempito il loro ventre. Ero nel cuore dei tuoi discepoli nel momento in cui volevano inviare dal cielo un fuoco per bruciare i villaggi che avevano rifiutato la loro predicazione. Mi sono insinuato nella coscienza di Pietro quando volle impedirti di andare a morire a Gerusalemme, come agnello mansueto che viene portato al macello. Invano ho sempre cercato di spingerti a mostrarti in tutta la tua grandezza e onnipotenza, in una regalità che si nutre di dominio e di soggiogazione. Hai sempre avuto, invece, un’altra idea di Re. Per te regnare significa soltanto servire, nell’umiltà e nel nascondimento! L’autorità non è mai privilegio, ma responsabilità!

Insomma ho sempre cercato, in tutti i modi, di farti desistere dalla Croce, da quel supremo e ineffabile atto di amore che sarebbe diventato una fonte di ispirazione per tanti uomini e donne nel corso dei secoli futuri.

Le ho provate tutte per fiaccarti: il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, il terrore dei tuoi apostoli, l’ostilità della folla, la ferocia dei romani, la malvagità dei sommi sacerdoti, la stupidità di Erode. Ti ho messo dinanzi un’umanità crudele e arrogante perché ti convincesti che non meritava tanta benevolenza e misericordia!

L’ultimo, disperato tentativo, l’ho fatto ai piedi della Croce quando, nella completa solitudine stavi per offrire tutto te stesso al Padre, in un perfetto atto di obbedienza. In verità una persona c’era: tua madre, gonfia di dolore e di nobiltà, desiderosa solo di sollevarti un poco da quella pena, così come farebbe ogni buona madre accanto al proprio figlio sofferente.

Disperato mi aggiravo tra i soldati e i sacerdoti mettendo sulla loro bocca l’ultima grande tentazione; quella che fa sempre presa sugli uomini dalla fede stanca e mediocre: “Salva te stesso!”. Mi sono affidato addirittura ad un perfido assassino che stava subendo la tua stessa sorte. 

Quante volte, giocando questa carta, ho attirato gli uomini a me! Salvare sé stessi significa trovare sempre la scorciatoia più semplice e veloce per evitare la responsabilità e soprattutto la sofferenza che nasce sempre quando si decide di amare sul serio! Salvare sé stessi vuol dire non coinvolgersi mai con gli altri, ma piuttosto usarli fin quando ti fanno comodo per poi abbandonarli al loro destino! Salvare sé stessi è l’ebbrezza di sentirsi sempre vincenti, onorati ed adorati, serviti e riveriti, padroni della realtà e della verità.

Se tu fossi sceso dalla Croce tutti avrebbero creduto in te, si sarebbero prostrati ai tuoi piedi e ti avrebbero condotto in gloria nel grande tempo di Salomone. Ho sperato fino in fondo che il dileggio dei tuoi carnefici, il dolore del mondo che ti opprimeva il cuore, il peccato della storia che premeva sulle tue spalle esauste, la voglia di mostrare la grandezza della giustizia di Dio ti avrebbero convinto a staccarti da quel legno infamante! Ti saresti mostrato quello che sei: il Signore del tempo e della storia! Purtroppo sei rimasto lì, hai abbracciato il tuo destino fino in fondo non tenendo nulla per te. Li hai salvati mostrando loro che c’è una via di uscita dalla tirannide dell’io, dall'insolenza del male, dall’oscurità del peccato: è non fuggire davanti alla Croce, ultimo vero baluardo di verità e di libertà. Li hai salvati, perdendo te stesso! E mi hai condannato in eterno a fuggire di fronte ad ogni gesto di amore che trova in te la sua sorgente e il suo fine. 

 

Claudio Rasoli


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