Cara Cremona, auguri per un 2026 di maggior decoro e minore inciviltà
Anche sta' volta c'è l'ho fatta: ho superato senza spiacevoli effetti collaterali quel tratto di corso Campi che per noi nativi è, più semplicemente, il Corso. Ideale vasca di piscina, un tempo percorsa infinite volte, avanti e indietro, piacevolmente coltivando la pratica di un urbano conversare affiancato e quasi affettuosamente accompagnato da storiche vetrine traboccanti di vita non meno che di merci. Tutt'altra la situazione attuale. Occorre, tanto per cominciare, destreggiarsi nell'insidiosa rete di guinzagli dei tanti Fido ai quali il tenero zelo dei locali governanti ha procurato un nobile habitat di marmi pregiati. Non sia mai che ai cani cremonesi tocchi espletare funzioni fisiologiche su vile pietra inadeguata al ruolo. Se tenti di aprirti un varco fra guinzagli e relativi quadrupedi placidamente sdraiati di traverso, e non parlo di pesi piuma scavalcabili senza qualche ansia, sei guardato in 'cagnesco'. Ovvio, si dirà, che un cane guardi in cagnesco. Meno ovvio che lo faccia, e con più truce grinta, il padrone. Mica semplice peraltro aggirare l'ostacolo senza ritrovarsi sulla traiettoria dei virali monopattini che, in mano ai soliti zombi in delirio di onnipotenza, sfrecciano incuranti di tutto e tutti: musica in cuffia, le poche celluline grigie affogate nello schermo dello smartphone. Ormai se percorri il Corso senza reggere in una mano un guinzaglio, meglio se multiplo, e nell'altra un cellulare che ti assicuri ininterrotto flusso di vitali banalità, ti senti nudo. Nudo e colpevole di imbarazzante diversità.Sia chiaro che non ce l'ho coi cani di cui conosco intelligenza, preziosa capacità di fedeltà e affetto e ho patito la perdita con tutto il lutto di cui il cuore è capace. Alludo a tutt'altro. Se c'è di che rallegrarsi che i cani siano amati in quanto cani, alquanto preoccupante appare che siano, come oggi accade, amati in quanto bambini. Travestiti da neonati con braghette e cappottini, piazzati in passeggini con corredo azzurro o rosa, festeggiati ai compleanni con tanto di torta e candeline. La platea canina è palesemente destinataria di un vero e proprio transfert di atteggiamenti genitoriali che presenta forme e dimensioni del fenomeno di massa. Come ti guardi intorno hai la plastica rappresentazione di una società attualmente più interessata alla continuità della specie canina che non di quella umana. Tant'è che il fatturato che ruota intorno al benessere di Fido largamente ormai sopravanza la spesa per l'infanzia. Gli analisti parlano al riguardo di "nuove religioni della crisi" collegate a vere e proprie modifiche antropologiche prodotte da una fase storica di accentuata instabilità e frustrante incertezza generale. Al declino di grandi civiltà e al venir meno delle potenti fedi unificanti -religiose, politiche, sociali o ideologiche- che ne preservano compattezza di posture individuali e collettive sta in effetti subentrando la liquida stagione del 'liberi tutti '. Ciascuno si costruisce il proprio piccolo mondo autodifensivo di private fedi domestiche e spesso vi si aggrappa in modi pericolosamente assolutizzanti.
Ecco dunque che, come classici genitori iperprotettivi verso le marachelle dei figli, i padroni dei cani sono pronti a linciarti se hai l'ardire di invitarli a non trasformare il tuo portone o il comune marciapiede in un impraticabile letamaio. Persino i moduli della più tradizionale pianificazione famigliare sono rigorosamente ricalcati: dare fratellini e sorelline a Fido per evitargli le malinconie del figlio unico. La nostra vita di relazione si riconfigura in nuovi confini, di fatto muovendosi sempre più spesso fra il dialogo col cane e quello col Social. Quasi che il diretto contatto con propri simili in carne e ossa vada accuratamente scansato come seccante e anacronistica perdita di tempo. Sempre più rare le coppie a braccetto. Ognuno procede per conto suo, col suo guinzaglio, il suo cane, il suo telefono e i suoi interlocutori. Il che fatalmente investe anche il nostro modo di avvertire il rapporto fra spazio privato e spazio pubblico. Sempre più autoreferenziali, finiamo per perdere adeguata percezione di quel che ci sta intorno e conseguente consapevolezza di concorrere con comportamenti di indifendibile maleducazione al degrado che umilia Cremona: sporcizia, abbandono di rifiuti, deiezioni canine non raccolte e così via. Avanza, se non fermata in tempo, una nuova umanità estraniata, blindata nei fatti propri e nel cieco esercizio dei propri comodi. Le basta che lo spazio oltre il portone di casa offra un segnale per il telefono e qualche metro quadro per i bisogni del cane. La città nella concreta consistenza della sua realtà regredisce a sfondo invisibileprincipalmente fruito come teatro di privatissime pratiche. Dal grottesco al patetico fino al tragicomico, il teatrino umano offre di tutto. Tipo il caso seguente. Tempo fa, affacciandomi in strada a tarda sera per esporre i rifiuti, ho casualmente disturbato il giro serale di un animale di grossa taglia che, senza guinzaglio, passava davanti al portone. Colto di sorpresa ha rabbiosamente reagito alla mia presenza palesemente disponendosi ad attaccare. Al che la padrona, placidamente sopraggiunta e nemmeno lontanamente sfiorata dall' ipotesi di scusarsi, con voce flautata s'è rivolta al tenero esserino, in verità una specie di ringhiante cinghiale: "Tranquillo amore, c'è qui la mamma e la signora non ti fa niente". Pur lusingata dalla fiducia, mi sono affrettata a mollare il secchio e richiudere il portone, comunque certa di aver assistito a un pregevole saggio di umorismo involontario. Tanto divertente da rendere (quasi) perdonabile la colossale maleducazione della povera donna in stato di palese confusione cognitiva. Vogliamo trovare un ragionevole compromesso fra il doveroso amore per Fido e l'altrettanto doveroso rispetto per una città sfregiata da inciviltà senza precedenti? Giro la domanda all'anno che si apre, ovviamente investendoci adeguato carico di fiduciose attese.
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