Che barba questo Natale!
Non so se anche voi provate, all’avvicinarsi delle feste natalizie, un senso di disagio, quasi di disgusto, tanto da sperare che arrivi presto l’Epifania per ritornare ad una apparente normalità. Il Natale è diventata una festa “pesante”, a dir poco stressante, che mette a dura prova il fisico e la mente delle persone. Non parlo certo del Natale cristiano, ci mancherebbe! Ma di tutta quella ritualità laica che piano piano ha soffocato il vero senso di questa festa: la corsa frenetica ai regali, la preoccupazione di dover addobbare la casa come si conviene, l’impegno non solo di dover preparare ma anche di affrontare pranzi e cene faraoniche, la liturgia a volte ipocrita degli auguri fatti a persone che magari si vorrebbe evitare, i luoghi comuni che abbondano in televisione: la bontà, la dolcezza, la compassione… sentimenti tutti con scadenza preferibilmente entro il 6 gennaio.
Abbiamo talmente riempito il Natale di cose inutili e secondarie da averlo svuotato del suo significato più profondo e più vero: l’abbiamo trasformato in una bella favoletta che non interroga più nessuno, ma che anzi fa addormentare prima!
C’è poi un frastuono che accompagna costantemente la nostra vita - amplificato in queste settimane - che ci impedisce di rientrare in noi stessi, di interpellare il nostro cuore, di fare verità nell’intimo della nostra coscienza. Viviamo così di corsa da risultare “sparpagliati”: troviamo “pezzi di noi” dappertutto tanto da rischiare di diventare degli estranei alla nostra coscienza, di non riconoscerci più! Banderuole trascinate dalla corrente, spettatori, più che attori della nostra esistenza!
Purtroppo l’esperienza tragica del Covid19, invece di renderci migliori, ha portato, molti di noi, ad essere ancora più cinici, disincantati, insofferenti, irritabili, nervosi peggiorando la nostra avversione verso queste feste “zuccherose”. La consapevolezza - venuta da questa situazione inedita - di essere fragili e “di passaggio” su questa terra, invece di farci diventare più umili, più attenti alle realtà dello spirito, più rispettosi di fronte al mistero della vita, ci ha resi più ribelli e anche più malvagi. La rabbia e l’acrimonia che si respirano sui social, le nuove piazze del mondo contemporaneo, sono un indicatore assai eloquente.
Come tornare padroni del vivere? Come riuscire a vincere il disgusto di una vita ipocrita e vuota? Come riacquistare autenticità ed entusiasmo? Come reagire al cinismo, alla banalità del presente, alla volgarità imperante, alla cattiveria?
Non ci sono tante soluzioni! Occorre fermarsi, vincere l’ansia da prestazione, sfrondare sulle cose secondarie per focalizzare quelle essenziali, fare silenzio! Si, proprio così: fare silenzio! Lo so che è difficile: il silenzio fa paura, ti inchioda, ti riporta nell’intimo di te stesso, fa riaffiorare dubbi, angosce, scheletri… Non facciamo silenzio perché abbiamo paura di noi stessi, di fare i conti con i fantasmi che aleggiano nella coscienza! Eppure il silenzio è una medicina potente, un farmaco che chiarisce la mente e la rafforza la volontà!
Che augurio possiamo farci l’un l’altro? Ci auguriamo di trovare il tempo per fermarci, per abbassare il volume, per riappropriarci di noi stessi, per capire cosa stiamo diventando, per comprendere come questa vita “a tutta velocità” ci sta trasformando… magari davanti ad un presepe o ad un’immagine di Gesù bambino. Non tanto per cullarci nelle favole o in pensieri sdolcinati, ma per recuperare le nostre radici, per ritrovare le ragioni dell’esistenza, per riscoprire il vero senso della parola “amore” così tanto bistrattata al giorno d’oggi.
Scopriremo, forse, il significato vero del Natale: Dio si è fatto uomo per condividere la nostra fatica di vivere e per indicarci come diventare davvero uomini, perché non si nasce “già fatti”, ma “ci si costruisce” giorno per giorno, anche se si ha ottant’anni. Questo, per me, è Natale e allora è davvero tutti i giorni.
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commenti
Teresa
29 dicembre 2021 10:42
Applausi!