Codici culturali e maltrattamenti: la giustizia separata
Un cittadino del Bangladesh maltrattava e vessava, la moglie, trattata come una “schiava” lei racconta. Ma un Pubblico Ministero di Brescia ha sollecitato l’esenzione da ogni responsabilità anche perché tali comportamenti sarebbero insiti nella cultura del paese di origine. L’argomentazione del Pubblico Ministero ha suscitato la presa di distanza del suo stesso ufficio e vedremo la sentenza. Ma non è poi così priva, sfortunatamente, di agganci ideologici e culturali.
Segue l’approccio per cui l’Italia dovrebbe diventare non un paese di cittadini ma di appartenenti a tribù culturali ciascuna delle quali segue la sua legge in una valorizzazione assoluta della cultura delle minoranze oppresse tipica del wokismo. Una scelta che potrebbe estendersi anche a casi come quelli della pakistana Saman. Tentativi di questo genere sono già in corso in Inghilterra con la proposta di istituzione di Tribunali islamici almeno per gli affari familiari. Anche il nostro legislatore, qui comincia l’ironia, potrebbe facilitare questo percorso liberatorio e rispettoso delle diversità instaurando Tribunali della Sharia per i residenti islamici al posto dei nostri Tribunali civili e penali un po’ come, paradossalmente, in molte colonie c’era il sistema dell’Indirect Rule e cioè giurisdizioni separate per gli europei e per i locali. Un banco di prova di questa evoluzione potrebbe essere quella dell’uccisione di un africano albino, che in quel continente per ragioni biologiche, pochi lo sanno, sono molti rispetto all’ Europa. Nella cultura di alcune regioni africane però gli albini sono simboli di stregoneria di maleficio e spesso eliminati. Lo straniero appartenente a tale cultura che commettesse un delitto del genere in Italia potrebbe quindi essere assolto o comunque trattato con molta indulgenza. Qui, anche per rispetto verso quegli sfortunati, finisce l’ironia.
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