23 giugno 2024

Con Dio le crisi diventano opportunità e non scadono mai in paure!

“La paura bussò alla porta, la fede andò ad aprire e vide che non c’era nessuno”. Questa potente e suggestiva massima è attribuita al pastore battista Martin Luther King, paladino dei diritti civili degli afroamericani, ucciso a Memphis il 4 aprile 1968 da chi voleva fermare la storia. Una frase che è stata il paradigma di tutta una vita spesa per un “sogno”, che grazie alla fede in Cristo, si è realizzato, anche se non pienamente! King, da uomo di Dio, non si è lasciato sopraffare dalla paura, anche se tante minacce incombevano sul suo capo: sapeva di essere accompagnato e che il suo impegno nel mondo era guidato da Qualcuno di più grande!

Senza la fede la paura si trasforma in un tiranno minaccioso che paralizza il cuore, uccide la speranza, scava un fossato invalicabile con gli altri e con l’Altro acuendo la solitudine e non da ultimo offusca la realtà ingigantendo i problemi, le difficoltà, le sfide. Il popolo di Israele si sente smarrito di fronte al gigante Golia che è reso ancora più imponente e invincibile propria dalla paura. Scrive sapientemente Silvano Fausti: “Più ci immaginiamo qualcosa che ci incute paura, più quella cosa diventerà sempre più grande, fino a farci perdere il senso della realtà che viene sostituita dalle nostre paure. Golia esce in battaglia, ripetendo le stesse parole e gli israeliti ne hanno paura, fino quando arriva Davide, che è il più piccolo, che non è nemmeno lì per la battaglia, che lo sconfigge con la pietra e la fionda, gli strumenti che in quanto pastore si portava sempre dietro. Le paure si vincono infatti rimanendo sé stessi”.

Satana è il grande signore della paura, una delle sue alleate più formidabili. 

Egli aizza anzitutto la nostra paura di un Dio giudice, castigatore, simile ad un cecchino appostato sul campanile intento a sparare ogni volta che compiamo un passo falso. Quante persone di fronte ad un lutto, una malattia, un fallimento si domandano frastornate: “Perché Dio mi ha punito così duramente, che cosa ho fatto?”. Un Dio così non può essere amato, se mai temuto, meglio se tenuto alla larga dalla propria esistenza.

C’è, poi, la paura di non sentirsi all’altezza dell’amore di Dio: ci sono persone che si sentono talmente schiacciate dal loro peccato e dalla loro miseria da credere di non poter essere raggiunte dalla cura e dalla tenerezza del Padre celeste. Come se Cristo e la sua grazia potessero e dovessero essere meritate: Dio non è un ragioniere avvezzo alla partita doppia, non guarda l’avere, ma sempre e solo il dare. L’uomo che prova vergogna di fronte a Dio è fondamentalmente un orgoglioso che si sente ferito nell’amor proprio perché non riesce a raggiungere la perfezione che sogna. Verrebbe da dire: sia benedetta quella “spina nella carne” che ci fa sentire “imperfetti” perché ci salva da un peccato ben più grave e devastante, la superbia! Per superbia il demonio è stato condannato all’infelicità eterna, per superbia Adamo ed Eva hanno annusato il fetore del peccato, per superbia gli abitanti di Babilonia hanno visto franare la loro arrogante torre, per superbia il fariseo della parabola è stato deriso e condannato da Gesù, per superbia oggi il mondo è devastato dall’incomprensione e dalla violenza!

C’è poi la paura che vivono i discepoli nel Vangelo di questa penultima domenica di giugno: quella di essere dimenticati, ignorati. Quanti provano questa terrificante sensazione: “Dio non si cura di me, soprattutto nei momenti di prova e di dolore egli mi lascia solo”. Anche in questo caso la “letteratura” popolare è vastissima: “Se Dio è così buono perché non viene in mio soccorso? Se ama così tanto l’umanità perché permette le guerre, la fame, l’ingiustizia?”.

Possiamo immaginare lo stupore, ma anche la rabbia dei discepoli alle prese con una tempesta improvvisa sul Mare di Galilea, fenomeno tra l’altro molto frequente in questo immenso specchio d’acqua che separa Israele dalle alture del Golam. Essi stanno rischiando la vita e Gesù che fa? Dorme! Ma come può sonnecchiare mentre attorno a lui si scatenata un vero e proprio uragano? Semplice, Gesù riposa beato perché il suo cuore riposa in Dio: egli è consapevole che qualsiasi cosa gli accada intorno, non potrà mai abbatterlo, piegarlo, umiliarlo perché il Padre ha cura di lui; ci saranno prove nella sua vita - la croce sarà quella più terribile e dolorosa - ma nulla potrà realmente sconfiggerlo o annientarlo.

Il suo continuare a dormire è quasi certamente una provocazione nei confronti dei suoi discepoli: più volte Cristo li mette alla prova nei tre anni di vita comune, non per giudicarli e condannarli, ma perché capiscano di essere fragili e continuamente bisognosi del suo aiuto. 

Per Gesù le prove non sono di per sé negative, anzi esse permettono all’uomo di capire chi è realmente, le sue potenzialità come le sue deficienze e quindi di lavorare proficuamente su di sé!

Chistiane Singer nel suo bellissimo libro “Del buon uso delle crisi” scrive: “Nel corso del cammino della mia vita ho raggiunto la certezza che le crisi avvengono per evitarci il peggio. Come esprimere che cos’è il peggio? Il peggio è aver attraversato la vita senza naufragi, cioè essere sempre rimasto alla superficie delle cose, aver danzato al ballo delle ombre, persi nell’inconsistenza, aver sguazzato nelle paludi del ‘si dice’, delle apparenze, dei luoghi comuni, di non essere mai precipitato, andato a fondo in una dimensione altra e profonda di sé e delle relazioni. In mancanza di maestri, nella società in cui viviamo, sono le crisi i grandi maestri che hanno qualcosa da insegnarci, che possono aiutarci ad entrare nell’altra dimensione, nella profondità che dà senso alla vita. Nella nostra società tutto concorre a distoglierci da ciò che è importante e centrale, come se ci fosse un sistema di fili spinati e di interdizioni per impedire alla persona di accedere alla propria profondità che dà senso alla vita. In una società in cui non sono indicate le vie per entrare nella profondità, resta soltanto la crisi per poter spezzare questi muri che ci accerchiano. La crisi appare come un ariete capace di sfondare le porte chiuse di una fortezza in cui noi restiamo rinchiusi, con tutto l’arsenale delle nostre credenze”.

Con Dio le crisi diventano opportunità e non scadono mai in paure!

Claudio Rasoli


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti