6 gennaio 2023

Con Vialli, lui quello famoso io il tifoso che lo ammirava

No, il coccodrillo su Gianluca Vialli no. Si sa che nel gergo giornalistico il coccodrillo è l’articolo sulla morte di qualcuno già scritto prima, quando la dipartita era già nell’aria. E purtroppo all’addio a Luca eravamo preparati da parecchi giorni. Non ce l’ho fatta: anche se le notizie da qualche tempo non lasciavano speranza alcuna, che spazio potevo lasciare dentro me stesso che non fosse di speranza per chi ha rappresentato tanto per Cremona e per me in particolare? Da tifoso grigiorosso il doppio salto in tre stagioni dalla serie C alla serie A, da simpatizzante juventino il capitano che ha alzato l’ultima Champions. E poi Luca era mio coetaneo, nato solo un mese dopo di me, studente in via Palestro anche se in un altro edificio (da lui frequentato poco, tanto che si è diplomato proprio al Vacchelli ormai trentenne e campione affermato). Tanti i ricordi da ventenne, più miei che suoi evidentemente: lui era quello famoso e io il tifoso che lo ammirava. Ricordi che sono in gran parte calcistici, ma non solo. C’ero sulle gradinate del Tardini quel 10 maggio 1981, quando mister Vincenzi lo inserì nel finale di una partita da 0-0 concordato (un difensore avversario minacciò di legnarlo, rivelò anni dopo, e i suoi compagni gli dissero che il pareggio stava bene a tutti: quello fu il suo “ingresso” nel calcio dei grandi). C’ero il 18 febbraio 1982 a Cà de’ Somenzi, quando un Franco Battiato che si avviava al grandissimo successo tenne un concerto memorabile dopo l’uscita del suo album dei record, “La voce del padrone”: ricordo Luca assorto, seduto, con la testa tra le mani, per quasi tutta la durata del concerto, mentre cantava a memoria quei testi per pochi su musica per tutti; e alla fine in piedi sotto il palco per il bis, quando me lo ritrovai addirittura sulle spalle ad urlare a squarciagola.

No, il coccodrillo no, quello che nel calcio sta a significare l’uomo disteso dietro la barriera per evitare il gol beffardo rasoterra su punizione. Sarebbe servito quella volta che allo Zini, mentre tutta la nostra barriera saltava, Michel Platini ci fece gol su calcio piazzato con un rasoterra a fil di palo. Al ritorno tutti i nostri d’accordo: stavolta il francese non ci frega più. E così mentre Michel calciava la punizione nessuno dei grigiorossi in barriera saltò. Risultato: barriera scavalcata e gol sotto la traversa. Era il campionato 1984-’85: Vialli aveva aiutato i grigiorossi a salire in quella serie A poi ci aveva salutato ma non per andare in quella Juventus del Roi Platini che pur lo voleva, ma alla Sampdoria, dove avrebbe segnato il periodo d’oro dei blucerchiati in coppia con l’amico Mancini. In bianconero arriverà più avanti, e riuscirà a togliersi parecchie soddisfazioni, Champions in testa ovviamente.

Dopo quell’esordio che non aveva neanche 17 anni, Vialli ha giocato le tre successive stagioni in serie B, la prima nella stagione chiusa con l’incredibile volata salvezza targata Mondonico, l’allenatore che lo allenava nelle giovanili, nella quale Vialli mise a segno 5 gol (il primo l’11 novembre 1981 allo Zini contro la Reggiana). L’anno dopo ne segnò 8, che non servirono alla promozione della Cremonese, beffata negli spareggi di Roma. Nel terzo anno fu il goleador della squadra con 10 reti, e la serie A divenne una realtà così incredibile, da far impazzire città e provincia di gioia. Lui tornò allo Zini da avversario, e da avversario segnò più volte contro la Cremo, esultando sempre, cosa sgradita a quella parte dei tifosi, grigiorossi e non, che pretenderebbero sempre costernazione più che gioia dopo un gol da ex: menzogne che non erano da lui, che il suo attaccamento a Cremona l’ha mostrato in ben altre e più sincere maniere. Non serviva evitare di alzare le braccia al cielo dopo quella straordinaria rovesciata per chi ha sempre avuto radici salde a Cremona.

No, il coccodrillo no, quello che piange lacrime finte. Lui che ha affrontato la malattia con una dignità suprema, una malattia implacabile che gli fu diagnosticata ormai più di cinque anni fa, e che Luca non ha affrontato né da sbruffone né nascondendosi al mondo. Si è mostrato con tutta la sua debolezza e con la residua forza cui si aggrappava trasmettendo positività. I messaggi negli ultimi tempi da parte di chi ha condiviso il percorso sportivo come Antonio Cabrini, o anche da chi frequenta mondi diversi come Fedez, che ha svelato il messaggio che Luca gli mandò quando il cantante fu colpito da una malattia e gli diede forza, conferma l’esempio di tenacia e di positività di chi ha conservato ironia e voglia di vivere. Tutti gli appassionati di calcio hanno scolpito in mente l’abbraccio con l’amico Mancini dopo l’incredibile vittoria azzurra agli Europei dell’estate 2021, noi grigiorossi lo ricordiamo lo scorso settembre allo Zini in occasione del match contro il Sassuolo con indosso una maglia celebrativa, una divisa grigiorossa vintage in tribuna. Gianluca è venuto in città anche recentemente per incontrare i vecchi compagni della Cremo. Ora ha raggiunto in cielo i suoi allenatori a Cremona: Settembrino, Vincenzi, Mondonico, ma lo ha fatto troppo presto. Il suo addio a Cremona quarant’anni fa ci diede tristezza ma consapevolezza che avrebbe trovato una strada degna di lui, che il suo addio al mondo oggi ci porti le stesse sensazioni.

Vanni Raineri


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