Consumo del suolo "Oltre il presente", ma non ancora futuro
«Riteniamo fondamentale affrontare il tema del consumo di suolo, una questione cruciale che vede la nostra regione detenere il triste primato in Italia».
L’affermazione a pagina 25 del documento programmatico Oltre il presente, del neosegretario provinciale del Pd, Michele Bellini, è chiara e precisa. Assertiva e tosta. Apprezzabile e lodevole. Lascia poco spazio a tentennamenti e interpretazioni.
Scelta di campo netta e responsabile, è ventata di aria nuova. Fresca e frizzante.
Non c’è trippa per gatti. Per cattedrali di cemento. Per giganteschi parallelepipedi. Per strade superflue.
Non c’è posto per gli Attila del nostro tempo. Per il re degli Unni. Per Flagello di Dio. Per il cattivissimo barbaro delle maestre del secolo scorso: «dove lui passava non cresceva più l’erba».
Non c’è tolleranza per i lanzichenecchi che depredano il terreno agricolo e costruiscono supermercati e depositi per la logistica. No pasaran. Bellini, come la pasionaria Dolores Ibarruri.
Poi, però la questione si complica.
«Questo argomento – precisa Bellini - richiede serietà e intelligenza, in linea con il Green Deal europeo, che prevede l’obiettivo di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050. In concreto, ciò significa adottare un approccio che assegni priorità e urgenza agli interventi in base alla loro rilevanza strategica e al loro impatto sul territorio» (pagina 27).
D’acchito il ragionamento appare corretto, non dogmatico. Non radicale. Ad una lettura più attenta risulta un po’ meno lineare e coerente.
Il problema è legato al valore assegnato alla rilevanza strategica e all’impatto sul territorio, due parametri che determinano la priorità e l’urgenza.
Questa attribuzione di caratura diversa è dirimente. È la discriminante su cui si basa la scelta. Lo spartiacque che decide se promuovere o bocciare l’insediamento.
Nella maggior parte dei casi la rilevanza strategica è legata all’economia, al trasporto merci, alla possibilità di insediamenti produttivi. Alle variabili inerenti allo sviluppo. Alle esigenze degli stakeholder. Essa gode di una notevole e giustificata importanza.
La scelta strategica, appunto perché tale, definisce il futuro del territorio. È oltre il presente, come, in modo encomiabile, propone il programma di Bellini.
La scelta strategica va forte nei territori in cui i portatori d’interesse condizionano in modo invadente e pervasivo le decisioni politiche. Annovera tra i suoi alleati il neoliberismo imperante e l’inconsistenza dei partiti. Un aiuto lo riceve anche dai primi segnali di insofferenza verso il Green Deal. E non è da sottovalutare la potenza economica dei suoi sostenitori, che possono pagare campagne mediatiche per acquisire consenso per i loro progetti.
La scelta strategica non va al massimo, ma comunque a gonfie vele, là dove lavorano politici e pubblici amministratori meno malleabili. Più autonomi, anche senza assomigliare al Mr. Smith di Frank Capra.
Non sempre le scelte strategiche coincidono con il bene comune, che non corrisponde a quello millantato da alcuni politici di casa nostra. Che non è quello delle multiutility, società a maggioranza pubblica, ma gestite con i metodi del business del profitto estremo. Con la smania di distribuire dividendi ai soci. Con la voracità dei fondi di investimento.
Le scelte strategiche non sono la costruzione di infrastrutture in un’area piuttosto che in un’altra, per meschini calcoli di consenso elettorale.
L’altro parametro, l’impatto sul territorio, benché zavorrato dal pregiudizio, che lo vuole per postulato più legato all’ideologia, conta anch’esso parecchio e custodisce numerose frecce nella faretra.
Paga lo scotto di non avere ogni volta gli stakeholder dalla propria parte. Di non offrire un ritorno immediato e molto remunerativo dell’investimento. Cede alla seduzione delle compensazioni ambientali tozzo di pane o poco più, che permettono operazioni borderline. Specchietti per le allodole. Sirene che incantano i marinai.
In questo contesto assegnare «priorità e urgenza agli interventi in base alla loro rilevanza strategica e al loro impatto sul territorio» è tutt’altro che semplice e il rischio di valutazioni discordanti e in alcuni casi contrapposte non è raro.
È una questione di costi e benefici, di come si calcolano i primi e si considerano i secondi.
Per esempio, per Bellini, di interesse strategico sono «il raddoppio ferroviario della linea Mantova-Milano o la realizzazione di un collegamento veloce tra Cremona e Mantova» (pagina 27).
Se per la ferrovia nessuno obietta, sull’autostrada i pareri divergenti sono numerosi. Dissenso, che però non intacca la sicurezza assoluta e cieca, da pasdaran, del segretario piddino sulla bontà dell’infrastruttura. Fede, che gli fa scrivere: «Continueremo a impegnarci affinché sia presa una decisione dalla Regione sull’urgenza di un collegamento veloce tra Cremona e Mantova: l’infrastruttura si inserisce all’interno della dorsale strategica Milano-Cremona-Mantova-Brennero-Adriatico, un asse fondamentale per il collegamento e lo sviluppo economico del territorio».
Nessuno discute sull’utilità di questa autostrada per i cittadini. Resta l’incertezza sull’assoluta necessità dell’opera. Di certo, rappresenta la soluzione ideale per gli stakeholder, soprattutto per quelli che impiegano i mezzi pesanti su gomma per il trasporto della merce.
Un ulteriore elemento di riflessione è «la proliferazione di infrastrutture logistiche, che rappresentano una delle principali cause di consumo di suolo negli ultimi anni». Tema sul quale «il gruppo regionale del Partito Democratico sta svolgendo un lavoro importante» (pagina 27).
Nulla da ridire su questo impegno in Regione, ma a Cremona il Pd nulla ha potuto fare per bloccare il Polo logistico di San Felice: novantamila metri quadri, in un’area di 300 mila metri quadri complessivi sulla via Mantova.
«Porterebbe sì circa 500 nuovi posti di lavoro ma anche 1.600 movimenti giornalieri di mezzi pesanti, tra ingressi ed uscite su via Mantova, oltre a 160 passaggi di automezzi di stazza media e a 568 spostamenti di veicoli leggeri utilizzati dagli addetti ai lavori» (Cremonasera, 7 febbraio).
Il polo logistico di San Felice è di rilevanza strategica per il futuro del capoluogo? Qual è il suo impatto sull’ambiente? Il rapporto costi/benefici giustifica la sua presenza in città?
Se la disastrosa qualità dell’aria di Cremona annovera tra le cause principali l’intenso traffico veicolare (pagina 26), l’insediamento di una struttura logistica a tutt’oggi non figura tra le contromisure consigliate dai tecnici e dal buon senso per contrastarla.
Non è una ventata di aria nuova. Fresca e frizzante come aveva fatto sperare una prima lettura di Oltre il presente. Già, il presente continua. Forse in maniera peggiore. Resta sempre la speranza. Mai dire mai.
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commenti
Enrico Gnocchi
9 febbraio 2025 14:16
Caro Antonio Grassi
concludi la tua interessante analisi su questa ulteriore "scelta strategica" di un polo logistico di proporzioni gigantesche e di devastante impatto per Cremona, con le parole "Resta sempre la speranza. Mai dire mai."
A mio avviso "per Cremona non rimane alcuna speranza".
Colonizzata nel suo territorio con progetti che appaiono evidenti nelle loro dimensioni come funzionali ad interessi economici e sociali non locali, ma scelti da accentratori di capitali e da una "cultura di vertice" dove ai cremonesi vassalli è lasciato forse il solo "diritto ad un lavoro" sottopagato e marginale, non c'è più da stupirsi che prevalgano progetti non condivisi e nemmeno in primis resi partecipi per poter almeno dire che c'è una democratica scelta da parte dei cremonesi. Si perpetuano nei secoli progetti come il Porto Canale di Cremona (se ne parla da 65 anni ...) come l'autostrada CR-MN sulla quale si gioca con le parole come ha fatto il nuovo segretario PD, premettendo un impegno, disatteso due righe dopo, di "non consumo del suolo .. ecc" , come il nuovo ospedale "folgorante progetto" che viene sostenuto dai decisori sanitari e politici locali e regionali, non per le esigenze del territorio cremonese, ma pensando ad una "fabbrica della salute", meschina programmazione di profitti sempre più privati sulla sofferenza di povera gente che non avendo alternative migra dal sud per arrivare in un ipotetico "atollo della salute" non sapendo che potrà "naufragare" in un bicchiere d'acqua qual'è il laghetto centrale del progettato nosocomio. Tant'è che già qualcuno pensa che si potrebbero spargere le ceneri dei malcapitati, come un nuovo Ade del terzo millennio... sulle acque e sui terreni di una un tempo fertile pianura. Per chi è ormai convinto che non c'è più speranza in una "conversione" di tutti i potenti locali verso una programmazione del futuro con progetti solo a parole "sostenibili" per tutti i cremonesi, intendendo per "sostenibili" carichi di lavoro sempre meno pesanti, inversione nella dimensione di aree cementificate con ambienti recuperati da "parallelepipedi di cemento" costruiti e rapidamente vuoti, diciamo che "il mai più" più si deve conquistare sostenendo coloro che preferiscono usufruire del necessario che subire un uso del superfluo. Sostenendo coloro che non si arrendono a questi soprusi, in questi anni certificati anche all'interno di partiti, che in quanto portatori di opposte visioni del mondo, dovrebbero presentare e lottare per opzioni diverse di sviluppo economico e sociale, ed invece sono solidali nelle stesse decisioni, attuando una politica dello "scambio di favori" (l'ospedale a me, l'autostrada a te). Non rimane che una lotta continua e civile all'interno e all'esterno di questi se dicenti partiti (di parte ? o soci d'affari?) che porti allo scoperto gli interessi di bottega di chi li governa da decenni contro le vere necessità e la salute di tutti.
Cinzia
9 febbraio 2025 17:27
Altro che ventata di freschezza ...piuttosto una cappa intrisa di PM10 e polveri sottili di cui abbiamo già il primato ...ma forse il vero intento è consolidare questo primato.
E non mi si venga a dire che si creano 500 posti di lavoro ...sappiamo bene come funziona in questo settore ...saranno altri 500 "sfigati" a cui l unica prospettiva che il territorio è in grado di offrire è un lavoro precario ad elevato rischio sicurezza e malpagato. Il polo logistico di Soresina ci ha già mostrato come funziona ... sfruttamento e soprusi ..poi quando ci scappa il morto non è mai responsabilità di nessuno.
Chissà se gli assessori di questa e della precedente giunta vedono in questa nuova infrastruttura un buon posto di lavoro per i propri figli....
Tommaso
11 febbraio 2025 16:25
Ahi serva Cremona, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di comuni, ma bordello!