Incontro al Signore, ogni giorno. Riconoscendolo in chi ci sta vicino
Ad accompagnare il cammino del nuovo anno liturgico che inizia con la prima domenica di Avvento è il racconto evangelico di Matteo. Composto per una comunità cristiana in cui forte era la presenza di persone provenienti dalla religione ebraica; il volto di Gesù che l’evangelista ci presenta è quello del maestro il cui insegnamento è riunito in cinque discorsi, numero simbolico che rimanda al Pentateuco, attribuito dalla tradizione spirituale a Mosè, e ai cinque libri della sapienza che si trovano nella Bibbia. L’insegnamento di Gesù è la perfezione di entrambe le raccolte: è Lui il vero maestro e il profeta atteso dal giudaismo che compie la Legge, superandola senza annullarla (cfr. Mt 5,17).
A darci il via per il nuovo cammino che si apre con questa domenica è una brevissima parte dell’ultimo discorso del Vangelo, il cosiddetto discorso escatologico. Si tratta di un testo il cui scopo è quello di orientare il nostro sguardo verso la fine dei tempi, non per distoglierci dal presente, ma per viverlo nella luce dell’attesa del ritorno del Signore. Un’attesa che dà spessore all’esistenza, perché aiuta a leggere con lo sguardo di Dio quanto accade e quanto ci accade.
Nel testo che oggi si ascolta ha un posto significativo il verbo “vegliare”. Si deve vegliare perché non si sa in quale giorno verrà il Figlio dell’uomo (v. 42) e la veglia è ciò che dovrebbe fare il padrone di casa, il quale, sapendo che il ladro verrà nella notte, si tiene pronto per non farsi scassinare la casa (v. 43).
Accanto all’invito alla “veglia”, si trova nel testo di questa domenica un certo senso di incertezza: poiché non si sa quando accadrà il ritorno del Signore è bene essere sempre pronti, sempre vigili, per non lasciarsi trovare impreparati. C’è ovviamente una differenza tra la venuta del Signore e la visita di un ladro: se la prima è certa, la seconda è possibile, ma, grazie al cielo, non sicura.
Eppure nemmeno la venuta del Signore è certa, si potrebbe dire. Se indubitabile è la venuta del Figlio dell’uomo alla fine dei tempi, è possibile anche un incontro con Lui ogni giorno della vita, una visita che giunge non nella carne, come si celebra nella memoria del suo Natale; non nel giorno finale come lo si attende; ma nella sua venuta nel tempo, rendendosi Egli presente in ogni essere umano, che del Cristo è un “sacramento”.
Può capitare così anche a ciascuno di noi di “lasciarci scassinare la casa”, perché mentre il Signore ci fa visita nell’uomo e nella donna che ci viene incontro, noi siamo addormentati perché ripiegati su noi stessi e non ci accorgiamo del significato grandissimo che ha questo momento, apparentemente insignificante. E questo incontro può accadere in ogni istante, senza che lo si possa prevedere. Per questo motivo il “giudizio di Dio”, per certi versi tanto temuto se pensato per la fine dei tempi o della vita, si costruisce in realtà ogni giorno, mentre siamo alla mola o mentre siamo nel campo (vv. 40-41). Le parole di Gesù non sono dette per spaventarci ma per renderci responsabili del valore di ogni istante della nostra vita. Non è un pensiero alla morte quello che ci presenta Gesù, bensì un pensiero alla vita. Sembra dire Gesù: “non pensare che solo l’ultimo istante della tua vita sia decisivo, perché lo è ogni momento in cui puoi scegliere cosa fare e come vivere, in cui puoi scegliere se essere disponibile agli altri o attento solo a te”.
Non è certamente male mangiare o bere, sposarsi o dedicarsi alla famiglia, al lavoro, ad una passione, ad uno sport. Qualsiasi cosa buona, tuttavia, può prendere il sopravvento e farci dimenticare la presenza di Dio, se essa appare più importante di Lui. Sapendo che Dio perdona i peccati e pensando così, giorno per giorno, si può correre il rischio di trascurarlo sempre di più.
Ai tempi di Noè forse pensavano così e non ci si curava del rapporto con Dio, del male che si commetteva, di quel che accadeva nel mondo. E quando l’arca fu costruita, ormai era troppo tardi.
Gesù ci invita ad essere pronti, a non essere impreparati. Se si avesse la speranza di vincere una medaglia olimpica o una finale di Champions, tutti darebbero il meglio per conquistare il premio. Forse varrebbe la pena allenarsi un po’ anche per prepararsi all’incontro con il Signore (quotidiano o finale), perché in palio c’è il senso della nostra vita. La pienezza e la bellezza di un’esistenza spesa per il bene, per Dio e per gli altri, oppure un’esistenza indifferente a tutto e a tutti, addormentata nel tepore della propria comodità e insignificante per tutti, sono i due estremi in mezzo ai quali ci sono tantissime sfumature possibili, una gamma di posizioni che si potrebbero occupare avvicinandosi di più ad un estremo o all’altro.
Il Signore ci offre oggi una sosta, in questo giorno di passaggio da un anno liturgico ad un altro, in vista dell’inizio del nuovo anno solare, una sosta per chiederci se nella nostra vita quotidiana c’è attenzione a riconoscerlo quando viene verso di noi in tante persone che ci sono accanto; per chiederci se nella nostra vita c’è un’attesa di futuro piena del desiderio di accogliere il Signore quando verrà nella gloria, essendo sempre allenati ad accoglierlo in tanti quotidiani incontri vissuti con Lui.
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