26 febbraio 2025

Cremona non si abitui al peggio anche se sembra non finire mai

La cronaca racconta di come, nei primi anni '90, la città di Medellin, in Colombia, dovette cominciare a vivere una nuova forma di comunicazione da sviluppare tramite i mass media. In quegli anni il famigerato cartello di Medellin, cartello criminale ramificato tra droga, politica e controllo del territorio, aveva iniziato una vera e propria guerra tra narcotrafficanti che aveva portato la città colombiana a vivere la quotidianità con la spaventosa cifra di quasi 7000 omicidi ogni anno. I giornali locali e nazionali erano arrivati al punto di gestire le notizie legate alla cronaca nera in maniera diversa dal solito; visto l'elevatissimo numero di reati commessi ogni giorno gli omicidi, di qualsiasi natura, finivano trattati nelle ultime pagine solo come normali necrologi senza specificare le cause legate al decesso diventando una sorta di semplice elenco quotidiano. In pratica i mass media avevano fatto, molto semplicemente, l'abitudine alle peggiori notizie adattandosi a quella “nuova società” dove non era praticamente possibile riuscire ad affrontare la cronaca nera a causa del continuo accavallarsi di notizie legate alla violenza locale. L'abitudine al peggio è, paradossalmente, una pessima abitudine, in una sorta di continuo rimando a tempi migliori o a persone migliori sa rinnovarsi senza tregua, diventando semplicemente una sorta di scivolo sociale verso tempi migliori, tempi che raramente arriveranno se non con un repentino cambio di rotta. Cremona, la tranquilla e affascinante città come scrivevano nei telex top secret un paio di consoli statunitensi alla Casa Bianca negli anni '70, ha i suoi problemi in materia di ordine pubblico, da troppo tempo quella nuova società tanto amata da taluni sta mostrando il vero volto, un volto di certo difficile da accettare con facilità perché snatura quei concetti tanto amati dagli ex consoli e dai cittadini. Sono problemi che si possono notare in tutta Italia, viene ripetuto a gran voce, sarà anche vero ma questo non fa di un problema una soluzione, continuare ad abbassare l'asticella del peggio sdogana quel concetto di abitudine verso la quale, di certo, non siamo esattamente preparati.

Osservando la città con gli occhi di chi – come me – vorrebbe tornare a viverla nella sua pur tranquilla semplicità fanno capolino saracinesche abbassate, insegne spente, degrado e telecamere rotte ma pronte per venir riattivate, almeno così dicono. Da troppo tempo e con costante, ma implacabile, continuità l'abitudine al peggio sembra trovare nuovi spazi, se prima questi spazi, sempre secondo taluni, erano semplicemente “percepiti” adesso saranno un po' più che percepiti, per il semplice motivo che siamo ben oltre la percezione, siamo davanti ad una serie di problemi i quali, ignorati per anni, mostrano la loro determinazione e una sempre maggiore diffusione sia temporale che nelle varie aree cittadine. La solidarietà è buona cosa, ci mancherebbe altro, ma il fatto di dover vivere secondo uno standard dove una persona non può girare da sola in città è un problema che di solidale ha ben poco, è uno scivolo verso una china che rischia di trascinare aspirazioni e scelte di persone che vorrebbero investire in una qualsiasi realtà. La vera miopia è quella di non analizzare determinate situazioni con gli occhi rivolti al futuro, è un limite tremendo, un limite che dovrebbe far scattare quel fantomatico campanello d'allarme che a Cremona sembra spento come i tabelloni luminosi all'entrata della città.

E' una miopia che nasce, soprattutto, dalla assenza di dialogo e di confronto tra coloro che decidono e coloro che dovranno vivere quelle decisioni, concentrarsi su temi quasi astratti che fanno bene ai monologhi pre elettorali porta, spesso, a dimenticarsi gli spinosi problemi che accompagnano la semplice vita quotidiana. La vivibilità di una città, come spesso ripetuto, non deve essere un elenco di attività chiuse o di atti violenti, questi sono fattori che rischiano solo di accelerare sempre di più nel tempo, ma la vivibilità è anche il fatto di non doversi abituare soltanto al peggio, anche quando questo sembra non finire mai. Il fatto di poter tornare a riappropriarsi di spazi – sempre maggiori - che adesso vengono catalogati come “poco sicuri” dovrebbe partire da una scelta precisa: tornare a far vivere le zone cittadine e renderle disponibili ai cittadini, l'alternativa è quella di un percorso ad ostacoli, verso il basso, che si dimostrerà inesorabile verso gli abitanti, rendendo quasi necessario il doversi abituare al peggio.

Marco Bragazzi


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commenti


Daniele Buttafava

26 febbraio 2025 07:11

È quel che penso da diverso tempo. I cittadini si lasciano narcotizzare. Meno diritti, meno reddito disponibile, meno partecipazione. Meno, meno ..... fino a che punto!!!!