18 maggio 2022

Giustizia e informazione

Mancano poco più di tre settimane al voto sui cinque referendum per la giustizia giusta e la Rai ha previsto spazi informativi di pochi minuti che non consentono ai cittadini di poter approfondire, né tanto meno ai promotori di spiegare i quesiti. Le cosiddette “tribune referendarie” sono collocate in orari di bassissimo ascolto (14,00 - 15,20 – 16,25 – 18,20) e non consentono un vero confronto fra le diverse opinioni. Si ricorda che la Rai è il servizio pubblico informativo e ha un obbligo di particolare attenzione rispetto a coloro che pagano il canone. Dovrebbe assicurare informazione sui referendum nei Tg e nei programmi di massimo ascolto, anche in quelli di intrattenimento. 

Ai promotori dei referendum non interessa fare propaganda, interessa far sapere che il 12 giugno si vota e su che cosa. La Rai, invece, con il proprio comportamento omissivo, sottrae ai cittadini il diritto ad essere informati. Per non parlare poi delle Tv private dove gli spazi riservati ai referendum sono del tutto inesistenti.

Lo ribadiamo, se ci fosse l’informazione dovuta e i cittadini fossero informati siamo certi che si raggiungerebbe il quorum e un risultato positivo sui quesiti referendari, malgrado l'atteggiamento di gran parte dei partiti nei confronti di questa occasione referendaria. Riteniamo infatti molto grave che partiti che si candidano al governo del Paese di fronte alla questione giustizia si sottraggano dal dire la loro.

In ogni caso un primo successo i promotori dei referendum lo hanno già ottenuto: la questione giustizia è rientrata finalmente nell’agenda politica del Paese e del Parlamento. E i referendum saranno una spinta al Parlamento per fare quello che non ha fatto in trent’anni. Il 12 giugno gli italiani possono concretamente cambiare la giustizia. Una riforma radicale della giustizia è urgente e necessaria, a partire intanto dai 5 quesiti referendari e poi con l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere, l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale e lo stop ai magistrati fuori ruolo. Siamo solo all’inizio di un processo politico che non si conclude certo con il voto del 12 giugno.

Questa è una storica battaglia del Partito Radicale. La nostra analisi sulla giustizia, come anche quella sull’informazione, è tutta contenuta anche nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 31 agosto scorso che riconosce che Marco Pannella e la Lista Pannella – e quindi il Partito Radicale – sono stati marginalizzati dalla vita politico-mediatica a causa della mancata informazione, condannando i comportamenti della Rai, dell’Agcom e della giustizia. 

consigliere generale del Partito Radicale

 

Sergio Ravelli


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