30 dicembre 2024

I piccioni ormai incontrastati padroni di tetti, piazze, monumenti, stazione ferroviaria...I piccioni non votano, gli animalisti sì

Con sensibile anticipo rispetto ai Magi che non prima del 6 gennaio deporranno oro, incenso e mirra ai piedi della capanna, il professor Carlo Cottarelli, dalle colonne di Mondo Padano, ha già deposto generoso incenso ai piedi del palazzo comunale: Cremona è risalita nella classifica della qualità della vita e dunque complimenti ai reggitori e avanti così. Sorvolo su quanti e quali residenti possano condividere con pari entusiasmo la singolare esortazione. Mi terrò pertanto a prudente distanza da quella categoria di incerti contorni e ambigua sostanza che chiamiamo ‘qualità della vita’ e dagli opinabili criteri di chi ne stila le periodiche classifiche. Oserò al contrario qualche paradossale riflessione sulla qualità della vita là dove vita non c’è più e la parola stessa risulta tristemente impropria. 

Pur convintissima che il rigore con cui viene punita la crudeltà sugli animali sia fra i più significativi indici della civiltà di un Paese, preventivamente avverto che sto per entrare contromano nel minato terreno della cosiddetta cultura animalista.  Quando la difesa dei diritti animali si esprime in forme di invasato e spesso grottesco fanatismo è ancora amore per gli animali o non piuttosto il riflesso di sprezzante disinteresse per gli umani? Rimugino il dubbio ogni volta che, nell’arduo sforzo di mantenere in decorose condizioni la cappella di famiglia posta sotto una cupola del cimitero monumentale, mi ritrovo a lottare con pietrificati strati di guano donato dalla colonia di piccioni che felicemente prospera e si moltiplica fra androni e corridoi. Vani gli sforzi degli addetti alle pulizie che volonterosamente raschiano, lavano e lustrano. Vane, anzi dannose, le reti antipiccione applicate alle cupole e di fatto utilizzate dai geniali pennuti come simpatiche amache su cui sostare osservando dall’alto l’umano formicaio  penosamente indaffarato con spazzoloni e raschietti. Non è propriamente polvere di stelle quella che ad ogni minima oscillazione delle reti piove sulla testa di chi sta sotto, costretto a respirarla. 

Protocolli  sanitari in grado di  far chiudere un bar per un rubinetto del bagno a non perfetta norma, come classificano le condizioni igieniche in cui  ci si muove nelle aree coperte del cimitero cittadino?  Il personale dei suoi uffici accoglie con paziente rassegnazione le proteste ma al minimo suggerimento circa ulteriori soluzioni per l’allontanamento dei volatili non nasconde lo sgomento: “No, per carità, questo non si può fare, se no ci arrivano gli animalisti”.   

Mi chiedo se sia davvero il pacifico e dialogante Francesco d’Assisi il vero modello di questi inesorabili obiettori che, solo ad evocarli, mandano in panico chi teme di averci a che fare. Oddio, occorre riconoscere che anche senza il micidiale concorso dei piccioni, la parte monumentale e antica del nostro cimitero, tanto ricca di storia e arte, se la passerebbe maluccio. Basti dire che il parziale e recente rifacimento degli scaloni di accesso è avvenuto quando ormai fra le crepe dei vetusti gradini stavano spuntando alberi ad alto fusto. Decenni di abbandono al degrado e alle infiltrazioni di umido nelle coperture hanno irrimediabilmente compromesso strutture alle quali non si è mai riservato alcun adeguato stanziamento.

Che sia  meglio investire sui vivi che sui morti è ovviamente criterio non privo di qualche realistica saggezza. Ma male non sarebbe se nel  2025  ‘meno robba’ andasse dove già c’è ‘tanta robba’ e un pochino di ‘robba’ , magari memore dell’antica ‘pietas’, finalmente si dirigesse là dove il piatto piange da decenni.

Il guaio è che certi investimenti pubblici sono politicamente paganti, altri assai meno e non urtare i più suscettibili settori del proprio elettorato è da sempre criterio sovrano, forse non nobile ma certo funzionante. In fondo, il paralizzante potere ostativo dei ‘no’ pronunciati da un pugno di animalisti locali riproduce, nel suo piccolo, una delle più insidiose contraddizioni delle nostre democrazie: evidenze del buon senso condivise da stragrandi maggioranze sono spesso tenute sotto schiaffo da fanatiche minoranze urlanti. E così la spunta non chi ha ragione ma chi è più invasato e accecato dalle proprie soggettive e presunte ‘ragioni’.  Peccato, perché nemmeno i più intransigenti attivisti dovrebbero ignorare quanto più convincente e socialmente accettabile risulti la difesa di un principio se viene non solo platealmente proclamato a parole ma testimoniato con la coerenza dei fatti. Vengano dove i loro protetti fanno disastri, si rimbocchino le maniche e diano una mano a pulire e rimediare invece di scaricare sulle spalle altrui le conseguenze di astratti rigori ideologici, refrattari a qualunque obiezione.

A proposito: non toccherebbe alla politica, nel concreto delle sue scelte amministrative, tenere la barra dritta e garantire che le ragioni del buon senso in fine prevalgano? In qualche istante di delirante ottimismo mi capita di pensarlo. Ma è solo un istante, poi torno in me e mi domando perché mai classi dirigenti sempre più ‘piacione’ dovrebbero complicarsi a tal punto la vita. Se è vero infatti che, almeno per ora, i piccioni non votano, votano invece le zelanti truppe dell’animalismo militante. Il che basta e avanza a porre in un’autentica botte di ferro i discussi pennuti, ormai incontrastati padroni di tetti, piazze, monumenti, stazione ferroviaria e così via. 

Evidente che  fra un camposanto e un ‘campo largo’ e allargabile non c’è partita. Né mai ci sarà, chiunque detenga le chiavi del Palazzo e il conseguente compito di  occuparsi della famosa ‘qualità della vita’.

 

Ada Ferrari


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commenti


Manuel

31 dicembre 2024 08:11

Egregia prof,
che la società si “esprima” per manipoli è oltremodo evidente (e logico) in quasi tutti i settori: del resto scema sempre più la capacità, come la voglia, di aggregare.
Li chiamano “stakeholders” e rappresentano la realtà più pregnante del nuovo modo di amministrare. Da altre parti, sono accompagnati da altri figuri: i lobbisti.
Dietro un manipolo di “invasati”, com’anche di compiti avvocati, burocrati, si nasconde, spinge, trincera, una moltitudine di consensi, paure, aspirazioni, propagande, etc.
Constatato ciò, risulta automatico l’emergere di esagerazioni, imprudenze, come in qualsiasi fenomeno umano.
La politica, debole ed autocelebrante (proprio gli stakeholders l’hanno voluta così) non fa altro che galleggiare onde evitare l’estinzione.
Lei ha posto l’accento anche sull’aspetto sanitario la convivenza con tali abbondanti pennuti e non si può sottovalutare questa Sua sottolineatura, ma provi pensare alla qualità dell’aria nella nostra città, così come nel resto della Pianura Padana, dell’Europa e faccia la proporzione di morti indotte, poi mi saprà dire ove sia prioritario agire. Cosa ha fatto la politica per affrontare tale enorme problema? Per non parlare di acqua, suolo, etc.
Dunque che fare? Eliminare l’organizzazione pubblica della società per sostituirla col management privato? Provare a ragionare, fare squadra, confrontarsi? Cedere al primo imbonitore? Continuare ad affidare tutto all’emergenza? Rassegnarsi?
La sciatteria, il degrado generale sono elementi consolidati del nostro periodo storico: bisogna capire se adeguarsi o cambiare.

ada.ferrari

31 dicembre 2024 08:50

Non avrei dubbi che occorra cambiare. Con altrettanta convinzione ritengo che procedere concretamente sulle singole criticità utilizzando gli strumenti di cui ciascun settore dispone sia l' unica via realistica. Fin che a un problema ne paragoniamo uno più grande giustifichiamo l' immobilismo. Ovvio che esistono emergenze maggiori di quella da me segnalata ma il fatto che esistano non può indurre alla rassegnazione

Manuel

31 dicembre 2024 13:51

È proprio qui che la volevo.
Se la classe politica è di basso profilo, come molte volte anche da
Lei constatato, cosa vuole che faccia per accondiscendere la cittadinanza? Occuparsi del problema, disagio minori: quanto più sono minori, tanto più risultano attraenti... sempre saggiando, sondando gli umori generali.
Scarsa competenza, scarsa volontà, scarse finanze, a che possono portare? A soluzioni improvvisate, pasticciate, dall’auspicabile effetto immediato, solitamente affidate a privati. Il mantra del solerte privato, quale sarà? Il profitto!
Tra le misure adottate dal privato per affrontare il tema in oggetto, rientrano pure catture ed abbattimenti: per carità non da escludere a priori, ma siccome ho ammirato i risultati di tale strategia (pure dal vivo), su questa, come altre specie, propenderei per la cautela.
Io consumo carne ed ho visto da molto vicino la realtà degli allevamenti intensivi: non so se si possano eliminare, di certo devono far riflettere.
Le consiglio di immergersi nella conoscenza di alcune realtà “nascoste”, magari sfruttando la rete e poi mi potrà biasimare, ignorare, sostenere.