22 febbraio 2023

In Quaresima, più che i fioretti ridestiamo l’amore!

“io vi scongiuro, Figlie di Gerusalemme, svegliate, ridestate l’amore” (Ct 3, 5). Leggendo questo brano del Cantico dei Cantici, il libro sacro che canta l’amore passionale e molto carnale di un uomo verso la sua donna, ho intravisto, molto umilmente, una possibile chiave interpretativa per questa Quaresima che apriamo quest’oggi con l’austero e tanto evocativo rito delle Ceneri.

Diciamo la verità, ma chi ha voglia di fare Quaresima? Già la vita ci riserva tante privazioni e tante penitenze che non ci sarebbe bisogno di sceglierne di nuove! Seguire il telegiornale è, in fondo, una forma di ascesi non indifferente: dalla guerra in Ucraina che ogni giorno miete vittime e brucia milioni di euro in armi invece che in grano al terremoto in Turchia e Siria dove le vittime sono quasi 50.000, passando per tanti efferati fatti di cronaca che rivelano livelli di aggressività e crudeltà fuori controllo. Poi c’è la crisi economica che continua a mordere, la sanità che non funziona, la scuola che fa acqua da tutte le parti… Potremmo continuare a lungo in queste geremiadi.

C’è, soprattutto, il nostro cuore che è diviso e lacerato da una vita senza più regole e senza più tempi, ma soprattutto senza più orizzonti di senso, senza più un significato da dare all’esistenza! Siamo barche sospinte dalla corrente della frenesia del vivere e dalla spasmodica ricerca di risultati e visibilità. Stiamo male perché sentiamo tutto il peso della frammentazione del nostro quotidiano. Non c’è più un filo rosso che collega il tutto, una meta da conquistare, un progetto da conseguire. 

Siamo afflitti dalla “sindrome dell’immediato”: vogliamo tutto e subito! Per questo il male ci affascina così tanto perché è fulmineo, soddisfa subito, non c’è bisogno di aspettare! Una cosa mi piace? La prendo, anche se non è mia, anche se non mi spetta… anche se è un essere umano! Quante volte trattiamo le persone come cose? Il desiderio va soddisfatto all'istante, non c’è più il gusto dell’attesa, la voglia di interrogarsi se quel desiderio fa bene o fa male al mio cuore, la voglia di guadagnarsi le cose con fatica ed abnegazione! Ed è per questo che non desideriamo più: non ne siamo più capaci! Ed è per questo la vita è diventata tanto grigia, noiosa, monotona! Ed è per questo che molti vanno alla ricerca di nuove sensazioni, sempre più trasgressive, sempre più al limite… per sentirsi vivi!

Siamo vittime anche del nostro ego: non sappiamo più cosa significa amare! Oggi l’amore è solo e unicamente ricerca di sé stessi, del proprio benessere, del proprio tornaconto. L’altro conta finché mi serve, fino a quando mi fare stare bene, diversamente lo butto senza pensarci troppo: che sia un genitore ormai inabile da parcheggiare in qualche struttura o un partner che non sa più emozionare da scaricare senza troppi giri di parole. Non nascondiamoci, il nostro è un amore malato e anche quando resiste è sempre inquinato dalla smania del possesso dell’altro o dalla ricerca di una gratificazione. Siamo tanti narcisi intenti ad ammirarci allo specchio e quindi incapaci di fissare lo sguardo sull’altro. Amore è ragione e sentimento: inizia con le emozioni, ma, per resistere, deve evolversi in progetto di vita che contempli anche il sacrificio, la costanza, la pazienza. Amare è perdersi, è dimenticarsi di sé, è fare spazio all’altro perché stia bene e trovi il bene. Amare è un po’ come morire! 

Abbiamo perso, poi, quel richiamo al trascendente che ci ricorda che siamo fatti di Cielo. Eppure ci emozioniamo ancora, quando di notte, immersi nel silenzio di un fitto bosco o distesi sull’erba tra calendule e margherite, alziamo gli occhi per ammirare il firmamento costellato di tante piccole luci intermittenti, astri lontani, porte aperte verso un’altra dimensione!

Cerchiamo la felicità nelle cose del mondo: ci ingozziamo di cibo e di cose pensando così di sopire quella nostra ricerca di senso, quell’ansia di infinito che, in fondo, è anche la nostra maledizione. E non ci accorgiamo che tutto ciò non ci basta mai! Siamo ingordi, rapaci, famelici. Siamo sazi eppur disperati, secondo una felice intuizione del card. Biffi.

Diffidiamo di Dio perché lo riteniamo un ladro della nostra libertà, un mortificatore astuto dei nostri istinti, un noioso codificatore di leggi e precetti che paiono quasi come macigni che ostruiscono la strada della nostra autorealizzazione. E ci rendiamo conto forse troppo tardi – quanto è duro riconoscere la bellezza della casa paterna! – che la vera schiavitù è una libertà senza freni, senza limiti, senza un progetto a lungo termine che dia respiro e spessore alle scelte. E ci ritroviamo banderuole alla berlina della nostra immagine, dei successi che siamo riusciti ad anellare, dei titoli che abbiamo stampato sui nostri biglietti da visita, dei soldi ben custoditi in banca o dell’auto fiammante super accessoriate. Schiavi del giudizio degli altri, del conformismo imperante, di relazioni interessante e vuote.

Forse più che di rinunce o dei fioretti a questo Quaresima servono delle spinte per – come diceva il Cantico dei Cantici – ridestare l’amore, quello vero, quella che dà pienezza e colore alla vita e che aiuti l’uomo a vincere la partita con sé stesso, ad uscire dalla spirale che cerca solo di imporre la propria immagine, il proprio nome, le proprie necessità e bisogni!

E come possiamo ridestare questo amore? Ce lo insegna il Vangelo di questo austero Mercoledì delle Ceneri! Attraverso la preghiera, l’elemosina e il digiuno. Da vivere non come una sfida con noi stessi – la perderemmo dopo solo qualche giorno – ma come occasione di liberazione interiore, di preparazione, cioè, alla azione di Dio che capace di creare queste nuove in un deserto di morte! Perché solo lui converte il cuore, solo lui ci aiuta a vincere quella “dittatura dell’io” che, in ultima analisi, è la radice di ogni peccato, è la base di ogni ribellione all’amore vero, quello che ci insegna Cristo dall’alto della Croce!

Claudio Rasoli


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