16 dicembre 2024

Intelligenza artificiale e mondo del lavoro, quali scelte per chi studia

Oggi ho avuto il piacere di coordinare un incontro con oltre 200 studenti di quinta superiore, organizzato dal Municipio 9 di Milano e dalla Consulta per il Lavoro.

Obiettivo era mettere gli studenti a confronto con un parterre di esperti (professori universitari, consulenti aziendali, rappresentati di categorie professionali) per aiutarli a orientarsi nella scelta dell’Università oppure di altre scuole di formazione più professionale, o  anche, perché no, di scegliere da subito il mondo del lavoro a determinate condizioni. Ho trovato già di per sé assolutamente interessante e meritorio che si parlasse di lavoro, un tema che ahinoi è tragicamente sceso nelle classifiche di gradimento dei vari dibattiti pubblici. Lavoro inteso non come analisi piagnucolosa dei dati sulla disoccupazione, quanto di un insieme di mondi professionali vecchi e nuovi che vanno descritti, che rispondo a domanda e offerta di mercato nuove e meno nuove, di scenari in continuo repentino mutamento davanti ai quali occorre scegliere con attenzione, ma anche di prospettive interessanti. Se tutto questo poi avviene davanti a chi ancora è nel mondo della scuola, allora lo sforzo diviene ancor più meritevole.  

Una prima evidenza molto empirica è che chi offre oggi professioni intellettuali è in numero molto superiore alla richiesta, mentre al contrario nel campo dei mestieri manuali la richiesta supera di gran lunga la disponibilità di personale.   Del resto non poteva che essere così: la globalizzazione coi aveva portato ad esportare la produzione, ma se si rompe un rubinetto, si deve costruire una casa o cucinare un pasto mica si può farlo in Cina. Ci vuole qualcuno in loco che lo sappia fare. Ed ecco che i salari di chi svolge una attività d’ufficio sono sempre più al ribasso, mentre chi svolge professioni tecniche o manuali si vede oggi spesso molto più ben pagato di un tempo. Se si alza il livello della manualità, ci si accorge che talune professioni tecniche manuali sono pagate quanto quelle dirigenziali negli uffici,  penso per esempio ai tecnici specializzati che manutengono impianti meccanici complessi. Di per sé oggi come oggi il privilegio di stare seduti davanti a un pc al caldo in inverno e al fresco in estate viene già messo in busta paga come privilegio integrativo rispetto a stipendi spesso da fame. Ma la manualità ad alta professionalizzazione discopre scenari inediti per esempio nel campo della moda, dove giapponesi e coreani hanno appreso da noi le arti della sartoria e della calzoleria e oggi sono ai massimi livelli mondiali per qualità, tanto che Hermes, uno dei giganti mondiali del lusso, ha pensato bene  di crescersi e coccolarsi i propri maestri pellai realizzando una splendida accademia ultra moderna tra i vigneti della Borgogna.

E chi scrive si sente quasi disposto a scommettere che forse tra venti anni chi sa fare questi mestieri ad alto livello sarà pagato quanto lo erano un avvocato o un medico 50 anni fa.

Sul versante tecnologico, tutti i relatori sono stati concordi nell’ammettere che si tratta di una rivoluzione epocale, ma che definirne in contorni e i reali impatti sia estremamente difficile e poco prudente: protagonista indiscussa è ovviamente l’intelligenza artificiale. Di fondo si ha sempre un po' l’impressione che la preoccupazione per gli effetti negativi delle nuove tecnologie  sullo statu quo sia maggiore delle opportunità e dei benefici che esse porteranno, ma del resto è sempre stato così, ogni innovazione ha falcidiato vecchi mestieri creandone di nuovi, ma non si può negare che nel complesso sulla collettività umana i benefici siano sempre stati ben maggiori dei sacrifici.

Ciò che io spero sia rimasto negli studenti è la consapevolezza che in fondo non è tanto il tipo di lavoro che si fa quanto la passione che ci si mette a fare la differenza a prescindere dalla tecnologia, e che in mondo in cui le professioni cambiano sempre più velocemente proprio a causa dell’innovazione è importante tenere le antenne dritte e avere una estrema elasticità e capacità di adattamento, compito nel quale la formazione ha un ruolo centrale. E qui va detto che tanto ancora resta da fare anche nel campo dell’istruzione di base, dove più che delle conoscenze specifiche o delle materia dal sapore supercontemporaneo ma di dubbia solidità occorre dare una struttura mentale conoscitiva e di apprendimento solida e funzionale, che spesso si ottiene molto più con le care vecchie materia di faticoso studio. Le competenze specifiche vanno invece potenziate e riservate alla formazione post diploma, che deve sempre più guadagnare spazi rispetto ad una gamma di opzioni universitarie che davvero lasciano molto perplessi, oltre che spesso anche  disoccupati.

(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano 

Francesco Martelli


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