13 novembre 2022

L'industria cremonese. La celebrazione, i problemi, la carta vetrata del filosofo

Martedì mattina, 8 novembre, in un padiglione di CremonaFiere, officiata dal presidente Stefano Allegri, è stata celebrata la messa cantata dell’Associazione industriali di Cremona. Ospiti d’onore Paolo Scaroni e Umberto Galimberti. Il primo, ex amministratore delegato di Enel ed Eni, oggi presidente del Milan, brillante e didascalico. Il secondo, filosofo e affabulatore come pochi, marziano in un consesso di terrestri. Format collaudato, sorrisi d’ordinanza, strette di mano sincere e opportunistiche. Spunta maliziosa di presenti e assenti. 

Costruito non solo per essere assemblea, ma anche per rimarcare e ribadire la supposta superiorità-diversità di una categoria che, a Cremona, si reputa tre metri sopra il cielo, l’evento ha raggiunto l’obiettivo prefissato. E un sorso d’acqua bevuto da Allegri direttamente dalla bottiglia durante il suo intervento non ha scalfito il formalismo ruffiano e tiranno del contesto.

La kermesse si è svolta nel rigoroso rispetto della scaletta-cerimoniale prevista per questi avvenimenti. Accoglienza ineccepibile, scenografia multimediale, conduttrice impeccabile e preparata. Buffet e commenti. Chiacchiere. Cordialità. Gentilezza. Omologazione. Atmosfera accattivante. Un po’ salotto e un po’ convention aziendale. Mood giusto per persone illuse di contare, privilegio riservato a pochi dei convenuti. Prerogativa esclusiva di qualche generale di corpo d’armata rimasto a casa, consapevole che il vero potere si esercita e non si esibisce, versione raffinata del meglio comandare che fottere. Tradizione smentita da Silvio Berlusconi che ha dimostrato la possibilità di esercitare contemporaneamente e con abbondanza le due funzioni.

Con una sceneggiatura vecchia per un tema attuale – La transizione al futuro – il presidente ha parlato al suo popolo con argomenti noti e poco originali, allineati al mantra corrente: riforme urgenti, patto di sistema, stabilità, energia altro. Anche del Masterplan 3c, omaggio a un caduto in battaglia. 

Allegri ha svolto il compito con diligenza, ligio a non uscire dal seminato e attento a non commettere errori, ripetizione del già sentito, digerito e assimilato. Bravo nell’esposizione e nei toni, il presidente ha assecondato le aspettative della platea e solleticato il senso di appartenenza dei convenuti. Ha raccolto numerosi e convinti applausi. 

Priva del colpo d’ala del leader carismatico, la relazione ha collocato Allegri nella media dei presidenti. Uno dei tanti, anche se in alcuni passaggi ha tentato di emulare Massimo Decimo Meridio e William Wallace. Sforzo apprezzabile e meritevole di plauso se non avesse esagerato con trombe e grancassa, scelta spesso involontaria, ma sempre suicida.

«La cosa che mi fa essere orgoglioso di appartenere alla nostra categoria è che a noi del “solo immediato” interessa poco: noi viviamo di programmazione, immaginiamo il futuro, progettiamo sempre nel medio lungo periodo, non guardiamo il dito perché vediamo sempre la luna». 

E cosa succede quando la notte è buia e tempestosa e non si vede la luna, ma neppure il dito? Si sollecita l’aiuto al bracchetto Snoopy che con il problema ha convissuto per tutta la vita e per anni ha tormentato i lettori di fumetti? Oppure, si scambia una lampadina per la luna come canta uno struggente Jannacci?

 «Noi imprenditori abbiamo una sola direzione: la crescita. Siamo la forza silenziosa di questo Paese, il baluardo su cui la società italiana, soprattutto quando tutto sembra perduto, può contare, sempre. Anche se pochi ce lo riconoscono, ed aggiungo, chi se ne importa, siamo consapevoli del nostro ruolo».

Per la perfezione manca il lancio della stampella alla Enrico Toti. La prossima volta. Recitato da Al Pacino il monologo sarebbe entrato nella storia del cinema. Pronunciato da Gesù Cristo sarebbe finito in una pagina del Vangelo, subito dopo il passaggio ‘io sono la via la verità la vita’, ricordato da San Giovanni. Scritto da Victor Hugo sarebbe una leccornia per professori di letteratura dell’Ottocento. Detto da Allegri è un esempio da inserire nei testi di scienza della comunicazione per insegnare agli studenti gli errori da evitare. Monito ai ghostwriter a non cadere nel grottesco e a prestare più attenzione nella stesura dei discorsi per i propri committenti.

E poi quale forza silenziosa? A Cremona basta un respiro un poco più profondo, un accenno di scorreggina dell’Associazione industriali o di un suo iscritto che il quotidiano cartaceo locale lo amplifica. Lo enfatizza. Lo innalza a Verbo biblico. Gli dedica pagine e articoli che giudicare cortigiani si è poco distanti dal vero. Da scuola di giornalismo il titolo a sei colonne in prima pagina sull’Allarme, sì l’allarme per il «regolamento Ue sugli imballaggi, spada di Damocle su 700 mila imprese». (La Provincia, 31 ottobre 2022).

 Le casalinghe, gli agricoltori, gli studenti, i bancari, i liberi professionisti, il popolo tutto del territorio si sono messi in fila davanti alle edicole per acquistarne una copia. Battuto ogni record di vendite, Kafka un dilettante.

Silenzioso? Cinque pagine più titolone a caratteri cubitali in prima, per raccontare l’assemblea in questione sono il rumore di una squadriglia di cacciabombardieri a bassa quota. Sono la Cavalcata delle valchirie sparata a manetta dagli elicotteri di Apocalypse Now mentre mitragliano un villaggio vietnamita. Sono più propaganda che informazione. Più agenzia Stefani e settimana Incom che Washington Post o The Guardian. Ma se questo Allegri non poteva saperlo prima del suo intervento in assemblea, non può ignorare il protagonismo giornalistico dell’Associazione industriali nei giorni, nelle settimane e nei mesi precedenti.

«Alla domanda: che cosa sarebbe questo Paese se le imprese non ci fossero più? La risposta è che sicuramente non esisterebbe per come lo conosciamo, ovvero una potenza mondiale. Ecco perché sosteniamo che senza industria l’Italia sparisce. E questo non dispensa lo Stato dal fare la sua parte». 

Ma potrebbe valere anche il contrario: con questa industria l’Italia affonda. E’ un paradosso. Una provocazione per ricordare il petrolchimico di Gela, l’Icmesa di Seveso, l’Ilva di Taranto, le fabbriche d’amianto, le morti sul lavoro, il ricatto occupazionale, la cessione di aziende a multinazionali, lo spostamento della sede fiscale in stati esteri. Poi, ancora, l’aiuto dello Stato per sostenere aziende private in crisi. 

Demagogia a buon mercato? Può darsi, ma anche innegabile realtà. Come è realtà che non tutti gli industriali sono uguali e molti sono quelli virtuosi che operano nella nostra provincia.

Poi c’è il rovescio della medaglia. Può esistere l’industria senza i lavoratori? Allegri si dice orgoglioso perché la categoria che rappresenta immagina il futuro. Ma quale? E’ lo stesso illustrato da Galimberti che ha chiuso l’assemblea con un intervento superlativo su L’uomo nell’età della tecnica? Coinvolgente, profondo, inquietante il professore ha strappato applausi, ma le sue parole non sono state rosolio per un auditorio focalizzato sull’attività produttiva, centrato su se stesso in un incessante loop di autocompiacimento e autocelebrazione. Carta vetrata, l’analisi di Galimberti ha spiazzato i presenti poco inclini a porre la speculazione filosofica in cima ai propri interessi, anche se Sergio Marchionne era laureato in materia. Ma abitava in Svizzera. 

Il professore è stato chiaro. La tecnica prevarrà su tutto e si auto governerà. Ridurrà l’uomo a mezzo e gli toglierà il potere decisionale. Cancellerà l’etica e annullerà l’aspetto irrazionale ed emotivo. Favorirà efficienza, produttività e accelerazione di tempi. Sottometterà l’economia che già impone le scelte alla politica. 

La tecnica comanderà. La tecnica sarà il mondo. L’uomo non sarà più soggetto della storia. Il futuro sarà disumanizzato. 

E gli industriali? Anche loro servitori. Della tecnica. Come tutti.

La messa è finita, andate in pace. E pregate perché tutto questo non accada.

Antonio Grassi


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commenti


Danilo Codazzi

13 novembre 2022 19:52

Ho letto l'articolo sul giornale locale, e si è capito che l'aver fatto proclami è per sentirsi parte di un mondo che fa programmazione ma certamente per i propri di scopi. Se chiedi che fine ha fatto lo stanziamento di un milione di euro per il necessario progetto di raddoppio della ferrovia Cremona - Olmeneta ( stanziato dall'allora governo Prodi, ministro delle infrastrutture Di Pietro ) , anche se siamo in provincia di Cremona , tutti muti ! alla faccia dei collegamenti tra la distante Crema e il capoluogo di Provincia ......................avete letto bene - GOVERNO PRODI