La Pietà Rondanini: un tesoro acquisito imbrogliando la burocrazia
Che la burocrazia sia il peggiore dei mali italiani è ormai noto. Ma che una delle più importanti acquisizioni della storia dell’arte sia avvenuta proprio gabbando la burocrazia e proprio ad opera di un Sindaco e di una importantissima Dirigente ministeriale, beh, è meno noto.
Siamo nel 1952, e gli eredi Vimercati Sanseverino Ottoboni Rospigliosi (e Rondanini) si decidono a cedere una delle più importanti opere d’arte del pianeta: la quarta e ultima Pietà marmorea di Michelangelo Buonarroti, che si trova pensate un po' nel villino romano di uno degli eredi, pare sotto un portico. Il Ministero dell’Istruzione, all’epoca competente in materia, aveva ribadito agli eredi in maniera perentoria nel 1948 che l’opera era ormai di interesse nazionale, e andava conseguentemente custodita e valorizzata: ben si comprende quindi il desiderio degli stessi di disfarsi di un’opera la cui gestione sarebbe divenuta troppo onerosa e problematica.
I tempi sono concitati, gli americani la vogliono a ogni costo e i fiorentini incombono rapaci per fare una accoppiata da capogiro con la loro Pietà, ma siccome non c’è traccia di Michelangelo a nord di Bologna, Fernanda Wittengs, straordinaria Sovrintendente alle Gallerie d’arte della Lombardia, piomba sull’allora Sindaco di Milano Virgilio Ferrari per bloccare l’acquisto, che avviene con un vero e proprio inganno istituzionale.
Da sempre portata ad esempio come il primo “foundraising” della storia dell’arte, addirittura secondo alcuni frutto di una generosa partecipazione popolare che avrebbe visto tutti i milanesi coinvolti a furor di popolo, “dall’operaio al banchiere”, in realtà fu di fatto acquistata con soldi pubblici, nella fattispecie con l’addebito alle spese effettive del bilancio ordinario del Comune di Milano per ben 123.099.620 lire dei 139.849.620 complessivi necessari all’acquisto, quindi per quasi il 90% della somma.
E’ la stessa Fernanda Wittgens a comunicare al Sindaco, con una nota del 10 dicembre 1952 che “duole non aver potuto continuare la sottoscrizione essendo venuti a mancare, per le note ragioni, l’adesione e l’entusiasmo della cittadinanza”. E allega un assegno di lire 16.750.000, somma che “rappresenta il primo (e ultimo ndr) contributo dei mecenati milanesi all’acquisto della Pietà di Michelangelo”. Costoro sono arcinoti benefattori e collezionisti del tempo: Rizzoli, Crespi, Borletti, Scotti, Gerli, Ferrania, Stramezzi.
Tuttavia, il Sindaco Ferrari davanti alla Giunta Comunale prima e al Consiglio Comunale poi aveva affermato di “non essere rimasti insensibili alle premure pervenute (…) da più parti private, le quali intendono inoltre sollevare il Comune dall’onere conseguente all’acquisto”, al punto che addirittura il Prefetto di Milano in una nota al Ministero riporta la formula “intendendosi alcuni privati sollevarlo (il Comune ndr) dalla spesa”.
Difficile dire, in base alla documentazione, se si credesse realmente alla liberalità dei milanesi, o se invece sia lecito sostenere un vero e proprio escamotage ideato dal Sindaco e dalla Wittgens per convincere amministratori e opinione pubblica a non farsi scappare questa straordinaria occasione, ma è mia opinione che la seconda ipotesi sia la più verosimile.
Venne addirittura convocata in via d’urgenza “in una delle ultime sedute segrete” una Giunta Comunale il 15 luglio, per approvare in tutta fretta la convenzione. Il Consiglio Comunale viene chiamato a ratificare l’acquisto il 15 settembre del 1952, ormai a cose fatte: pur nell’unanimità del voto, non mancano bonarie “strigliate” alla Giunta per l’urgenza e la segretezza della procedura. Tutti sono comunque rassicurati dall’intervento dei privati promesso dal Sindaco, che ringrazia su tutti Fernanda Wittgens e Raffaele Mattioli, il grande banchiere intellettuale che, con la “sua” ultima creatura Medio-Banca, ha reso possibile l’operazione e “è a capo di quel gruppo di mecenati” cui si è accennato.
Il 1 ottobre 1952 con rogito numero 10478 in Roma la Pietà viene venduta ufficialmente al Comune di Milano, e il 5 novembre la Giunta stabilisce come sede il Castello, dopo che da più parti si sono ipotizzate varie sedi tra cui il Duomo anzitutto, la Pinacoteca di Brera, l’Ambrosiana, ecc…
Nel dicembre dell’anno seguente, in una scarna nota della Ragioneria Municipale, si dà mandato di liquidare agli eredi, essendo venuti meno i contributi privati, la somma restante di Lire 123.099.620.
Un raggiro bello e buono della burocrazia che farebbe tremare i polsi a qualsiasi Sindaco, ma che però ha reso possibile alla Lombardia di entrare in possesso, per una cifra ridicola, di una delle più grandi opere d’arte del mondo: 135 milioni di lire del 1953 sono circa 5 milioni di euro di oggi, mentre la Pietà Rondanini qualche hanno fa, in un azzardo di stima che fu fatto per curiosità, parrebbe valere oltre 1 miliardo e mezzo di euro, ma sappiamo tutti benissimo che non ha prezzo.
Abbasso la burocrazia, viva i pionieri del patrimonio culturale.
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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commenti
Michele de Crecchio
19 settembre 2021 21:59
Da ragazzo avevo confusamente avuto notizia di questa bella vicenda, Da anziano ringrazio chi me l'ha efficacemente chiarita,
Martelli
20 settembre 2021 16:53
Un vero piacere!