La sicurezza non è solo telecamere e presidio del territorio. Il suggerimento del professor Keating
Trentacinque anni fa L’attimo fuggente entrava nella storia del cinema. In una delle scene più iconiche del film, uno straordinario Robin Williams, nel ruolo del professor John Keating, in piedi sulla cattedra, osservava la classe e invitava gli studenti a imitarlo.
«Sono salito sulla cattedra – spiegava - per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù».
A tutt’oggi il suggerimento non risulta scaduto, ma è poco ascoltato, soprattutto dai politici. Quelli locali altrettanto disinteressati dei nazionali. Sordi, non sentono neppure con l’Amplifon ultima generazione.
Il professor Keating invita a diffidare delle decisioni preconfezionate e del pensiero dominante. Ad essere autonomi rispetto alla narrazione mainstream. Incita a non scegliere a scatola chiusa. Incoraggia a ragionare in modo autonomo. Sprona a non portare il cervello all’ammasso.
Stare in piedi sulla cattedra non è esercizio difficile e può offrire numerosi vantaggi. Evita di mangiare la solita insipida minestra. Può permettere di individuare soluzioni nuove. Può fornire l’opportunità di una libertà di giudizio non inquinata dalla propaganda o condizionata dall’ideologia. Ma è pericoloso per l’establishment.
Violenza, vandalismi, aggressioni, risse, teppismo impongono misure di sicurezza adeguate. I cittadini chiedono risultati tempestivi e percepibili. La politica li accontenta, ma non sale in piedi sulla cattedra.
I cittadini sollecitano l’incremento del numero di telecamere, il potenziamento delle forze dell’ordine da sguinzagliare sul territorio, l’inflessibilità nel sanzionare i trasgressori. Un pacchetto di interventi tosto e incisivo che aiuterebbe a ridurre i comportamenti fuorilegge e borderline e ad identificare i colpevoli, ma poco incisivo sulla riduzione-eliminazione delle cause di queste azioni. La triade è un deterrente, non la soluzione.
L’implementazione delle telecamere è utile, ma non è la medicina miracolosa per la sicurezza provinciale. L’orwelliano grande fratello non è la panacea, ma un salasso garantito per le casse comunali, che pagano gli occhi supplementari e l’oculista per gestirli e mantenerli efficienti. E quest’ultimo non è uno specialista che concede sconti.
L’investimento è giustificato dal rapporto costi/benefici? Non sarebbe più proficuo impiegare parte di queste risorse per interventi meno eclatanti e dai risultati non immediati, ma finalizzati a incidere sull’origine di queste azioni? E qui si pone il primo problema.
Discorso analogo, ma infinitamente assai più complesso è il potenziamento delle forze dell’ordine dislocate sul territorio. Coinvolge lo Stato e implica interventi strutturali.
Senza contare che la presenza di troppi poliziotti e carabinieri, se da un lato tranquillizza i cittadini, dall’altro potrebbe creare ansia e preoccupazione, invece che senso di sicurezza.
La provincia di Cremona non è un territorio dove imperversano malaffare e violenza. Non è vaccinata contro queste intemperanze e nessuno lo discute, ma non presenta una situazione post apocalittica e distopica. Non è la New York di John Carpenter e di Jena Plissken. Diventa fuorviante porre la questione sicurezza in termini catastrofici con il pericolo di trasformarla in paranoia del controllo. Più proficuo sarebbe seguire la strada manzoniana dell’adelante, Pedro, con juicio, si puedes. Cercare la soluzione con meno concitazione e maggior razionalità. E questo è il secondo problema.
Politici e amministratori locali conoscono il notevole impatto mediatico e il relativo consenso prodotto dal triangolo: più telecamere, più forze dell’ordine, più pugno di ferro. Lo cavalcano, soddisfatti dagli effetti speciali prodotti. Strappano l’applauso dei cittadini e archiviano la grana, che però nella sua essenza persiste. Lo spot oscura il nocciolo della questione. E questo è il terzo problema
I politici non salgano in piedi sulla cattedra. Non vedono il reale nodo gordiano da sciogliere: il disagio sociale declinato nelle varie espressioni e in differenti categorie: giovani, anziani, drop-out. O più cinicamente lo colgono, ma preferiscono fingersi orbi. Scelgono di vincere facile e in fretta. Preferiscono evitare rischi. Puntano sui pochi maledetti e subito. E questo è il quarto problema.
Sciogliere il nodo gordiano non significa cassare l’opzione telecamere e contestare tout court un più capillare pattugliamento del territorio.
Significa salire in piedi sulla cattedra e prendere in considerazione anche le opzioni per ridurre il disagio sociale.
Significa lavorare su alcune delle cause che generano situazioni di violenza e prevaricazione. Più in generale, che inducono fenomeni antisociali e fuorilegge.
Significa stanziare fondi per l’applicazione della legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Significa garantire alle persone e alle famiglie qualità della vita, pari opportunità. Significa assicurare non discriminazione e diritti di cittadinanza.
Significa prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno, di disagio individuale e familiare, derivanti dalla inadeguatezza del reddito, da difficoltà sociali. Significa evitare condizioni di non autonomia. Significa -forse- anche ridurre violenze, furti, pestaggi, risse.
Salire in piedi sulla cattedra implica decisioni coraggiose. Controcorrente, se necessario. «Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta, ed è per questo che sono diverso». Parola del professor Keating che cita il poeta Robert Frost.
E questo è il quinto problema. Irrisolvibile in provincia di Cremona, terra di stum schis e di liste uniche. Di tutti insieme appassionatamente. Così è. Purtroppo.
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commenti
Cinzia
10 novembre 2024 12:19
Condivido anche le virgole ....
Limitarsi a telecamere .. incremento dei controlli fono ad arrivare ( speriamo di no) alle ronde di quartiere è come curare una polmonite con l aspirina ....posto che si tratti davvero di polmonite.
Cioè agire in questo modo è l escamotage per accontentare l opinione pubblica, sentirsi "moralmente" a posto sperando che la gente se ne ricordi la prossima volta che vota.
In realtà non si fa che peggiorare la situazione:
1) affrontare la sicurezza in questo modo alimenta un senso di insicurezza per cui ci vorrebbe un vigile in ogni strada,
2) impedisce di fatto la conoscenza dell entità del problema ..a cui si risponde solo con provvedimenti emergenziali
3) azzera ogni progetto di inclusione e prevenzione alimentare la cultura del sospetto e la paura del diverso.
Il dramma qual è .? È che siamo a questo punto perché dalla giunta Perri poi si è smesso di applicare la 328... Quella Giunta aveva smantellato l educativa di strada e pensato di risolvere la questione con la repressione trattandola come fosse un problema di ordine pubblico.
Il dramma è che anche le successive Giunte Galimberti hanno proseguito per questa strada e se non si ferma un momento a riflettere anche l attuale Giunta rischia di commettere il medesimo errore ...una prima avvisaglia è l OdG proposto dalla maggioranza sulla violenza alle donne.
Di questo passo non ci sarà una cattedra abbastanza alta da farci vedere i problemi da un altro punto di vista.
Stefano
10 novembre 2024 23:11
Non mi creerebbe nessun problema di insicurezza,avere un vigile o un poliziotto/ carabiniere, non dico in ogni via,ma almeno in ogni quartiere. Anzi se mai il contrario se servisse ad impedire certi episodi "forensi"
Manuel
10 novembre 2024 13:43
Tutte cose belle e condivisibili, certamente da perseguire, ma un segnale (o più segnali) deciso per stroncare alcune spiacevoli abitudini che si stanno affermando dalle nostre parti, mi sembra più che opportuno.
Aggiungerei come il caos, l’impunita’, la pretesa prevaricazione, siano funzionali agli obiettivi una certa parte politica (forse non solo quella): la guerra tra poveri è da sempre strumento di controllo e viatico la coercizione. Agiamo e non diamo pretesto ai soliti noti di poter affermare: “Senza di noi, non c’è società, non c’è libertà!”... ma poi perseguono l’esatto contrario.
Martino
11 novembre 2024 14:47
Sono in dissenso sul punto focale dell'editoriale. Ovvero che presidio forte del territorio e investimenti in videosorveglianza o attrezzature siano solo un placebo da dare all'opinione pubblica. Vedo comunelli (con tutto rispetto) che si dotano di servizi notturni della locale, che mettono sotto "gli occhi del grande fratello" parchi e accessi pubblici mentre i grandi comuni parlano e parlano. è cosa buona e giusta accelerare sul controllo del territorio. è amministrare correttamente. Che poi esista un tema sociale è indubbio, ma mi chiedo come può risolvere il problema quando gran parte delle orde di ladri vengono da lontano, talvolta persino da provincie nemmeno confinanti. Qui ci vuole controllo e forse un po' più di forze dell'ordine, di telecamere e di amministratori che mostrano gli attributi, che fanno sentire la presenza della legalità, quantomeno prima di filosofare "del degrado sociale nelle varie declinazioni".
Marco
13 novembre 2024 21:20
Bla bla bla....cari i miei signori e signore....la frittata è fatta.
L'inclusione funziona se la controparte l'accetta e segnali negativi a questo proposito ne abbiamo a volontà.
Nessuno venga a dire che Cremona non sia inclusiva e che non sia ricca di aiuti da parte del Comune, Associazioni e privati .
Vedere il problema da altri punti di vista?
Peccato che non li si guardi mai dalla parte di chi vive civilmente a Cremona .
La teoria del buonismo ha fatto il suo tempo ma c'è chi insiste nel colpevolizzare chi accoglie e propone invece di chi rifiuta un'occasione di vita nuova preferendo la violenza e il rifiuto delle regole della convivenza.
Portateli a casa vostra, vedrete che cambierete idea in pochissimo .
La gente è stanca e se siamo arrivati a volere la videosorveglianza e per colpa di chi ha sottovalutato consapevolmente il problema.
Adesso è tardi per rimediare .