Lasciare tutto per ottenere il meglio
Quando ci rivolgiamo a Dio quali sono le richieste più frequenti? Senza dubbio la salute del corpo e poi una famiglia serena, un lavoro stabile, la soluzione di certi problemi che tolgono il sonno di notte, magari qualche soldo in più. I più profondi ampliano la loro visuale sugli altri e sul mondo invocando la pace tra i popoli, la fine delle violenze e delle discriminazioni, una maggiore giustizia che permetta ai poveri di essere meno poveri e ai ricchi meno ricchi. Pochi, se non pochissimi domandano l’unica cosa davvero necessaria: la santità!
Cosa vuol dire essere santo? “Semplicemente” assomigliare il più possibile a Cristo: pensare e agire come lui, relazionarsi agli altri come lui, vivere nell’amore fino alla donazione totale di sé stessi, proprio come lui. Badate bene, non è questione di teorie o di dottrine, ma di vita vera, di quotidianità fatta di scelte precise, puntuali. La riprova è che, per diventare santi, Gesù non ci ha consegnato un manuale con tutte le istruzioni, ma ci ha mostrato concretamente come lo si diventa assumendo la nostra carne mortale. Facendosi uomo egli ci ha insegnato a diventare sempre più uomini! Il santo, infatti, non è altro che una persona che gode di una umanità matura, piena, completa. Quando incontriamo un individuo carico di virtù e di fascino, invidiabile per la sua capacità di relazionarsi con gli altri e con il mondo non diciamo forse: “Ma che uomo!”? Il peccato, invece, è la menomazione della nostra umanità: più pecchiamo e meno uomini siamo! Il peccato obnubila la nostra vista e ci fa vedere gli altri e Dio come degli antagonisti da eliminare o come degli oggetti da usare; ci fa scambiare il male in bene e ci porta a cercare la felicità in solitudine, senza nessun riferimento a nessuno.
Salomone – protagonista della prima lettura di questa XVII domenica del tempo ordinario – è apprezzato da Dio perché non chiede cose materiali o un aiuto per essere vincente e prospero, ma invoca un “cuore docile”, cioè la predisposizione interiore ad imparare sempre, ad affidarsi, a rimanere costantemente in ascolto. Avere un cuore docile significa bandire dal proprio animo la supponenza, l’arroganza, la superbia, ma anche la superficialità e la grettezza; vuol dire conoscere sé stessi nel profondo, avere chiara consapevolezza dei propri limiti e, soprattutto, accettarli; vuol dire desiderare ardentemente quella sapienza del cuore che, lungi dall’essere erudizione, è capacità di cogliere la sostanza delle cose, di comprendere ciò che alberga nel cuore degli altri, di capire realmente dove risiede il vero bene e dove si accovaccia il male, oltre le apparenze e gli infingimenti.
Avere un cuore docile e sapiente vuol dire, in ultima analisi, scegliere sempre il meglio per la propria vita, riconoscendo ciò che è davvero essenziale per essere felici da ciò che è vacuo e passeggero.
È il messaggio delle parabole del tesoro nascosto e della perla preziosa che Gesù offre ai suoi discepoli. Quel tesoro e quella perla non sono altro che la sua persona e la sua promessa di salvezza. Cristo è davvero il segreto della felicità dell’uomo: chi si fida di lui e lo segue radicalmente acquista una libertà e una padronanza di sé e della realtà che non sono nemmeno immaginabili. Cristo offre una sicurezza e una forza che diversamente l’uomo deve cercare nelle cose del mondo, cioè in quelle che non durano o che gli possono essere strappate. Cristo salva dall’ansia dei risultati, della competizione, del giudizio degli altri! L’infelicità, infatti, nasce quando si coltivano false speranze e quando si poggia tutta la propria autostima sugli altri!
Rendersi conto di tutto questo, ma soprattutto scoprire di essere investiti di un amore tanto grande quanto immeritato è trovare il tesoro nascosto o la perla preziosa. E di fronte a tutto questo “ben di Dio” il resto appare come un futile abbaglio. Se ho scoperto Dio quale sicurezza o forza possono darmi il denaro, la posizione sociale, il plauso della gente? Se Cristo è il mio tutto il resto è semplicemente un accessorio che può o non può esserci!
Con Cristo si lascia tutto per avere il meglio! E quel tutto lo si abbandona senza nostalgia o rimpianti perché quello che si ottiene è di gran lunga più appagante e soddisfacente di quello che si lascia! Prendete, per esempio, chi sposa: quando pronuncia il suo sì non pensa con paura o con tristezza a quello a cui rinuncia: è talmente rapito dall’amore che tutto il resto gli sembra inutile e secondario.
Quando Cristo ti prende, non pensi più a quello che lasci, ma godi del meglio!
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