Nucleare sostenibile in riva al Po. Eldorado o supposta?
La centrale nucleare è come l’araba fenice. Smantellata quella a fissione di Caorso, potrebbe rinascere a Cremona, ma a fusione. Poco meno di venti chilometri di distanza per realizzare il sogno rimasto tale degli alchimisti.
La fusione, una delle più grandi sfide tecnologiche attuali, trasforma il metallo di poco pregio in energia preziosa senza i pericoli della fissione.
La notizia, pubblicata nei giorni scorsi su quotidiani nazionali e locali e agenzie stampa, è estrapolata da uno studio di Gauss Fusion, azienda greentech europea. Condotta in collaborazione con la Technical University of Munich, la ricerca ha individuato 196 siti idonei ad ospitare un impianto di questo tipo.
Manco a dirlo, tra i luoghi più adatti spicca Cremona. Il migliore. Sotto il Torrazzo la fusione nucleare ci sta d’incanto. Trova il suo habitat ideale, l’humus adatto per produrre energia, favorita dal Po, dai violini di Stradivari, dalle note di Monteverdi e dagli editoriali del quotidiano La Provincia.
In attesa di cogliere questa opportunità, il 2 ottobre il Governo ha approvato il disegno di legge che lo delega in materia di energia nucleare sostenibile.
L'8-9 novembre 1987, un anno e mezzo dopo il disastro di Chernobyl, un referendum aveva bocciato la costruzione di centrali nucleari. Nel 1990 veniva sospeso il programma che le prevedeva.
«Con questo provvedimento (il disegno di legge ndr.) – ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto – l’Italia si dota di uno strumento fondamentale per guardare al futuro con realismo e ambizione. Vogliamo essere protagonisti delle nuove tecnologie, dagli small modular reactor (Smr) e gli advanced modular reactors (Amr) fino alla fusione, nel quadro della neutralità tecnologica e della transizione energetica europea. Il nucleare sostenibile è una scelta di innovazione, sicurezza e responsabilità verso i cittadini, imprese e verso l’ambiente» (www.mase.gov.it/portale, 2 ottobre).
Gli small modular reactor sono piccoli reattori nucleari trasportabili da un Tir. Gli advanced modular reactors sono invece più grandi. Utilizzano tecnologie alternative a quelle delle tradizionali centrali nucleari.
Il disegno di legge conferisce al Governo una delega per disciplinare in modo organico l’introduzione del nucleare sostenibile, nel quadro delle politiche europee di decarbonizzazione al 2050 e degli obiettivi di sicurezza energetici.
Le regioni e le province autonome hanno espresso parere favorevole a maggioranza, condizionato all’intesa sui decreti legislativi attuativi.
Anci ha chiesto e ottenuto che i comuni siano coinvolti nelle consultazioni qualora si proceda all’individuazione ex ante di aree aventi le caratteristiche per ospitare gli impianti, con la valutazione di adeguate misure di compensazione per i territori interessati.
Se a pensare male, sosteneva Giulio Andreotti, è peccato, ma spesso s’indovina, non è fuori luogo sospettare che l’operazione non sia solamente una botta di vantaggi per le zone coinvolte nel rinascimento nucleare.
Per quali motivi sono infatti previste compensazioni? Ah saperlo! Chi vivrà, vedrà. L’ipotesi che siano lo zucchero di Mary Poppins per favorire l’assunzione della pillola non è peregrina.
In operazioni di questa portata non si muovono sprovveduti, ma falchi dalla vista acuta. Si dice che i soldi non abbiano odore. Se però sono molti, profumano in modo inebriante. Stordente.
Il 26 novembre il gruppo di ricerca Energy & Strategy della School of management del Politecnico di Milano ha presentato Nuclear energy Innovation Outlook 2025. Non è stata una marcia trionfale. Le rose sono piene di spine. Di incertezze sui tempi, di costi elevati, di autorizzazioni, di resistenze all’ubicazione degli impianti. E la trippa per gatti è prevista per il 2050, anno nel quale il nucleare potrebbe cominciare a incidere nella politica energetica del Paese.
Il rapporto Heliocentrism Objects may be further away than they appea (https://am.jpmorgan.com/content/dam/jpm-am-aem/global/en/insights/eye-on-the-market/heliocentrism-amv.pdf) di Jp Morgan, pubblicato il marzo scorso, evidenzia che solo tre reattori Smr al mondo sono attivi. Due in Russia, uno in Cina. Un altro è in costruzione in Argentina con costi lievitati fino al 700 per cento e tempi di costruzione biblici. E Jp Morgan non è espressione di rompicoglioni costantemente incazzati contro banche, liberismo e compagnia briscola e i suoi rappresentanti. Al contrario, è l’essenza di tutto questo.
Il 22 settembre è stato presentato a Roma il World Nuclear Industry Status Report (WniSr) 2025. In 580 pagine viene fotografata la situazione e la tendenza dell’industria nucleare nel mondo.
In pillole, nel 2024 il numero di paesi con reattori nucleari attivi è sceso da 32 a 31 e la costruzione di nuovi è diminuita da 13 a 1. Per chi vuol saperne di più la registrazione si trova sul sito di radio radicale.
In controtendenza, il quotidiano La Provincia. Il 2 novembre, nel Punto domenicale, il direttore redarguisce «I sopravvissuti della tribù del no a priori». Elargisce loro un consiglio non richiesto: «Dovrebbero avere l’onestà intellettuale di guardarsi intorno senza pregiudizi: dalla Francia alla Svizzera e perfino alla Slovenia, lungo i patrii confini è un pullulare di centrali nucleari, che producono e vendono anche a noi la loro energia».
Se si eccettua la Francia che ha puntato sull’atomo, in Svizzera sono attive 4 centrali nucleari, rimaste dopo la dismissione di 2 e non sono previsti nuovi impianti. La Slovenia ha scelto il condominio e ne condivide una con la Croazia. La Germania ha smesso con il nucleare nel 2023.
Se Cremona o un altro comune della provincia venisse scelto da tecnici e affari per ripartire con il nucleare, sarebbe opportuno preparare i cittadini a questa eventualità. Compito dei pubblici amministratori. Un estote parati per renderli edotti e consapevoli della manna caduta da Roma o da qualche altra parte.
Il nucleare è l’Eldorado per le aziende coinvolte. Oppure piatto indigesto per dietrologi e bastian contrari. Vincita truccata per altri. O, ancora, supposta invisibile per i stum schis, che usano subire tacendo. Oppure niente di tutto questo.
Il nucleare è il sole dell’avvenire? È la soluzione dei problemi energetici? Ben venga. Intanto in attesa che anche in Italia pullulino le centrali, come auspicato da La Provincia, meglio essere informati. Per evitare di essere fusi o disintegrati. Vaja con dios.
Nella foto la vecchia e dismessa centrale nucleare di Caorso
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commenti
Pierpa
30 novembre 2025 08:48
Vale sempre il vecchio Collodi: se i Gatti e le Volpe ti invitano a seppellire zecchini nel Campo dei Miracoli e tu ci vai, poi non lamentarti...
Cinzia
30 novembre 2025 11:36
Forse sono io a vedere sempre gli inciuci e sicuramente sbaglio ...ma ditemi voi ..domando...
Come mai se altri paesi che da tempo hanno investito sul nucleare nelle sue varie forme fusione o fissione ...stanno abbandonando questa scelta?
Come mai il nostro governo ...che ha sempre strizzato l occhio al ricorso al nucleare, formalizza questa linea di indirizzo e subito dopo apre la crisi all Ilva di Taranto ?
Quanto sarebbe utile al nostro Cavaliere poter contare sulla energia nucleare per alimentare i forni delle sue acciaierie?
E chissà quali miracoli potrebbe compiere a Taranto????!!!!!
Ma io dico con tutto il sole che abbiamo ...l acqua che scorre abbondante dalle alpi e può alimentare centrali idroelettriche ...con tutto il vento che soffia lungo le coste e nelle isole ....
Ma che bisogno abbiamo del nucleare che fino ad oggi ci è costato una fortuna anche a centrali ferme e ha prodotto scorie che nessuno sa come smaltire ..
Ha ragione Grassi ..ci stanno prescrivendo una supposta
Paola Tacchini
30 novembre 2025 14:48
Relazione dell'evento
LIBERI DAL NUCLEARE
Sabato 22 novembre, Camera del Lavoro Milano
L'incontro è durato tutta la giornata e qui di seguito riporto gli interventi che mi hanno coinvolta maggiormente. Ringrazio soprattutto l'instancabile organizzatore, coordinatore di Stati Generali Clima Ambiente e Salute e referente provinciale di Rete Ambiente Lombardia Marco Pezzoni.
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L’Italia non ha bisogno di nuove centrali nucleari, ha bisogno di energie rinnovabili e di una economia di pace.
All’incontro durato l’intera giornata, sono intervenuti esperti, docenti, ricercatori, esponenti di associazioni, del mondo sindacale e alcuni esponenti politici italiani di quei pochi partiti che si sono detti chiaramente contrari al nucleare oggi.
Il primo concetto espresso che ha visto concordi tutti i relatori è quello che nucleare e rinnovabili non sono compatibili, e chi sceglie l’atomo sceglie una “logica verticalista”, ovvero tutto parte da decisioni di chi comanda, concentrando il potere in mano di pochi, e nessuna condivisione democratica e partecipativa della cittadinanza.
Oggi spesso vengono associate dal governo nazionale parole come: “Nucleare di Pace” oppure come ho visto con i miei stessi occhi alla fiera ANCI di Bologna “Nucleare e Ambiente”, ebbene anche su questo, è evidente a tutti i presenti al convegno che si tratta di ossimori.
Anzi, in un pianeta diviso da super potenze che si contendono risorse e territori, facendo rincorse alle tecnologie nucleari sempre più evolute e distruttive, qualsiasi incremento del nucleare in qualsiasi sua dimensione, è estremamente pericoloso per gli equilibri del nostro pianeta.
Possedere tecnologie nucleari è già dal dopoguerra in avanti una forma di “guerra non dichiarata” di controllo reciproco, soprattutto tra il mondo occidentale e quello orientale, con il nostro “vecchio” continente nel mezzo.
Oggi il MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) sta lavorando per decidere dove collocare le “nuove” centrali nucleari, del tutto incuranti dei due referendum popolari vinti democraticamente contro il nucleare.
Come ci ha spiegato l’Avvocato ambientale Veronica Dini, l’energia nucleare è ostile all’ambiente, tutto il mondo è interconnesso, ogni singola azione ne prevede una in conseguenza, come la deforestazione, i combustibili fossili, sono strettamente correlati con i mutamenti climatici.
Questa epoca moderna in cui viviamo, viene definita in certi casi anche l’Epoca degli Scarti, sia per la poca considerazione del valore dell’essere umano in alcune aree geografiche, sia per la grande produzione di rifiuti che ci sta sommergendo (un esempio l’enorme isola galleggiante di plastiche nell’oceano Pacifico).
Il disegno di legge che sta proponendo il governo italiano è preoccupante, il controllo diretto di ogni fonte energetica, l’esclusione di tenere in considerazione i due referendum popolari e la legge delega i bianco… un riassetto che consentirebbe al nucleare di tornare indisturbato sui nostri territori. Nessuna preoccupazione per le esigenze sociali, la salute, la sicurezza e la tutela ambientale. Solamente puri e semplici interessi economici e commerciali, che arricchirebbero pochi a nostre spese.
Tutto però è ancora confuso, per ora è solamente partita una grande campagna di informazione piena di fake news sui benefici e la sicurezza di nuovi impianti nucleari, gli “Small Modular Reactors” (SMR), che punta a portarne avanti la realizzazione con censure, controllo e sorveglianza su chiunque si mostri contrario.
Oggi se ci fosse una vera presa di coscienza pubblica da parte dei governi, si dovrebbe incrementare il più possibile le vere energie rinnovabili, ma anche una nuova sensibilizzazione a condurre tutti noi uno stile di vita più modesto e consapevole.
Successivamente ci sono stati i dettagli sugli effetti delle radiazioni, delle scorie, del materiale utilizzato per produrre questo tipo di energia, uranio e plutonio, che di sicuro non si trovano nei nostri territori e che dovremmo importare dagli stessi paesi con i quali abbiamo fatto un embargo per non acquistare più il gas, facendo decuplicare i costi agli utenti finali in bolletta.
I reattori di terza generazione, funzionano ancora con la fissione, altamente pericolosa, quelli di quarta generazione, di fatto non esistono, se non come qualche prototipo ancora in fase sperimentale o peggio come semplici progetti teorici.
Il vero problema, comunque, non è neanche di tipo tecnologico, si sa che in pochi anni gli scienziati compiono grandi progressi, ma è di tipo economico. I costi, lo si può verificare da uno dei più recenti impianti realizzati in Francia, è alla fine sempre più alto dei benefici. Promuovere il nucleare oggi è una questione ideologica delle destre, quelle del ponte sullo stretto, quelle dei 1000 euro con un clic…
Bisogna saper esaminare la questione sotto ogni aspetto, perché la scienza non è una opinione, i dati oggettivi neanche.
Prima di entrare nel dettaglio con chi il dramma dei danni delle centrali nucleari lo ha vissuto, ho apprezzato anche l’intervento di Don Lorenzo Maggioni, uno dei fondatori del grande coordinamento di associazioni ambientalistiche lombarde RAL (Rete Ambiente Lombardia), che ci ha ricordato come ogni territorio abbia già delle fragilità sulle quali l’uomo non ha modo di influire, come i terremoti gli eventi atmosferici e dove invece non fa che peggiorarli, come i cambiamenti climatici.
Per descrivere questo, ha citato la figura del serpente che si morde la coda, l’Uroboro. Questo simbolo, di origine antichissima (dall'antico Egitto), rappresenta il ciclo eterno, l'infinito, l'eternità, la rigenerazione e la ciclicità dell'esistenza, dove la fine porta a un nuovo inizio, che per la nostra umanità dovrebbe essere un monito a non sfidare la natura e le sue leggi se non siamo disposti a pagarne il prezzo. E qui ha citato il drammatico esempio di ciò che è avvenuto in Giappone con il disastro ambientale e marino causato dal reattore di Fukushima (2011) incidente classificato al massimo grado di gravità previsto per gli eventi nucleari, al pari di quello di Chernobyl (1986). Il primo causato da un terremoto che ha provocato il danno irreparabile, mentre quello precedente pare fosse a causa di un errore umano.
E qui arriviamo alle testimonianze di un gruppo di attivisti piemontesi della zona di Trino Vercellese (VC), dove erano sorte una delle prime quattro centrali nucleari italiane (ricordo che ne abbiamo anche una nella vicina Caorso (PC).
Il racconto di Fausto Cognasso, Legambiente, parte da una premessa, vuole raccontare la storia del suo paese di provenienza perché oggi non vengano ripetuti gli stessi errori che lo hanno segnato per sempre.
Siamo nel 1965, dopo un “rigurgito ambientalista ante litteram” del levante ligure, il paese di Trino si trova l’unico rimasto per ottenere l’assegnazione di una Istallazione della prima Centrale Atomica sulle rive del fiume PO la Enrico Fermi (fine anni ’50) che entrò in funzione dal primo gennaio fino alla definitiva chiusura post referendum nel 1987.
Ma in questo lasso di tempo, la produzione non è stata né lineare, né tranquilla, ci sono state ben 10 fermate, una delle quali molto problematica. E di fatto l’operatività è stata una produzione sotto il 50% del previsto. Un disastro dal punto di vista economico/finanziario e industriale che è ricaduto non sulla società dell’epoca la SELNI (Società Elettro Nucleare Italiana del gruppo EDISON) ma sul pubblico, cioè i cittadini.
Tuttavia il disastro maggiore è stato quello di gravi problemi ambientali causati da guaine difettose che hanno causato la fuoriuscita di trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno, perché soprattutto se si lega nell’acqua, si lega con i tessuti e gli organi del corpo provocando danni tumorali e cardiaci oltre al sistema nervoso centrale. Purtroppo queste cause vengono rilevate solo anni dopo l’inquinamento ambientale.
I cittadini di Trino sono quindi stati delle cavie inconsapevoli di un esperimento costoso, economicamente discutibile, ambientalmente assai pericoloso e dannoso ed in alcuni casi mortale per la salute umana.
Negli anni successivi alla chiusura delle 4 centrali Nucleari italiane, oltre a Trino Vercellese e a quella di Caorso, c’erano il Cirene a Latina e Garigliano in provincia di Caserta oltre a quella mai ultimata del Brasimone, oggi centro di ricerca ENEA, molti cittadini non sanno che per il mantenimento in sicurezza dei nuclei dei reattori, e delle scorie smaltite solo in parte ma che sono destinate a ritornare in Italia, vengono spesi milioni che si trovano ancora oggi spalmati come voci varie nelle nostre bollette di utenze domestiche.
Ecco perché bisogna informare correttamente su tutte le contraddizioni che porta ancora oggi la scelta del nucleare come energia “pulita”. Dal 1987 ad oggi non si sono ancora trovate le soluzioni di come smaltire in sicurezza le scorie radioattive, e a certi livelli si parla di una decadenza non di 30 anni, come il caso dei container radioattivi riscontrati per la lavorazione delle scorie dell’acciaieria locale. Qui si parla di una decadenza dei rifiuti radioattivi che variano da alcune centinaia di anni fino a centinaia di migliaia di anni, a secondo del loro livello di radioattività, fino ad arrivare a milioni di anni dell’uranio naturale… Altro che estinzione dei dinosauri!
Una domanda è stata fatta dal pubblico, chiedendo come si schierano le associazioni contrarie al nucleare se si parla dell’utilizzo in medicina. La differenza è stata sostanzialmente spiegata così:
- Rispetto ad altri rifiuti radioattivi nella “medicina nucleare”: i rifiuti provengono da attività diagnostiche e terapeutiche. La pericolosità è data dalla presenza di radioisotopi attivi, ma la gestione di questi materiali è gestita a livello ospedaliero e con procedure di smaltimento specifiche, la percentuale di questi rifiuti è meno dell’1% sul totale.
- Nell’industria nucleare: le scorie nucleari sono prodotti di fissione con un'attività molto più alta e una pericolosità elevatissima, che richiedono procedure di smaltimento a lungo termine e a livelli molto più elevati.
Sottolineo anche l’importanza della chiara presa di posizione del Movimento 5 Stelle in merito al rigetto del nucleare come alternativa al fossile, appoggiato anche da PRC, AVS e una frangia del PD.
Sono intervenuti per il Movimento 5 Stelle il Deputato Enrico Cappelletti, la consigliera Regionale Paola Pollini, per AVS il Consigliere Regionale Onorio Rosati, per il PD la Deputata Eleonora Evi e Matteo Prencipe del Partito di Rifondazione Comunista.
I video con gli interventi saranno tutti a disposizione e c’è stata la diretta, ma quello che ci tenevo a sottolineare, è stato l’ultimo intervento dell’Assessore all’Ambiente di Pavia M5S, Lorenzo Goppa, che ha fatto un chiaro excursus della vera soluzione al problema delle energie rinnovabili: la nascita sui territori delle CER.
Ecco un sunto dei principali vantaggi delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) per i territori:
- Riduzione dei costi energetici per famiglie, imprese e servizi locali.
- Maggiore autonomia e sicurezza energetica (minore dipendenza da fornitori esterni).
- Riduzione delle emissioni di CO2 e contributo alla decarbonizzazione locale.
- Sviluppo economico locale: investimenti, occupazione e filiere green sul territorio.
- Migliore integrazione delle rinnovabili e gestione della domanda (efficienza e flessibilità).
- Sostegno alla mobilità elettrica con infrastrutture di ricarica locali.
- Rafforzamento della coesione sociale e partecipazione cittadina (governance condivisa).
- Recupero e valorizzazione di aree e immobili pubblici/privati per impianti di produzione.
- Stimolo all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione della rete locale.
- Possibilità di accesso a incentivi, finanziamenti e benefici fiscali a livello nazionale/UE.
Concludendo, non c’è mai una soluzione definitiva, anche il fotovoltaico non è tutto compatibile con l’ambiente, soprattutto se si parla di “agrivoltaico” fatto senza attenzione alla localizzazione, senza norme precise, mentre non c’è nessuna controindicazione se viene istallato su tetti, aree cementificate, capannoni industriali o poli logistici, lungo le infrastrutture o come tettoie protettive nei parcheggi.
L’importante è unire il dialogo aperto alla cittadinanze confrontandosi sui legittimi dubbi, e soprattutto ascoltando chi ne ha la competenza, e il fatto che a parlare per Legambiente nazionale sia stato un ricercatore laureato in fisica, il dottor Roberto Rizzo, giornalista scientifico, esperto in tematiche energetiche ambientali, e molto altro, mi fa capire che quando l’opinione pubblica, soprattutto quella del mondo politico di centro destra, ci definisce ambientalisti talebani o “figli dei fiori” dovrebbero imparare ad informarsi meglio, perché così non è… e le attente e precise relazioni dei docenti universitari intervenuti ne sono la riprova.
Sarebbe il caso che comincino a valutare le conseguenze delle loro azioni, perché il mondo futuro che lasceranno anche ai loro figli, li vedrà definiti loro come dei “capitalisti talebani” e “figli del denaro”, e forse, se non ci sarà possibilità di confronto costruttivo oggi tutti insieme, verranno contestati quali maggiori responsabili di aver lasciato ai loro eredi un mondo distopico, degradato, ingiusto.
Tommaso
30 novembre 2025 19:27
Solo degli scemi si affiderebbero ad un’energia che mentre si produce comporta rischi eguali a quelli di una bomba e che ha come scarto veleno per migliaia di anni.
Per dirla con un luminare nel settore, è come la Corazzata Potëmkin: una cagata pazzesca.
Come per la pandemenza, la sicurezza dei sieri genici e l’infame tessera verde, a mancare è il dibattito scientifico. Ho sentito il sig. Pezzoni a TeleColor in una rubrica sul tema e devo dargli ragione su tutto. Ma ad nauseam, si sostituisca la parola nucleare con green pass. Il ragionamento dei contrari filerebbe comunque. Sto aspettando poi i Burioni e i Bassetti del nucleare… o vogliamo riciclare gli stessi influencer pagati da big pharma? Magari a rassicurarci sugli strabilianti effetti delle loro pillole di iodio…