8 maggio 2022

Pastori o mercenari, maestri o seduttori?

“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. È interessante notare nel breve Vangelo di questa quarta domenica di Pasqua, dedicata alla preghiera per le vocazioni, che le pecore restano incantate semplicemente dalla voce del loro Pastore, indipendentemente da quello che egli dice: non sono importanti i comandi, ma solo il suono della voce. Quel suono, infatti, ha qualcosa di familiare, di intimo, di rassicurante: preannuncia una presenza che difende, protegge, promuove ed esalta. È la stessa esperienza del neonato che quando riconosce la voce della madre si calma se sta piangendo o si entusiasma se è quieto nella sua culla! Non è rilevante quello che sta dicendo la madre, importante è che la sua voce lo raggiunga e lo avvolga come in un abbraccio e gli ricordi che non è solo, ma c’è, accanto, una persona amorevole che lo cura o lo accompagna.

Per vivere questa esperienza, di totale affidamento e abbandono, le “pecore” devono avere conosciuto profondamente il loro pastore, devono aver constatato la sua profonda abnegazione per questo compito, il suo impegno costante nel difendere il gregge dall’assalto dei lupi e dei briganti e nella ricerca di pascoli abbondanti. Essa sanno che il loro pastore non le tradirà mai, egli non è come il mercenario che di fronte ai primi pericoli fugge dimenticandosi delle proprie responsabilità. Per il gregge il pastore offre tutta la propria vita, si lascia coinvolgere fino in fondo, condivide con le pecore gli impervi sentieri di montagna o le assolate stradine polverose della campagna, la pioggia battente o la neve abbondante, l’ira dei contadini o le violenze dei malviventi.

Le pecore si fidano perché il loro Pastore non le manda allo sbaraglio, ma le accompagna, non facilita la strada, ma la percorre anche lui, non toglie la fatica, ma la condivide.

Meditando questo paragone – Gesù come buon Pastore – mi è venuto alla mente un intervento del prof. Silvano Petrosino, affermato filosofo e docente universitario alla Cattolica di Milano, nel quale spiegava la differenza tra il seduttore e il maestro: «Il primo chi è? È colui che ti garantisce il godimento ma non ti rende fecondo. Noi siamo sempre attratti dal seduttore, così come dal sistema consumistico in cui siamo immersi, che ci porta delle continue striscioline di soddisfazione. Ma dell’incontro con il seduttore non ti resta niente. Il maestro, invece, è colui che ti rende fecondo e per questo a volte ti chiede di rinunciare al godimento. Il dono del maestro lo ritrovi anni dopo. Il seduttore è lontano, resta da seguire il maestro. E lo stesso accade con Willi il Coyote e quell’odioso di Beep Beep. Nell’esistenza di Willi c’è la continua rincorsa, la continua caccia, imperterrita e instancabile. Beep Beep è il seduttore, invece, che ride e scappa, senza lasciare nulla”.

Oggi distinguere i seduttori dai maestri e come distinguere i mercenari dai pastori!

Il maestro è colui che non dà mai la risposta pronta, ma offre quelle nozioni e quegli strumenti che permettono alla persona di fare una scelta chiara e consapevole. Egli non cela le difficoltà, la necessità di compiere dei sacrifici, la complessità del cammino per giungere al bene, l’importanza di darsi delle mete alte, una progettualità che superi il presente e guardi al futuro. Il maestro rammenta sempre il valore del sacrificio e la grandezza della sofferenza che è spesso l’unica via per umanizzare il cuore. Il maestro non condiziona, non attrae a sé, non crea dipendenza, ma fa di tutto perché il discepolo diventi autonomo e intraprenda la propria strada con entusiasmo e buona volontà. Ma c’è comunque nelle situazioni difficili e inedite. Nel maestro non ci sono secondi fini se non la ricerca del bene per il proprio allievo.

Tutt’altra cosa è il seduttore: egli fa di tutto per creare dipendenza, per legare l’altro a sé così da usarlo per i propri scopi e quindi trarne vantaggio. Al seduttore non interessa nulla della persona a cui si affianca: egli mira solo a manipolarle! Offre gioie istantanee, effimere, che al momento sono particolarmente piacevoli, ma a lungo andare rendono il cuore solo più arido, insicuro, assoggettato al pensiero dominante. I seduttori di oggi sono i cosiddetti influencer che già dal nome dovrebbero essere guardati con sospetto. L’influencer apparentemente condivide la propria vita con gli altri così da diventare una figura familiare, rassicurante, sempre pronto a rendere l’esistenza dei followers più leggera e spensierata. In realtà queste nuove “figure digitali” creano legami virtuali (ma cosa sanno dei loro seguaci?) solo per trarne profitto: per qualcuno è solo una questione di egocentrismo e di vanità, per altri è il piacere di poter condizionare e controllare il pensiero di tante persone, ma per la maggior parte si tratta solo di una mera operazione economica, grazie a contratti milionari con aziende di abbigliamento o di oggettistica.

Al seduttore non interessa la persona che ha davanti, il suo vissuto interiore, il suo desiderio di unicità e di autenticità. E quando non gli serve più lo abbandona miseramente. Per usare un’idea del beato Carlo Acutis: il seduttore mira a creare delle “fotocopie” non degli originali.

La sfida grande è quella di riconoscere nella quotidianità il seduttore dal maestro, colui che ci presenta una vita facile, comoda e omologata, da colui che ci richiama continuamente alla nostra responsabilità, al primato della coscienza, alla ricerca del bene non solo per sé stessi, ma anche per gli altri!

Le pecore ascoltano volentieri la voce di Gesù, ne sono affascinate, perché sanno che qualsiasi cosa quella voce trasmette è per il loro bene e per la loro felicità, non effimera e passeggera, ma che affonda le sue radici nella vita eterna.

Claudio Rasoli


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