Società pubbliche, terra di conquista. Cremona va rilanciata per contare
Nel palmares del territorio è stata aggiunta un’altra medaglia: «Cremona capitale dei Rondoni». (La Provincia, 5 maggio). Una grande conquista, ma attenzione che una mutazione genetica non trasformi i rondoni in soggetti sferici, abituati a volare più in basso.
Mentre Cremona è impegnata a collezionare benemerenze, Soresina guarda oltre i confini nazionali e un’altra società pubblica locale cambia casacca.
«L’Aspm Energia, di proprietà per il 70 per cento della partecipata comunale Aspm Servizi, dunque controllata indiretta del municipio, è nelle mani della multinazionale svizzera Axpo». (La Provincia, 29 aprile).
Non sono stati forniti i dettagli dell’operazione. Saranno diffusi nei prossimi giorni, condizione che rende doveroso rimandare ogni giudizio tecnico sulla cessione.
Questo non proibisce una valutazione politica generale sulle conseguenze del valzer. Non impedisce di inserire la vendita tra le sconfitte delle aziende partecipate e nel contesto più ampio della stato di salute del nostro territorio.
La vicenda Aspm Energia si aggiunge al passaggio della cremonese Lgh ad a2a e alla liquidazione della cremasca Scrp. Non una marcia trionfale.
Le nostre società pubbliche sono terra di conquista per bresciani, milanesi, svizzeri. Terra di frontiera.
Da proprietari siamo stati ridotti a maggiordomi.
Le cause del salto del gambero sono molteplici. Con una semplificazione all’osso, si possono ridurre a due.
O siamo perseguitati dalla legge di Murphy: se qualcosa può andar male, sicuramente andrà male.
O siamo ostaggi di incompetenza e inadeguatezza.
Tertium non datur.
Nel primo caso, è consigliabile una visita ad un esorcista per allontanare la sfiga.
Nel secondo, è necessario un intervento dello Spirito Santo che illumini e assista i politici nella designazione dei consigli di amministrazione e dei manager delle società pubbliche.
Opposta la narrazione di generali, sottufficiali e attendenti dei partiti e della corte dei miracoli che ruota intorno ad essi.
Per tutti costoro il cambio di proprietà di una partecipata è, per postulato, il modo migliore per salvarla, rilanciarla, rimanere sul mercato. E’ un valore aggiunto per il territorio.
Palle di frate Giulio. E’ un affare per l’acquirente e un’ammissione implicita di un fallimento per il venditore. Non si salva qualcuno che scoppia di salute e, da che mondo è mondo, sono i soccorritori a dettare le regole per sopravvivere agli sventurati boccheggianti in un mare di guai.
Al di là del duello rusticano sullo stato patrimoniale di Aem – controllata da Lgh - tra il parlamentare Luciano Pizzetti e il sindaco Gianluca Galimberti, la società era, comunque, finanziariamente anoressica.
Axpo «ha acquisito il completo controllo ricapitalizzando il debito che Energia aveva accumulato negli anni, pari a 1.347.000 euro» (La Provincia,
A2a e Axpo non sono due onlus senza scopo di lucro e dedite alla beneficenza. Sono società il cui obiettivo, più che legittimo, è il profitto. Per a2a, quotata in borsa, la distribuzione degli utili e l’aumento del valore azionario sono la sua ragione d’essere. Fosse la pia donna che aiuta il territorio, avrebbe già iniziato le pratiche per spegnere l’inceneritore cittadino, impianto che, per molti cremonesi, poco si concilia con la Life company, slogan con il quale la società viene pubblicizzata.
Non è uno scandalo che i forestieri vengano in provincia a fare acquisti di partecipate.
Inaccettabile, invece, è la nostra propensione ad essere comperati.
Inaccettabile è la nostra capacità di presentarci con cappello in mano per chiedere l’obolo. Inaccettabile è la nostra disponibilità a entrare nel mirino dell’autorità anticorruzione per accelerare i tempi della vendita.
Inaccettabile è l’ineluttabilità di finire in rianimazione per essere riportati in vita dall’intervento di uno specialista esterno alla provincia.
Peggiore è la propensione ad assumere il ruolo dei lacché che inneggiano al nuovo amministratore delegato, buon samaritano compassionevole e misericordioso, pronto sostenerti e a rimetterti in cammino. Ma economia e finanza non prevedono spazi per Madre Teresa di Calcutta. Preferiscono il Gordon Gekko di Wall Street. «E’ tutta una questione di soldi, il resto è conversazione».
La politica ne è consapevole, ma rifila ai soci delle partecipate e ai cittadini la favola che le cessioni avvenute sono funzionali al bene e alla crescita del territorio e s’inalbera se qualcuno è titubante o scettico. Oppure se rifiuta di bere l’amaro calice camuffato da rosolio. O, ancora, se obietta che non è tutto oro quello che luccica. Se mostra il rovescio della medaglia.
Non ci sono dubbi che gli acquirenti siano affidabili e onesti, ma non sono i salvatori della patria che si vuol far credere. Sono i padroni e decidono loro. Prima eravamo noi e decidevamo noi. Scusate se la differenza è poca.
I leader delle categorie professionali e i sindacati sanno tutto questo ma pochi si espongono. Osservano. Latitano. Aspettano che altri assumano l’iniziativa. Non sono molto diversi dai politici che spesso criticano. Non tutti si defilano. Quasi tutti.
Alcuni presidenti, quelli che contano poco, confondono la vetrina mediatica con l’azione. Convinti d’essere autorevoli e ascoltati in base alla visibilità, non lesinano dichiarazioni e interviste e qualche volta sparano cazzate su temi marginali che non provocano brividi.
La confusione tra apparire ed essere ha trovato la sua sublimazione con la fotografia del capo sommo di un’associazione di categoria. Pubblicata in prima pagina del quotidiano cartaceo locale, l’immagine, con inquadrature diverse, è stata replicata cinque volte a pagina otto (La Provincia, 4 maggio). Sei foto sono troppe anche per Brad Pitt e per Charlize Theron. E forse anche per il Papa e il presidente degli Stati Uniti. Migliore esempio del mitico chiacchiere e distintivo, la pagina resterà negli annali della stampa locale.
Non sono senza peccato gli intellettuali, che dicono una cosa semplice in modo difficile (Charles Bukowski), che dissertano dei massimi sistemi, che spaccano il capello in quattro, che se la tirano una cifra, che si scandalizzano se trovano un refuso in un testo, che viene spontaneo invitarli a scendere dalla pianta. Ebbene questi rivoluzionari da salotto rimangono in silenzio. Muti, quando dovrebbero parlare.
E’ il trionfo dell’indifferenza. E’ la deprimente e fatalistica accettazione degli eventi. E’ la tristezza per la perdita di un patrimonio che apparteneva ai comuni. E’ l’inerzia debilitante dell’ignavia.
Al trasferimento di Aspm sotto le insegne elvetiche va riconosciuto il merito di avere riproposto la riflessione sul tema delle partecipate del territorio e quello, più completo, della inconsistenza della politica provinciale nella sua globalità, associazioni e intellettuali compresi. Per voltare pagina non basta sparare solo sul pianista, serve il coraggio di mirare anche agli altri musicanti. Questa la sfida.
Cremona capitale dei masochisti, dei Tafazzi, delle volpi e l’uva. Del mercato delle partecipate. Dei presidenti ubiquitari e privi di carisma.
Cremona capitale da rilanciare per contare. Per tornare protagonisti e padroni. Per costruire. Per mantenere le nostre eccellenze e potenziarle. Per non essere colonizzati.
Cremona capitale dei rondoni. Per volare alto.
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