Quando in fondo a via del Sale c'era "la manèga", il "Circolo Enal" e “la lanca de Livrìin”
Dopo il racconto di "Cremona Beach" di Giorgio Bonali e quello di Fabrizio Loffi sul primo stabilimento balneare cremonese, ecco il racconto di Ennio Serventi su "la manèga", lo spazio di fiume in fondo a via del Sale.
Per tutti era il mare che separa la Francia dall'Inghilterra. Per quelli di porta Po, per i frequentatori del fiume, “la mànega” era anche il tratto d'acqua che divideva la sponda storica del fiume dall'isola di sabbia formatosi a valle del pennello e da questo protetta. La più veloce e robusta corrente principale del Po fluiva lungo l'altra sponda del manufatto, quella che fronteggiava le terre che furono del Ducato, si faceva più rapida al restringimento dell'alveo per infrangersi all'impatto con la riva piacentina e scorrere via..
In sponda cremonese dalla apertura fra il culmine sassoso del pennello e la estrema punta sabbiosa dell'isola emersa, l'acqua, lenta e bassa nei periodi di magra ma impetuosa e veloce quando il livello del fiume cresceva, entrava ed alimentava la “mànega”, quasi un ramo secondario parallelo del Po. Solo in regime di secca del fiume un leggero istmo li teneva insieme, per il resto dei giorni nessuna contiguità vi era fra l'uno e l'altra.
A sera, quando il livello dell'acqua lo permetteva, i pescatori di professione imboccavano quel varco, andando ad ormeggiare le loro barche da lavoro, munite di palo per la bilancia, dove quel ramo secondario del fiume volgeva a levante formando un piccolo golfo. Un ampio sentiero sterrato collegava l'ormeggio alla più alta parte della sponda ed alla strada alzaia che proseguiva verso valle. Dopo la casotta de “Sandròon”, prima della spiaggia della “riva dei bruti”, che per tutti noi era solamente “la riva”, la “mànega” si allontanava dalla sponda ricongiungendosi al corso principale del fiume chiudendo in un cerchio il banco sabbioso generato dalla costruzione del pennello, già rigogliosamente alberato di salici e pioppi. La lanca chiusa si formò più avanti nel tempo in conseguenza dell'abbassarsi dell'alveo del fiume. Da principio e solo in regime di magra del fiume, fu il leggero e sommergibile istmo a tentare un primo collegamento percorribile fra il pennello e l'isola. Inarrestabile, il continuo abbassamento del fondo fluviale comportò la duratura saldatura tra l'estremità del manufatto e l'isola permettendo un passaggio diretto alla spiaggia. Prima che questo avvenisse, dopo la confluenza della via del Sale con la strada alzaia, dirimpettaio del cancello per l'uscita a Po dal parco delle colonie padane, un robusto ponticello di legno permetteva di scavalcare la “manega” a quanti volevano raggiungere l'arenile .
Su questo era stato impiantato uno stabilimento balneare, da non confondersi con la “Sirenella”, venne fatta a ridosso della estremità del pennello negli anni '60. Interamente costruito in legno sembrava un vecchio baraccone del FarWest: un sopra elevato spazio coperto, quasi una terrazza coperta dove era anche possibile ballare. La musica veniva diffusa da apparecchi chiamati “radiola” che pendevano dal soffitto, altoparlanti a trombone che portavo in evidenza il nome dell'installatore: Enzo Nespoli. Vi erano cabine-spogliatoio e la manuale pompa per l'acqua. Il continuo abbassamento dell'alveo determinò il progressivo insabbiamento della bocca fra l'estremità del pennello e lo spiaggione. Non più alimentata la “manega” s'interrò, quella che era stata l'isola si saldò stabilmente alla riva. Rimasto all'asciutto, una parte del solco entro il quale scorreva venne usato come discarica di rifiuti. Dell'acqua di quel tratto secondario del fiume ne è rimasto uno non facilmente raggiungibile specchio oggi identificato come “la lanca de Livrìin”. Un altro chiamato “del Bosconcello” è posizionato nel folto dell'antica isola, longitudinalmente al fiume.
Quella che noi ragazzi chiamavamo “la lanca de Livrìin” era uno spicchio d'acqua a destra della rampa che portava al ponte in chiatte, chiuso fra questa e quel tratto della via alzaia che andava verso il “bacino”, separato dal Po dalla massicciata che ne costituiva la nuova sponda.
L'area a sinistra della via del Sale, subito dopo il ponte sul Morbasco e l'imbocco della via Boscone era occupata da “una grande ortaglia; più avanti sulla sinistra della stessa via, fra l'argine maestro e il Po,si trovava una lunga e larga lanca popolata di ottimo pesce fra il quale primeggiavano carpe e pesce gatto [..].” La costruzione della massicciata, con la rettifica e spostamento in avanti della sponda del fiume, intrappolò quello spicchio d'acqua che si trovava dove adesso vi è la “Motonautica cremonese”. La grande lanca di via del Sale potrebbe essere stata identificata come la “lanca de Livrìin” dopo che al suo margine inferiore, all'intersecarsi della via del Sale con la via alzaia, un probabile trisnonno pescatore e forse anche concessionario dei diritti di pesca in quell'area, costruì la sua baracca per gli attrezzi. Allagata dalla piena del 1951, recuperato quel che fu possibile recuperare, la baracca venne ricostruita su palafitta sottraendola al pericolo di essere di nuovo inondata. Posteriormente, divenuta sede di un circolo ENAL, sarebbe cominciata l'attività di ristorazione che ancora continua.
Dipinta di azzurro, sempre chiusa, un po' misteriosa e dove ancora non si vendevano nè bibite nè gelati, era lì dov' è adesso di fronte alle sopra elevate garitte, colpevolmente demolite da tempo, delle ex colonie padane. Per prendere fiato ad una di queste appoggiavo, legata stretta in una fascina, la legna che avevo tagliato sull'argine del “primo baracchino”, in sponda piacentina. Prendevo fiato, aspettavo speranzoso il manifestarsi solidale della benevolenza di qualcuno dei carrettieri che, proprio in quel punto, imboccavano la via del Sale per portare i loro carichi d' inerti ai cantieri della città. Aspettavo ed intanto mi interrogavo che cosa poteva essere o essere stata quella baracca che pareva disabitata, che aveva alle spalle la vasta area bonificata divenuta luogo di giochi e scorribande, dove in un punto lontano sembrava congiungersi al viale.
Certamente la lanca occupava anche la parte destra della via del Sale fra l'argine maestro ed il Po, probabilmente già prosciugata al tempo del ricordo che Maria Biselli fece a Franco Dolci. Prima che sopra quell'area venissero costruiti piscina, bocciodromo, parco fiera, e circuito ciclabile; insomma quando ancora era terreno per le nostre interminabili partite di calcio era visibile un solco che la percorreva tutta in senso longitudinale. La fenditura sotto passava la via del Sale poco oltre di dove adesso si trova il ristorante Dordoni ed il luogo è visibile dalla strada. Si trattava certamente del canale di bonifica attraverso il quale l'acqua della lanca venne evacuata e scaricata a Po, oltre la cascina “Bosconcello”.
Propaggini estreme di quella vasta zona umida ed ultime a sparire furono certamente le due comunicanti lanche nei pressi della cascina Boscone, colpevolmente interrate a ridosso degli anni sessanta. A ricordo e testimonianza della rigogliosità della vegetazione di quel luogo rimangono alcune piante a margine della stradina che discende dall'argine maestro e che le separava.
Le due fotografie sono di Ezio Quiresi: la prima del 1953, intitolata "vento in spiaggia", la seconda del 1964 intitolata "Ponticello beach"
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