17 ottobre 2023

"A cavàa el véen, se stràcia li bràaghi". E nella stagione del vino la ricetta della "composta di mosto d'uva". "El süüch"

Ottobre è il mese del vino. Una tradizione antica anche a Cremona quella di farsi il vino in casa, anche nel cremonese quando le campagne erano piene di viti. Come Mario Levi nel suo "Vecchia Cremona" racconta (1955): "Oggi di uva per la vinatura, non ne affluisce certamente in città come una volta, quando in tutte le case si usava fare il vino; la moderna industria, fornisce vini tipici, che non possono dar luogo a sorprese. Però di affezionati all'usanza di farsi il vino in casa ve ne sono ancora, sia fra gli osti che tra i privati. Nel 1952, per esempio, sono entrati oltre 24mila quintali d'uva nell'ambito del Comune, dei quali 8mila quintali per i privati, secondo i dati del Dazio)". Mario Levi racconta poi che all'inizio del Novecento alle porte c'erano centinaia di carri in fila dalla campagna di cento e più carri. E uno per volta dovevano passare sulla bilancia per la pesatura e la conseguente determinazione della tassa da pagare. Si racconta poi che in una stagione passavano almeno cinquemila "benasse" ed erano almeno 50mila i quintali d'uva destinati a riempire le botti di quasi tutte le famiglie della città. Altri tempi. Prima di passare ad una ricetta tipica cremonese di stagione, quella del sugo d'uva ("El  süüch") ecco alcuni modi di dire dialettali sul vino dagli appunti del professor Gianfranco Taglietti.

-A cavàa el véen, se stràcia li bràaghi (a spillare il vino, ci si macchiano le braghe; il proverbio corrisponde all'altro che recita: chi va al mulino s'infarina)

- A quèi che ghe piàas mìia el véen, el Signùur el ghe tóoga l'àaqua

- El lambrösch 'l è 'l sampàgn d'i puarèt.

- El pàan, fin che 'l düüra; el véen, cun mizüüra.

- El véen a bòon mercàat el màanda 'l òm a 'l uspedàal.

- El vèen bòon el fa sèensa la fràasca. (la 'frasca' esposta- un tempo- fuori dal locale era un richiamo... pubblicitario; ma quando il vino è buono la voce corre e la pubblicità è superflua)

- El véen e li dùni i fa pèerder la téesta. 

-El véen 'l è 'l làt d'i véc.

- El véen 'l è cùma i bazéen: en bicéer el càava mìia la séet...

- El vèen püsèe bòon 'l è quèl che se béef a ca' d'i àalter.

- I móor quèi che béef e i móor quèi che béef mìia...!

- Chi gh'à inventàat el béever in véen, se 'l è mìia in Paradìis, el gh'è vezéen.

- 'L òm el se cunùs quàan' 'l è imbriàach. -

-'L' ööltim bicéer 'l è quèl che imberiàaga. 

La composta di mosto d'uva secondo Giancarlo Duranti:

Ingredienti e dosi per 4 persone: 2 litri di mosto d'uva 4 cucchiai di farina bianca - vino rosso q.b.

Mettere il mosto d'uva passato allo staccio fine, in una casseruola, portatelo ad ebollizione a fuoco moderato, e continuare la cottura per 2-3 ore sempre rimestando e schiumando. Quando il composto non farà più schiuma aggiungere la farina bianca sempre rimescolando, e protrarre la cottura per altri 15 minuti. Versare il composto nello stampo precedentemente bagnato con vino rosso, mettetelo un poco al fresco, poi sfromatelo sul piatto da portata. (da "Della suavità di sapori nella cucina rustica cremonese")

 

La ricetta de "El süüch" (il sugo, budino fatto con il mosto) seconda Lydia Visioli Galetti

Ingredienti: 6 bicchieri di mosto d'uva rossa appena pigiata, 6 cucchiai di farina, 5 cucchiai di zucchero.

Miscelare bene la farina con lo zucchero, quindi stemperare con un poco di mosto, evitando che si formino grumi, e procedere versando a poco a poco il restante mosto e amalgamare il tutto. Fare poi addensare a fuoco lento, sempre mescolando. Versare in uno stampo non molto profondo o in tanti piccoli stampini monodose e, una volta rafferddato, rovesciare su un piatto di portata o sui singoli piattini.

Una variante interessante è quella che prevede l'utlizzo dell'uva anzichè del mosto. In tal caso bisogna lavare ben i grappoli (meglio di uva fragolina o "americana", ndr), quindi farli asciugare, sgranare i chicchi, metterli a bollire per almeno mezz'ora, farli raffreddare, passarli dal passaverdure tenendo solo il succo e scartando bucce e semi. A ogni litro di mosto così ottenuti vanno aggiunti 5 cucchiai di farina bianca. A questo punto il procedimento diventa identico al precedente: alcuni preferiscono il gusto asprigno del mosto e perciò in questo caso, ma anche nel caso precedente, diminuiscono o addirittura eliminano lo zucchero.

I buongustai preferiscono lasciar riposare il sugo per qualche giorno così che si formi sulla superficie una sorta di velatura bianca costruita da puntini di sostanza zuccherina affiorante. (da "Cui pée sòta 'l tàaol")

Nella foto il vino appensa imbottigliato nell'osteria La Piccola di via Dante (foto Ezio Quiresi)

Mario Pasquali


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