8 febbraio 2025

Dolci di Carnevale? Che vadano a farsi friggere! (E mandèghè ànca chi l'ha scritt)

Carnevale va da dopo l'Epifania (che si chiama anche pasquetta, anche se la madonna, maieuticamente, ha dato alla luce il soggetto protagonista, figlio del principale, da soli 12 giorni) al martedì grasso, prima del mercoledì delle ceneri che, a sua volta, dà la stura alla quaresima, la quale, per i poveri cristi, ha una durata decisamente superiore ai quaranta giorni canonici, dato che, in canonica, cumà sè dìis, prèet e pùi jè mai sàdui.*

*Moto canzonatorio (preti e polli non sono mai satolli) al riguardo del clero. Si celia sull'inappetenza impercettibile dei prelati, accostandola inverecondamente a quella dei bipedi, pur non giungendo mai a paragonarla alla voracità degli inamovibili residenti sugli scranni di Montecitorio. Vedasi foto allegata dell'epigrafe, posta sotto la loggia dei Militi di fronte al duomo di Cremona, firmata Mauro Macchi, recitante, circamenoquasilmente: "...lascio un bel tot di palanche, possedimenti vari e tenute miste, ai puarètt disgrasiàat e voglio che solo a costoro vengano date, ESCLUSA OGNI INGERENZA CLERICALE. Relata refero.

Qui sorge spontanea la domanda, poi tramonterà forzatamente: in un lascito si possono lasciare delle tenute? Strani calcoli servono a stabilire la pasqua e di conseguenza la quaresima, il cui inizio, mercoledi delle ceneri, delinea e delimita il martedì grasso, giorno carnascialesco per eccellenza, dato che i prodromi delle penitenze, dei digiuni, dei fioretti, dei sacrifici, del mangiar di magro, per quaranta giorni, cristianamente, ci renderanno edotti sul futuro che il messia targato USA, ha in serbo (di slovena ha la consorte) per noi.

Pasqua dev'essere sempre di domenica -plenilunio obbligatorio- e può variare una ventottina di giorni, da fine marzo a fine aprile, rendendo agli infedeli complicato il computo delle date riguardanti il redentore, dato che ogni anno nasce lo stesso giorno e ogni anno muore in uno diverso. 

L'acume contadino, con i pocherrimissimi ingredienti a disposizione, ovvero farina, uova, zucchero, strutto (e basta l'è finìida lé) si ingegnava ad ammanire frittelle (fritt L, fritule, frituli, fritole: esportate a Venesia, [dove non capirò mai perché hanno allagato tutte le strade] da un grigiorosso, Giambonino from Gazzo di Pieve S. Giacomo, non certo medegòt o cerusico, ma pròpria 'n dutùur, tòh ciàpa ostreghéta, ciò!)

Farina & company divenivano pure bariguléen (alias camandui, castagnole) latüüghe, qui di seguito la pletora dell'italico stivale degli alias: scarciòfulilatùughi, galani, frappe, crostoli, fregnacce, bugie, chiacchiere, ma si chiamano anche stracci, cenci, nacatole, grostoli (con la g) grispelle, ciacole, galle, sprelle, vanti. E son sempre la stessa leccorniosa pappatoria. Altri nomi: crogetti, cioffe, sossole, sfrappole, busie. Notare please, come l'accezione afferente a chiacchiere, fregnacce, bugie, sia di pettegolezzo, diceria, falsità: troverete le ricette di queste specialità non su M@sterchef, ma nei TG).

Dopo l'odeporico viaggio nell'italico gnam carnascialesco, vado alla scaturigine (fine delle parole difficili) di questi dolci tutti uguali, ma dal nome diverso. É la medesima: pasta fritta, nello strutto al nord, nell'olio al sud. Da noi latüüghe, latüüghi, scarciòfule, scarciòfuli, sono figlie legittime della pasta sfoglia, déla fujàada, pér capìisè. Quando si finiva di marubinarla restava qualche pezzo di sfoglia, la si tagliava a rombi, si incideva un taglio in mezzo e la si schiaffava sulla stufa rovente. Non era un dolce, era un inganno per la fame, dal nome eloquente, data la sua forma richiamante quel grazioso bivalve dal sorriso verticale: fighèta.

Carnevale non era solo il godurioso asciolvere, era anche il mascherarsi, ma mascherarsi per rendersi irriconoscibili, non per travestirsi. Si andava, da bimbi, di casa in casa, mascherati veramente, vuol dire con la maschera (per non farsi riconoscere) questuando i dolcetti summenzionati e intascando -inzuccherandole- le saccocce, nonché le boccucce non ancora avezze ai rudimenti salutistici ben al di là da venire, essendo, all'epoca, lontano l'avvento dei nutraceutici, dei vegetariani, dei frugifagi, dei vegani, dei crudisti. Ero bimbo, onnivoro; ora incropito ometto 73enne, sempre indefessamente, pervicacemente, convintamente, biodegradabilmente (e chi più ne ha più ne mente) onnivoro, pér l'ostrèga!

Nei primi anni '80 del secolo scorso, a Cremona, v'era la sfilata dei màaschèr, presenziai vestito da prete, in coppia con la morosa (questa non la metto in corsivo) vestita da suora artificialmente incinta, con la complicità della cicogna che ci recapitò un cuscino. Incontrammo un màaschèr vestito da cardinale che, additando la gestante, futura primipara, la espose al pubblico ludibrio sentenziando "L'è la vergùgna dèl cunvèent!".

Fu bellissimo, transitando innanzi al collegio della Beata Vergine (un evidente ossimoro) notare lo sguardo della madre badessa, dapprima compiaciuta dal trio ecclesiastico in ordine di rango, poi quando le fu chiara la svista dello spirito santo, la contrarietà si appropriò del suo volto e lo girò altrove, probabilmente pensando ad intercedere per un'indulgenza plenaria da invocare al suo principale, abitualmente locato piuttosto in alto. Io, da fotografo, mi fermo al primo piano. Sorrida! Click.

I paisàan, di fantasia e miseria, essendo soprattutto quest'ultima, "a gratis" ne avevano in sovrabbondanza (nessuno ci teneva ad alleggerirli da tale soma, dovevano portarla, rassegnati, da bravi somari) nelle loro cucine graveolenti friggevano (strutto obbligatorio) quelle golosità che i bambini agognavano da un anno e che un ulteriore anno li avrebbe separati dalla successiva sbafatio.

Quanto il sapore, la gioia, il goderne, lo si deve a quell'attesa? Ora tutto l'anno possiamo trovare queste tentazioni iperglicemizzanti, ma l'entusiasmo di gustarle è scevrato dalla facilità dell'approvvigionamento, con mulinibianchitudinosi prodotti dai nomi mulinibiancosi tipo Le Prendimingirole, Le Frottole, I Biscottoli ai 7 nani, uno per cereale e senza olio di gomito. Li troviamo già pronti, non c'è più l'affetto a farli, ci pensa il businnes planning, siamo consumatori. Paga, Pantalone! Il progresso ci ha piallato la strada, ma cosa abbiamo perso in quei trucioli?

Prima si friggeva in casa e il cesso era fuori, ora il bagno è in casa e si frigge fuori. Che si provi a smentirlo! Prima c'era la cucina, ora l'angolo cottura (mentre io, da oste/fotografo ho il grandangolo cottura) dove microondano vettovaglie cellophanate, riscaldano col phon, o preparano bistecche ai ferri da stiro. Gentaglia il cui menù stagionale non va mai oltre al tramezzino in estate e al toast in inverno. Non ci sono più le mezze stagioni, da quando le quattro stagioni sono passate da Vivaldi al forno delle pizze. Esistessero ancora le mezze stagioni, tagliate a metà le quattro, diverrebbero otto.

Prima c'era la padella dei fritti, ora la friggitrice "a daria" (la stessa Daria del condizionatore, che poi è ovvio si dia delle arie e faccia la ventilattrice, abbia una camera Daria e produca dolci -i dessert del Sahara- col marchio DromeDaria). Dato che i colesteroli (quello buono e quello cattivo) sono demonizzati dagli ortoressici, questi sono invisi ai +, non sanno, tapini, che se non ne avessimo affatto, l'organismo arriverebbe a produrli, a biosintetizzarli, per essere precisi, dato che non sono un semplici8. Vidi tale mefistofelica idiozia appalesarsi in un ristorante allorquando una bipede, la cui distanza dall'intelligenza la misurai in ere geologiche luce, tolse il grasso al prosciutto e poi maionesò le patatine fritte senza nemmeno preventivamente strizzarle. 

I bumbunìin sono gli unici dolci (assieme ai benèdètt dè Vescuàat, che si fanno solo dopo l'Epifania, ma non il giorno di carnevale; sono qui sopra, fotografati da un bravo fotografo di Vescovato) non fritti ma da forno. Fritti invece lo sono, eccome, i camandui o barigulèen o castagnole, sorta di gnocchi fritti ammantati di zucchero a velo non islamico. Grazioso il loro nome per etichettare marmocchi malati di intraprendente gioventù: camandùl equivale a balòs, bricconcello, mentre barigulèen è più affettuoso, più dolce, più per bimbi ancora battufoliformi, paciarotti.

Tranquilli che lo strutto o il burro, in essi presente (sono tornato ai bumbunìin) è in dose sufficientemente procolesterolica. Io, goloso impenitente (per ora, now, adèss; poi quando mi chiameranno al piano di sopra, pagherò il fio: di certo mi lamenterò della temperatura [forse il piano è di sotto] ma non della compagnia) prediligo i bumbunìin àla sigugnòola, che vòol dìi di Cicognolo, magari fatti dalle manine sante di Rina Cuel dè l'Umbreléer che ha smesso di farli non certo per sua volontà.

Suntèen àla fìin. Manca la spiegazione dei bumbunìin (lemma del contado) o bumbunèen (in vernacolo magna phaselus) e dalla chiarerrima etimologia franzosa, bombons, dato che per qualche anno e briscola siamo stati oltre che celti, romani, spagnoli, veneziani ciò, teteski ja, elvetici et aussi français, mais oui! Riempio la lacuna immantinentemente.

The boombunyns at the Sigugnòola style, si differenziano dagli altri, più somiglianti a biscotti, per via dell'aggiunta di liquore (fernet abitualmente, o casalingo nocino non nocivo) e della lievitazione che crea una graziosa scrocchiosissima nicchia al suo interno. Hanno diverse forme, cuori, fiori, coniglietti, stelle (nessuna misclèn) ma per l'autenticità, fieramente contadina, tre stelle gliele appioppo io, lo giuro, altrimenti che mi venga un colpo mentre sto scriv

[Cosa quest'ultima, auspicata da molti.] Lilluccio Bartoli, attempato neonato e refrattario alla serietà, sul serio. https://www.facebook.com/profile.php?id=100064843839189

Lilluccio Bartoli


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commenti


Lilluccio Bartoli

8 febbraio 2025 10:12

Ricevo, quindi copio & incollo e gongolo...

Ti sei superato. Un pezzo di bravura che dimostra conoscenza, cultura e amore per la nostra terra. Ovviamente ho coinvolto chela fritoula di mia moglie nella risata...

Lilluccio Bartoli

8 febbraio 2025 15:23

I commenti li mandano a ma, na io libgiro qui. Questo è uno...

Il tuo bombardamento terminologico crea una sorta di eco interminabile accompagnata da solerte godimento semantico e ludico. Il lirismo terminologico viene ancor più valorizzato dall’accompagnamento figurativo fotografico.
Agostino e Rosella ( tuoi ammiratori ed estimatori)

Quirico

8 febbraio 2025 16:05

Te sèè en fenomeno
Go via de vedììte e de faa 3 ciaceri
Naturalmente
Cui prendere sòta a tal
Ciau

Lilluccio Bartoli

8 febbraio 2025 17:31

More solito, ricevo, copio, incollo, divulgo..


Letto tre volte sei un mito davvero!
Cultura e sorriso doti rarissime!
Maurizio Selvatico

Stavolta ti anticipo io: bravo, bravo, bravo. Letto al volo, non gli manca nulla, c'è tutto quello che serve per raccontare quei dolci e la loro storia, il loro significato che oggi ahimè si è perso. Ma io li ho assaggiati tutti, fatti a mano da mia nonna 🤤😋!
Michela Garatti

Lilluccio Bartoli

8 febbraio 2025 18:08

Anche qui riporto quel che han scritto a me...

Mi sono permesso di inoltrare la tua lectio magistralis sui dolcetti e mi han risposto che han dovuto ricorrere al Devoto Oli e di salutarti tanto.Ciao e complimenti.

Lilluccio Bartoli

9 febbraio 2025 19:42

Mi han spedito questo commento.

...sei un baule di ricordi culinari da conservare gelosamente e trasmettere ai posteri con orgoglio.

Lilluccio Bartoli

9 febbraio 2025 19:49

Faccio un peccato di superbia e riporto un commento giuntomi...

Grazie a Te, portatore sano di intelligenza!🧠

Rosella

9 febbraio 2025 22:43

La vita cominciò con un peccato di gola...chiederò l'indulgenza plenaria; oggi ho fatto indigestione delle tue fregnacce e respirato più fritto che ossigeno!!!

Rosella

9 febbraio 2025 22:53

Bartoli è da prendere a piccole dosi...crea dipendenza!!!