Sono stato invitato ad una festa del maiale, è probabile che il suino mi rubi il ruolo di protagonista. I miei denti, alla sola idea, non hanno ancora smesso d'applaudire. Sanno che dovranno affrontare ciccioli alias gratòon (daghè n'uciàada alle foto, mentre li preparo e dopo che li ho preparati) "verze matte" (alias rìis & vèerze, immortalate anch'esse) ossa da spolpare, tùurta dé nimàal ed esami del sangue da driblare.
Essendo (s ndo) refrattario alla serietà -alla mia (seri)età posso permettermelo- ecco un Bartolink col video di me
at the fornells with the foolish verzs in progress (in pro grass l'è mèi) https://www.facebook.com/share/v/15sPGQid6M/
Le "vèerze màte" (dialetto cittadino, in campagna vèerzi màti) erano il piatto d'obbligo durante la mattanza suina. Brodo di spolpatissime ossa porcelliche (èl masalèer e il padrone di casa davano la priorità ai salami) riso, verze ed una manciata dè pistüm, alias pasta del futuro salame non ancora insaccato, che così fungeva da primo assaggio, divinandone il futuro. Pochi si potevano permettere il tastasàal, ovvero il sopramenzionato pistüm, schiaffato sulla stufa e sfrigolantemente cotto virilmente senza tegami o condimenti.
Mi vergogno, per rendere edotti i lettori ancora in credito con l'età (al ristorante, chiedendo un uovo alla coque, me l'hanno fatto pagare in anticipo, ergo sto finendo il credito) a fare il paragone del tastàasal con l'hamburger, solenne emblema del nefast food, ma sono senza vergogna e quindi l'ho scritto.
La festa del maiale è una poesia scritta più che a strofe, a scrofe, (battuta very verri nice!)
Scrivesi festa, pronunciasi funerale e trattandosi di funerale di un familiare che ha affrontato della morte a fronte della mortadella, sono disposto a lutto, pur di presenziare da pari a pari alle esequie (ex equo: ecco perché da pari a pari) di un ex suino. É pane per miei denti e con la mortadella è la morte sua, certo non mia. Più che una dimostrazione d'affetto è da affettato, passaggio obbligato per tramutarsi da scontroso a squisito, come lo diventò, quando, trasferendosi da Abbiategrasso a Grosseto (in Maremma maiala) incontrò la donna -si fa per dire- della sua vita.
Al primo incontro si preparò dopo un bel bagnetto nell'acqua calda con carota sedano e cipolla (perché era cotto di lei) fischiettando il motivo del film "Torna a casa lessi" (film recitato da cani che hanno visto tutti: cani e porci).
Quand'erano a tavola (molto prima di esserci in veste di antipasti) lui le faceva affettuosamente il piedino (col piede di porco) e la voleva sempre accanto alle altre posate (così d'avere cucchiaio coltello e phorchetta sempre vicini) e poter parlare del suo sogno d'andare in Sudamerica dove metter su casa in Cile: il porcile.
L'idea di finire in medio oriente dove tutti lo avrebbero salutato con "Salam!" gli faceva venire l'Arabia. Ricordo d'aver fatto io le foto per il passaporco.
Progettavano una vita insieme nella nuova casa (una casa dove poter appendere, non dei prosciutti, ma un suo ritratto osè: la Maial desnuda) lui avrebbe messo su pancetta e voleva che lei facesse un po' di soldi con la fessurina sulla schiena come aveva visto su tutti i salvadanai a forma di porcellino.
Lei accolse gioiosa la sua richiesta e fece molti soldi con la fessurina posizionata diversamente. La storia finì quando la porcella chiese la parcella, e lui le disse "porca puttana".
Tutta la cascina partecipava alla insalamazione (anche, obtorto capocollo, il maiale) una sorta di do ut des(uin) che prevedeva il ricambio del favore quando la malasorte avrebbe incrociato la strada al maiale del vicino, causandone un esiziale frontale e la conseguente prassi della constatazione amichevole, alla presenza di tutti i testimoni del sinistro.
Va annotato che il quadrupede, oggetto della festa, non aveva altre occasioni per festeggiare, nemmeno il compleanno, si risparmiava pure sulla spesa della candelina, dato che quel traguardo veniva tagliato prima, unitamente alla sua gola. La torta si faceva dopo, col festeggiato contumace: sé fìiva la tùurta dè nimàal, piatto solipsistico, granguignolesco, splancnico [fine dei termini dotti] fatto di strutto, sangue, cipolle, latte, buccia di limone e grana finale, di cui ovviamente sono ghi8 anche se la derrata esime dai dettami della nutraceutica.
La festa la si fa (notare le note, please: la si fa, note dolenti per il porco) da quando la miseria aveva più libera circolazione di oggi (ecco perché si dice porca miseria) il grasso del maiale era l'unico "unto" usato in cucina e solo in casi estremi (vedi estrema unzione) infatti, a quei tempi, non c'era certo il pericolo del colesTirolo - Alto Adipe (e con questa fesseria faccio una magra figura così sembro più snello).
Strana festa, quella del maiale, il festeggiato, abitualmente dissente dall'esserlo, ed esprime tutto il suo disappunto quando è fatto oggetto delle attenzioni del "masalèer-norcino" (un incrocio tra macellaio e lanciatore di coltelli con diritto di precedenza -trattandosi di un incrocio- per quest'ultimo) infatti non è così scemo d'aver le fette di salame sugli occhi per non capire che lo stanno prendendo per il culatello e che si trova in un mare di guai.
Se fosse in una montagna di guai -dato che lo stanno prendendo per il culatello- la montagna sarebbe il Kiappa 2 nella catena dell'Himayala (leggi bene: Hi-mayala) montagna che, per essere scalata, abbisogna di qualcosa di pìu pesante della maglieria intima di marca (vedi Robe di Kiappa).
Torniamo al mare di guai al quale prestare molta attenzione (e poi farsela restituire -se si presta l'attenzione poi si restituisce- non so se rendo l'idea, dato che nessuno me l'ha prestata) e quindi, come si dice da noi "stare alla gatta" (ovvero prestare attenzione, e daje col prestare!) perchè tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampone. La gatta è un felino e il salame di Felino (sono due cose diverse) hanno qualcosa in municipio, cioè in comune: la pelle; infatti sia il Felino che la gatta, sono da pelare.
In questo mare vorrebbe prendere il largo, ma il masalèer invece di fargli prendere il largo, va a prendergli il lardo e così, rapinato del grasso (tipico caso di grassazione) griderà inutilmente al lardo! al lardo!
Il lavoro del masalèer è quasi religioso: all'oratorio un prete malaticcio, il curato, lo vedeva sempre presente all'ora di cotechismo dove apprendeva che le reliquie partivano dal sangue di San Gennaro (anche se il protettore del sangue è San Guisuga) per arrivare al prosciutto di San Daniele (con San Secondo a fargli da spalla) e con la benedizione di San Giovese. (Si capisce che abito ad Ognissanti?)
Sarà una premura del "masalèer" sfilargli il maglioncino di setole (il pig maglione), fatto con la porcellana (porcell lana) e a mettere in ordine i suoi ossicini sentendosi prima sp-ossato poi di strutto.
Tuttavia la sua riottosa contrarietà viene poi meno, affievolendosi via via in lucaniche et similia, uscendo dalla festa non malconcio, ma ben concio (quindi conciato per le feste) con dovizia di droghe e spezie alle quali, in seguito, si sentirà particolarmente legato con appropriati lacci suin generis...
Vorrei firmare, fotografo dalla nascita e oste subito dopo, amico per la pelle, anzi per la cotica del "nimàal" e strenuo estimatore dei derivati suineschi. Sono insultabile a volontà, nei commenti qui sotto, ci mancherebbe altro.
Adesso firmo: Lilluccio Bartoli, tòh ciàpa.
commenti
Lilluccio Bartoli
7 gennaio 2025 08:18
L'ho proprio scritto io? Non scritto quindi dall'intelligenza artificiale, ma da un portatore sano di stupidità naturale e deficienza artigianale? Sì, oui, da, ja, yes!
Marco G
7 gennaio 2025 10:16
Esilarante
Giuseppe FRANZOSI
7 gennaio 2025 16:15
Tutto bello ma adesso se fai la turta de nimal in un 'osteria ti arrestano per omicidio😂😂
Lilluccio Bartoli
7 gennaio 2025 16:53
I vegani sono i migliori amici di cani e gatti che, per antiche consuetudini, sono carnivori.
Jim
8 gennaio 2025 16:08
Bartoli in t-shirt: "Cusa disèt Diego,el mangi töt chel nimàl che?"... Diego in felpa azzurra:" So che te sèt de búca bùna..El mia en po' tròp?.Intànt me ghe bevi a súra.. Prosit" PS: Il finale non è difficile da indovinare...(jgm)