24 dicembre 2024

Si ripete la tradizione, la cena per l'arrivo dell'inverno al freddo in golena

Come essere certi d'aver a che fare con dei veri "dementi"? Semplice: basta organizzare una cena il 21 dicembre, all'aperto, in golena, a 100 metri dal Po. 

Il promotore di tale folle (guai se non lo fosse) iniziativa è il portatore sano di bisbocce, lo sciagurato Vitaliano Daolio unitamente alla di lui moglie Roberta (l'aggettivo sciagurato l'ho apposto apposta affinchè il lettore, mosso da motivi di cristiana pietà, comprenda di quanta comprensione abbisogni la consorte). Paolo Panni, confirmatario di questo resoconto, l'ho conosciuto lì, quindi l'è a pòst, puàrìin ànca lüu!

Come si organizza? Si mette una calamita per folli sotto il tavolo e questi verrano attratti magneticamente (avverbio che deriva da gnam e di conseguenza magn [abitualmente smodatamente]) al desco. 

Da anni presenzio a tale simposio e debbo confessare che tra gli accoliti (alcoliti sarebbe più meglissimo) v'è una certa penuria di vegani ed astemi, conditio sine qua non, per poter attingere all'antigelo copiosamente presente on the table, di cui ciascuno si serve non in dosi omeopatiche e fidando assai nella buonasorte di avere una sola patente da rischiare. Quindi, a completamento del titolo della rubrica, l'appetito vien mangiando ma anche bevendo.

La koinè accomunante i bisbocciatori è il Po, una cosa acquatica che corre in un silenzio meditabondo e al quale i soggetti e soggette presenti, sono devoti/e. Il linkedin degli sfaccendati affrontatori di gelo, annoverava anche, oltre a stipendiati Inps...

Scansatori professionisti di fatica come fotografi barra osti, meccanici dediti alla pesca e altro intuibile frutto, navigatori vari di barche e motonavi d'acqua dolce con dimestichezze notevoli nell'affrontare mari di guai, pasticceri portatori sani di zuppe inglesi commoventemente madide (vòol dìì imbagarèenti) di rum, appositamente sesquipedalmente stracariche per affrontare i (f)rigori del clima ma non l'etilometro, mogli varie dei summenzionati in qualità di archiatre, professoresse, campionesse olimpioniche e cinture nere di sopportazione.

A queste vanno aggiunti, architetti skipper abbonati con tariffa flat alla sfiga indisdicibile e premiati focaccisti nonchè risolvitori di qualsiasi problema (basta non essere quelli propri). 

Legati all'acqua ed anche al vino (la cui componentistica è circamenoquasilmente il 90% chiedere informazioni a Lisandèer Manzoni che esclamò, una volta venutolo sinistramente a sapere : "Da bùn, ta mè dè üna gran brüta nutisia!") ex meatori ora vigili del fuoco adusi all'acqua ma non al sollevamento gonne, cimento nel quale non riescono ad ottemperare con la frequenza desiderata.

La fauna presente, manducatrice dalle mandibole feroci, dèli vèeri bucàsì sladinàadi (in dialètt citadèen: dèle vere bucàse sladinààde) ha incenerito robuste e sancarùudi/e (vuol dire massicciamente robuste) overdosi di lipidinosi (con la p: T9 và a dàa vìia i ciapp!) salàm & gratòon, corroborante trippa coi ceci, uno sprovveduto cinghiale che ha attraversato la strada senza osservare i diritti di precedenza e che era invitato a tavola in duplice veste: nel risotto e con la polenta, con essa, furbescamente, si riparava dal freddo stazionante sul sottozero, alleviandoci dal rigore dell'aere.

Un suo stretto parente, èl nimààl, debitamente acconciato con le verze, quindi per le feste, ristorava e consolava noi tutti che amiamo gli animali con una predilizione per quelli cotti, lenendoci il dolore per il suo passaggio al mondo ctonio e in quello dell'ade, dove lo raggiungeremo non con quella fretta a lui imposta.

Un suo collega iberico (vuol dire della Spagna, dove i tori, alle corride, si divertono da morire) ha altresì donato un osso di prosciutto pata negra alla zuppa di fagioli, omaggiandola di effluvi che sapientemente Vitaliano ha saputo ammanire e che noi, ignorantemente, abbiamo sottoposto a smodata sbaphatio, in dialètt gùm fàt i slifrucòon.

La donazione in oggetto non ha generato intolleranza alcuna, solo qualche sinistra previsione sull'intasamento da traffico di asterischi sui prossimi esami del sangue.

Dato il rigore sottozeramente temperaturistico, una foca(ccia)  artoicamente, accompagnava le derrate prendendole a braccetto assieme a vari pani con una n sola, non come l'intestatario delle altre due mani a firma di questo (lo vogliamo chiamare così?) articolo. 

Le foto, qualcuno/a, potrebbe scambiarle per quelle di un presepe. Una visione attenta lo/a renderà edotto/a che l'abbondanza di asini presenti, non collima con quello di un vero presepe, dove il protagonista principale ha riposto in noi tutti una fede incrollabile che vacillerebbe solamente allorquando a Cana non dovesse riuscirgli una magia di cui si favoleggia e ci è giunta voce.

Non manco da vent'anni, con questa conventicola di squinternati alla cena del solstizio, solscaio, solsempronio, che non se la sente di rinsavire. Perderei la patente di immaturo rimbambito. Anche quest'anno, mi è stata rinnovata!

Lilluccio Bartoli

Ben venga questa cena del solstizio, divenuta una tradizione gustosa, nel vero e più ampio senso del termine, perché quando gli amici si ritrovano con i "piedi sotto al tavolo" è sempre cosa buona e senz’altro giusta. Dei tanti ritrovi nella notte che segna il passaggio dall’autunno all’inverno, quello senz’altro passato alla storia è stato quello del 21 dicembre 2012. Data che alcuni dementi (in questo caso senza virgolette) avevano individuato come quella della fine del mondo, tirando in ballo nientemeno che i Maya, oltretutto in malafede, evidentemente con lo scopo di specularci. Quella data, dalla quale sono passati dodici anni (e siamo ancora qui) rappresentava semplicemente (e non la si vuol fare lunga) la fine di un ciclo e l’inizio di un altro, ma non c’era nessuna fine del mondo annunciata dai Maya.  All’epoca addirittura il centralino della Nasa era stato preso d’assalto da chiamate di cittadini ansiosi, al punto che l’agenzia spaziale americana decise di allestire un sito web per tranquillizzare gli americani, tra i quali c’era stato persino chi si era rinchiuso nei bunker. E sul web chiariva: “Il mondo non finirà nel 2012, il nostro pianeta andrà avanti per altri quattro miliardi di anni, e scienziati credibili in tutto il mondo sanno che non ci sono minacce legate al 2012. Quella data rappresentava la fine dell’anno secondo i Maya, ma così come il nostro calendario inizia di nuovo ogni 1° gennaio, così anche per i Maya inizia un nuovo anno. In quella occasione si era chiamata, sarcasticamente, la “Cena dei Superstiti”, certi del fatto che con quello che c’era in tavola (e nel bicchiere) si sarebbe evitata qualsiasi catastrofe. Visto che i superstiti sono poi stati tantissimi (e ci mancherebbe altro) quella di Motta Baluffi, a due passi dal fiume, è tornata ad essere la classica “Cena del Solstizio”: uno di quei momenti che chi vive sul fiume, chi vive il fiume, chi è nato sul fiume, ha bisogno di vivere e di raccontare. Non è stato fatto nulla di colossale, per carità, nulla di memorabile e nulla che potrà passare alla storia. Ma da queste parti la storia è soprattutto quella fatta dalla gente, nella quotidianità, nell’amicizia, con la gambe sotto al tavolo. Magari gustando le specialità nate dalle mani abili e dalla mente vivace di personaggi come Lilluccio Bartoli, filosofo, fotografo e cuoco che nel piatto sa condire, con ogni specialità, una buona dose di amicizia.

Eremita del Po, Paolo Panni

 


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commenti


Lilluccio Bartoli

24 dicembre 2024 09:05

Inspiegabilmente, Paolo Panni, non si è ancora pentito d'avermi conosciuto e aver scritto, con me, del Po.
Rimedierà a presto.

Lilluccio Bartoli

25 dicembre 2024 21:58

Penso d'aver spiegato per bene, questa cosa dal titolo...
CENA DI SQUINTERNATI, BARRA SQUINTERNATE, ALL'APERTO DURANTE IL SOLSTIZIO D'INVERNO, ovvero bisboccia, folle, all'aperto, adrèe al Po, in gulèena, la notte del solstizio, solscaio, solsempronio.
Se qualcuno volesse approfondire la cosa e conseguire la patente in squinternatitudine, si presenti l'anno prossimo, se l'astemismo e la veganezza non sono nelle sue corde e verrà iniziato/a alla causa. Come raggiungere il luogo? Gettarsi dal ponte di Cremona, lasciarsi andare alla corrente e dopo una ventina di km girare a sinistra. Tutto qui.
Il comitato d'accoglienza vidimerà il/la nuovo/a accolito/a battenzandolo/a, obliterandolo/a col vin brulè.
Mija pòoch, sa disèt?