BarH (senza burattini) dove andare a far baracca
Si chiama proprio così: BarH, è in piazza a Grontardo e se si entra vinodeficienti, si esce vinomuniti. Bar, osteria, bottiglieria, enoteca, delikatessenvendoleria, coacervo di soggetti sapientemente sciagurati (potevo mancare?) insomma tutto questo: l'inferno degli astemi, il purgatorio dei vegetariani, il paradiso dei tossici grappolodipendenti che qui vengono per lo spaccio legale del loro ritirapatenti preferito e dove scarsamente si attengono alle dosi consigliate.
Oddio, il rischio di un'implosione dei piedi è da mettere in conto, in dialètt, quando è eccessiva, cioè fòora dal bùll*, la familiarizzazione con la spatentante spremuta d'uva, si dice che èl gàa i pèe rutùunt**.
Illuminante l'episodio raccontato dal barista/oste/sbottigliatore/enoteco/trincadùur*** che spiego dopo gli a*s*t*e*r*i*s*c*h*i*
*fòora dal bùll: letteralmente fuori dal bordo, pieno oltremodo (anzi olquattromodo) retaggio di quando siamo stati anche franzosi (modo di dire quando la boule -scudéla in dialètt- era riempita oltre l'orlo, fuori dalla boule, fòora dèl bùll, appunto. Fossimo stati britannici: outermost edge.
**pèe rutùunt: provare la vacillante stabilità del deambulare con i piedi sferici per comprenderne il significato.
***trincadùur: retaggio teutonico, siamo stati tedeschi (tugnìin, in dialètt) fino al 1859 quando franzosi e sardopiemontesi, ajo, boiafaust, a Solferino, palparono il sederino, intiepidendoglielo, alla compagine di Cecco Beppe. Deriva da trinken e da noi ha l'accezione di tracannare smodatamente, sgargarozzare smodatamente, bere smodatamente. È chiaretto?
Episodio illuminante. L'oste raccontò di un personaggio che, racimolate delle palanche*, le diede in carico al compagno di bisbocce non per assecondare l'arsura di cui entrambi (rimediabilmente) soffrivano: costui investì il gruzzolo in 4 (quattro) bottiglioni e affinchè l'enoica ambrosia non compisse il suo breve viaggio verso sud in tanta e desolante solitudine, 1 (un) pane. Il finanziatore lo redarguì immantinente: "Òstia, quàant pàan!".
*palanche: monete circolanti nei tempi addietro, quando si era così poveri da non avere nemmeno l'alito caldo. Senza scomodare la numismatica, moneta rarissima da trovare: infatti molti poveri depredati dalle decime, eppur dotati di dieci decimi, non ne hanno mai visto una.
In questo "slifruconoso"*, ghiotto, ghi8 bar oĺtre a birre defaticanti, trovate (senza cercare molto) vini di qualità eccelse o di grande fierezza contadina, la mesaillance di Champagne e Fortana faccia da esempio, a buon intenditor, buone bottiglie.
Ben esposte, con chiaramente indicati i prezzi alla mescita e alla vendita, fan bella mostra sugli scaffali come meretrici che il puttano dell'oste non vede l'ora di spogliare dal tappo per tastarne anch'egli il prezioso contenuto, trattenuto solo dal sughero che lui solleva garbatamente con la leggiadria con la quale si alza una gonna.
Le due cose, entrambe, töti dò, giü e l'otra, celano e disvelano tesori a cui l'assuefazione non si addice.
*slifrucòon: gourmet gourmand. Very esagerament goloso.
Capitateci il martedì, giorno di mercato, cun én scartòss dè merlüss, e come nelle vecchie osterie ve lo potrete gustare col vino acconcio, senza avvedervi che da secoli nelle osterie c'era lo street food, il fast food vero e non il nefast food.
Possibile che in cambusa, oltre ai òof in ajòon, ci sia del salame che, trovandolo eccessivamente lungo, l'oste ve lo accorcerà q.b. o formaggi del vicinato nostro o dirimpettaio (cremunées o bèrsàan) che vi verranno serviti con panbèscutt e pancagnèta (misto farina frumento/mais). A me venne portato del lardo, spacciato per cocco; trattasi di frode, aliud pro alio, ma quanto fui contento d'essere imbrogliato! Varcai il limen vegano/carnivoro al volo senza passaporco.
Da non perdere e da acquistare, fatto da api personali, il miele (la méel -femminile- in dialètt) e tante altre cose, come sughi (produzione anch'essa propissima) di cacciagione, selvaggina (la differenza? Piuma / Pelo. Chi lo sapeva?) Solo a scriverle mi si alza la glicemia e il colesterolo. Chissà dove andranno andare per alzarsi cosi presto? (Sono le 9.20 del mattino, nel cuore della notte. Appartengo alla categoria di chi non andrebbe mai a letto ma non si alzerebbe mai dal letto. L'avete letto?)
Ma in mezzo a tutte quelle bontà: paste, dolci, pani, grissini, olii, scatolette, vasetti, barattoli, conserve, sventurato/a lettore/trice che hai avuto il coraggio di arrivare fin qui dovrai deciderti...
Personalmente nell'indecisione tra due cose scelgo entrambe. Teoria non applicabile nella scelta del partner.
Ora non sai che pesci pigliare? Scorfano, nasello, o una piccola cernia spagnola, ovvero una cernita? Siete tutti indecisi tra la quadriglia (con 4 pinne e poco raccomandabile in gruppo, vedi squadriglia) e la triglia (con 3 pinne da prendere con la briglia se si striglia)? Vi prende la briga di prendere la biglia (con due pinne o, sottovoce, la bisbiglia, con due pinne doppie)? Oppure indugiate tra la maniglia (con una pinna) e la quisquiglia (senza neanche una pinna) domandandovi se un pesce giapponese che fa sci d' acqua lo fa su sci o sushi?
Anch'io non sapevo che pesci pigliare nello scegliere le foto da mettere in rete, allora ho fatto una retata nel mare di foto che ho e mi sono imbattuto nel mare(sciallo) impegnato anche lui in una retata; si era preso la briga(diere) di farla pescando di tutto: una stella marina, in compagnia della stella alpina, che, con una cozza e la piccozza, andavano per mari e monti, un palombo una palombara, un tonno una tonnara e un ghiozzo col singhiozzo che, per lo spavento, gli era passato e non sapeva più come chiamarsi. Pescò anche una foca piuttosto brutta ma buona, quindi una focaccia con le olive, servita poi con un Martini. L'essersi trovati, quel giorno, da quelle parti, era loro costata molto cara, poco biniere.
Durante il controllo dei documenti, le due stelle risultarono appartenere al firmamento dello spettacolo; erano due stelle del cinema: se fossero state tre stelle avrebbero lavorato per la guida Michelin. In questo firmamento (ma allora, un cielo pieno di firme cos'è: un referendum? Chiesi questo, nel seggio, non prima d' essermi lamentato della distanza della cabina dalla spiaggia, a Don Attilio -chiamandolo reverendum - ma non capì) la luce delle due stelle, siamo tornati nel firmamento, brillava non poco, forse perché ubriache di luce: pertanto, brille. Una stella faceva l'attrice, era molto calcolata, una calcol-attrice dai molteplici ruoli, che non sopportava essere impiegata per moltiplicare pani e pesci (prerogativa che sembra essere ad esclusivo appannaggio di un Signore) anche perché era una star di Broadway, il famoso Broadway Star.
Essendo calcol-attrice, addizionava party su party sottraendo parti alle al3. Molteplici erano i ruoli che ricopriva dividendosi sui vari set, arrivando a dividere un set, in due da tre e mez. L'altra stella, più propensa a ricoprire ruoli maschili, si dava troppe arie: un ventil-attore che faceva girare molto le pale ai registi, per la sua manìa di fare versioni hard di film come "Robin Hood", intitolato, nella versione hard, "Robi Nud". Un fiasco; e non di Chianti! Certo non vivevano d' aria e con la diaria dividevano (usando la calcol-attrice) una camera della loro amica Daria: la camera Daria. Questa Daria, un pallone gonfiato, aveva fondato una vera holding: condizionatori Daria, correnti Daria, trombe Daria, bolle Daria (e se bolle, butta la pasta!). Sgobbava tantissimo per una società che si era ritrovata sul gobbo: la Dromedaria, società insabbiata da parecchi scandali e che si era arenata. Salvò la Dromedaria con una linea di prodotti dolciari che chiamò "Dessert del Sahara".
In una scuola di classe (o il contrario: oirartnoc?) Daria andava per imparare la storia del mitile ignoto: nessuno che suggerisca, perché devono tutti star muti come pesci (ed ecco spiegato perché i sub indossano la muta) e dove il libro di testo più consultato era "20.000 seghe sotto i mari" di Julius Verme (originario del Vermont e dedito al Vermouth; scrittore da non confondersi con quello dei vermigli fior).
Una scuola serale dove si faceva luce (per forza...di sera) sulla pol-ittica dei pesci: dal pesce martello al pesce falce che formano il partito di Riaffondazione; dal pescecane che cerca un tetto con abbaino dove abbaiare, al tonno incerottato perché s' è tagliato con un grissino; dallo sgombro sfrattato all' alice di Sassari (quindi sia alice che sarda) disperata perché voleva fare il pesce d' aprile, ma essendo in scatola, doveva fare il pesce d' aprire; dal branzino che non vuole andare in bianco anche se tutti lo servono così, al pesce sega desolato per non trovare nessuna che abbocchi al ti amo per poi portarla in viaggio di cozze e che soffre in silenzio perché non vuole che si seppia in giro.
Una scuola dove apprendere tutto sulla storia dei pesci senza nessuno che ti cacci (non si può dire peschi) dandoti del verme dicendoti "Esca!", dove la prof. di geografia faceva domande strane chiedendo, ad esempio, "Come si chiamano gli abitanti di Bozzolo?" Bachi! Don Backy (il nome, per esteso, era Don Backy da Seta) prof. di religione, indicava a tutti, come alunno modello, il pesce San Pietro. Gli era apparso subito simpatico, quando, sulla sogliola della chiesa, avendo don Backy smarrito le chiavi, il San Pietro gliele trovò in un attimo fuggente:"Carpe diem". Non solo gli ritrovò le chiavi smarrite, ma anche delle pecorelle idem.
Così ebbe inizio la sua attività pastorale non prima d'aver protestato e ritrovandosi a fare il pastore protestante. Don Backy aveva un debole per le orate, se ne prendeva mezza la chiamava trentaminuti e non scordava mai di citarle ai fratelli durante la messa: "Orate frates".
In questa scuola, dove la pagella viene data a fine anno con grande gaudio per il pagello, durante le ore di storia (noiose e seguite con una certa sonno-lenza, smentendo così il teorema che chi dorme non piglia pesci) il pesce sega si interessava più o meno (propenderei più per il meno) a Ciro Menotti e Daniele Manin. Era una sua convinzione che fossero molto alla mano, senza freni (a mano), maniaci -quanto lui- del fai da te e che si divertissero da soli col self service, applaudendosi a vicenda senza risparmiarsi, coi battimano, di mano in mano che approfondivano le loro conoscenze.
Era talmente convinto di ciò, che avrebbe messo la mano sul fuoco, senza mettere mano sulla vita (o sotto la vita?) di Menotti & Manin (per gli amici M&M come i cioccolatini che si sciolgono in bocca e -stranamente - non in mano). Sapeva anche che fossero dei fans della Manon Lescaut e -senza le mani in mano- impegnatissimi, 24 ore al giorno, alla 24 ore di Le Mans con chissà quante fermate ai boxer per manomettere la manovella manovrandola a mano a mano che sfogliava il manuale di manutenzione.
Talvolta li aiutava, dando loro una mano imbiancando le pareti, soprattutto quando c' era da dare una seconda mano, ricambiato in questo da altri piccoli favori. Si sa: una mano lava l'altra, questo si capisce vero, o 'un si capisce 'na sega? Quello che non si spiegava, era perché il morbo di Parkinson arrivasse con la vecchiaia e non a 14 anni quando si saprebbe come ottimizzarlo. Discuteva spesso di questo, al maneggio (che è un campo ippico) con l'ippocampo, tra cavallucci marini e cavalloni delle onde (potentissimi, come appunto i cavalli delle onde, delle Suzuki e delle Yamaha. Un vero maremoto). Così, in compagnia del caval-luccio marino, conversava all' ombra degli ippocastani (diversissimi dagli ippobiondi ma anche dagli ippopotami).
Le conversazioni erano molto schiette, perchè l'ippocampo non era un ippocrita e lo aveva dimostrato quando aprì un ristorante in cui si cuoceva tutto ai ferri (di cavallo) e lo aveva chiamato "Al Cavallino, cucina tippica".
Due soli i piatti non ai ferri: la paglia e fieno e l' insalata russa. L' insalata russa? Svegliala!
Il pesce sega scaricava calendari dalla barca, sbarcando così il lunario, e finito il lavoro, ritornava sulla barca barcamenandosi nella solitudine (tutto logico, per un pesce sega su una barca) tuffandosi poi nella lettura di codici amanuensi e libri vari (o meglio: manuali) tipo "Giornalisti di giorno e nottisti di notte" (della Onan editrice) accarezzando il sogno di venire (e può succedere, ma da soli.....) assunti un giorno, anzi una sera, dal Corriere della Sega (che si vende a man bassa) un giornale che ha fatto scuola...serale (vedi Corriere della sera. No, non sono autobus notturni).
Confondete il grigio perla col bianco e nero seppia?
Sperate, aprendo un' ostrica, di trovare una per la Madonna?
Siete indecisi tra pesci assolutamente uguali, i dentici, dubbiosi anche della provenienza della spigola, se dall' Angola o da chissà quale cantone?
Pensate che il merluzzo si vergogni a fare la figura del baccalà?
Siete convinti che la tonnellata è una marmellata di tonno pesantissima?
Quando si prende un polipo di scoglio è scoglionato?
Pescia è in Carnia?
Uno che pensa a un cetaceo gli balena un' idea?
Qualche volta v'è capitato d'avere l'occhio da pesce lesso e avete usato, come collirio, la maionese?
Perché mi hanno chiamato Lilluccio?
E se i gamberi non hanno scampo, cioè sono fritti, perché si possono servire lessi e non scrissi?
Se la classe non è acqua i pesci dove vanno a scuola?
Su che albero sono i frutti di mare? Si possono spremere? Questo è il succo del discorso. Vedo di buon occhio i pesci (con il fish eye) anche se sono dell'ariete e sono convinto che i pesci vadano d'accordo con l'acquario: ho conosciuto una coppia felice; lei dell' acquario, lui idraulico. Un bel casino, anzi un casinò, per via di alcuni pesci con delle lische clandestine dove si gioca con le fish.
Lil-luccio Burt 'O Lee, goloso impenitente e pentitissimo ex astemio.
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commenti
Rosella
24 marzo 2025 20:54
In questo tempo di bevitori irresponsabili e di partiti e partitini anche in campo alimentare(vegetariani,vegani,crudisti, no -carb, ketogenici...) il Bar H, bar, osteria, bottiglieria ed enoteca fa sprofondare il Bartoli, franco bevitore, nel girone dei golosi del Purgatorio dantesco. Dal peccato alla perdizione, dall'esperienza di redenzione alla beatitudine celeste si ritrova tra i bevitori condannati alla grande arsura, come il podestà di Faenza, governatore non cattivo ma beone di lungo corso che chiese al suo cantiniere cosa pensassero di lui i cittadini...sincera la risposta "Messere dicono beviate molto"; fulminea la replica " E perchè non dicono che ho molta sete?"ma del resto nel Medioevo l'acqua era poco potabile e se ne beveva poca.