16 aprile 2025

La Pasqua dè 'na vòolta...

 Svulgimèent
 
Un mistero che da pütél mi attanagliava: Gesù nasce sempre lo stesso giorno e muore ogni anno in un giorno diverso. Roba da perderci il sonno, infatti resuscita. La data della dipartita è data (mi compiaccio da per me) da questioni astrali, dev'essere luna piena e domenica. Per questo il lasso di tempo ha un'elasticità tetraebdomadaria, il tempo necessario alla luna di farsi piena dopo il corteggiamento (dati i 28 giorni necessari, direi lungheggiamento) del sole col quale seguita, da milionate di anni, a prendersi in giro, rincorrendosi, ogni 4 settimane l'una (la battuta non è male [sa disèt, dirètùur?]) ogni 52 l'altro.
 
La Pasqua dè 'na vòolta (e così ho già giustificato il titolo) era vissuta diversamente, aveva riti scanditi, vissuti, attesi, celebrati, condivisi.        
Era preceduta dalla settimana santa che aveva desueti rituali ora obnubilati dal progresso e scanditi da spot televisivi che ce ne rammentano il suo appropinquarsi da appena dopo l'Epifania, dato che l'indu$tria è mo£to,oo d€vota alla celebrazione dell'elevazione del fatturato, nel quale pone una fede crollabile: vedasi andamenti borsistici dovuti alle mo$$e del ciuffettone d'oltreoceano che a me, più che da montagne russe, sembrano statunitensi.
 
Un esempio della Pasqua asservita al businnes del vangelo secondo i mercanti del tempio? La colomba: null'altro che un panettone a forma di uccello della pace, col piumaggio alle mandorle. Dovesse giungere in volo da me andrebbe dritta in forno col rametto d'ulivo in un nido di patate.
 
Ma torniamo alla settimana santa, scandita dai miei ricordi che passano nella clessidra con ancora pochi granelli da far defluire; sono vecchio di zecca. Il venerdì santo si "legavano*" le campane e il sacrestano girava per le vie del paesello con la trabacula (asse di legno con marchingegno in ferro che attraversandolo e scuotendolo fortemente faceva un rumore della mamma del trentatreenne) a fare le veci del campanile, richiamando a raccolta i fedeli.
 
*legare le campane = non suonarle (e lo scrive uno suonato come una campana)
 
Il venerdi santo, a digiuno, pratica all'epoca, praticata anche senza l'ausilio della fede, ma solo con quello della speranza [di avere qualche palanca] e della carità [l'emolumento scarsissimo del padrone] si beveva un bicchiere di vino rosso a simboleggiare il sangue di Cristo e a iniziare la giornata cui baligurdòt*
 
*baligurdòt. Traveggole, vertigini, equilibrio instabile, imminente ritiro della patente
 
Era giorno di magro (come gli altri 362, uniche eccezioni: +1 Natale, +2 sagra, +3 Pasqua) tutti erano vegetariani senza saperlo e soprattutto senza volerlo. Ci si nutriva di erbe di campo senza sapere di fitoalimurgia, ci si curava coi decotti senza sapere di nutraceutica, si friggevano le derrate senza sapere che erano in tempura, si era paisàan senza sapere d'essere operatori del mondo agrisilvopastorale, si era vedovi senza sapere d'essere single, si era poveri sapendolo.
 
Da tali, senza la gradevole presenza di palanche in sacòsa, ci si nutriva, rigorosamente di magro, con fritàada dè laurtìis, pèss in ajòon, castrìin e òof, immancabile polenta, sempiterna polenta, pulèenta e amò pulèenta. La carne era di cortile (Km zero? Figuriamoci se lo sapevano! Zero era solo il non conto in banca.) e pasqua era un'occasione per non far felici come una pasqua i pennuti immantinentemente implumi, ai quali obtorto collo, veniva torto il collo.
 
Nota saputella. L'abbacchio, soprattutto a pasqua, è abbacchiato. L'abbacchio è l'agnellino da latte che prende il nome dal fatto d'essere legato con una corda ad un bastone per impedirgli di brucare l'erba, perderebbe il titolo di abbacchio per diventare agnello e di certo non se ne avrebbe a male. Spiegazione: deriva da ad baculum e infatti in dialetto cierre come si dice bastone? Bac! Siamo romani dal 218 avanti c'è posto. Qualcuno vuole trovare il perché, in Spagna, il quadrupedino battufoliforme, legato con una corda al bac, si chiama cordero?
 
Ma non é finita col Robinson Crusoè santo, pardòn Venerdì santo. Tra i riti, v'erano le rogazioni, ovvero alle 5 di mattina, digiuni ma passibili di alcol test, col prete (l'unico giorno in cui era vero il viatico "Prendetene e bevetene tutti" [abitualmente lo versava pro domo sua]) si andava nei campi a piantare benedendola, una croce apotropaicamente a protezione delle messi da parte di uno che di messe ne sapeva qualcosa.
 
La sera poi, preceduta dalla trabacula e seguita dal digiuno penitenziale, v'era una processione dove a spalle si portava il resuscitando e discosti, uomini col fucile sparavano in aria (taluni alla vista del padrone avrebbero abbassato volentieri la mira*) incutendo timori ai peripatetici, soprattutto ai frugoli non così ansiosi d'essere impallinati.
 
*mira. Capitava che il padrone mirasse ai lombi freschi delle mogli dei suoi [poco]salariati, costoro non potevano far altro che chiudere un occhio e prendere bene la mira.
 
La Pasqua (ora rimetto la maiuscola) si avvicina e il digiuno si allontana. Altro immancabile rito era la sgùura. Ah, il dialetto! Con una sola parola si indica tutto, per tradurlo in lingua devo spiegarla così: lucidatura della catena del camino da effettuarsi, trascinandola nella polvere e ghiaia, per km & km, alternandola ad abluzioni nei fossi fino ad essere brilluccicante per potersi meritare, in premio, un uovo. Ecco cosa vuol dire la sgùura. E me l'ho fàta! A pèe scapìin, alias scalzi, così risparmio sull'asterisco.
 
Pasqua, l'èera ùura! Si sfoggiava il vestito della festa e la cucina era tutta un sobbollire: gallina ripiena nell'idromassaggio col bagnoschiuma alla carota sedano e cipolla, marubini che peccaminosamente avevo assaggiato nel precedente giorno di magro (poi me la cavavo con due pater ave gloria, il marubino val bene una messa) verdure al burro (il colesterolo questo sconosciuto) e vino rosso a cui tendevo la pargoletta mano.
 
Spiegazione marubinica, sul come si fanno. Canonicamente -ecco da dove deriva il boccone del prete- dovranno (dovrebbero, per i due suscettibili cuochi tra i due fuochi) avere la forma rotonda e a punte che richiamano il sole dovute allo stampo da marubini che ognuno aveva in dotazione come ora si ha il codice fiscale. Il territorio targato Cr ha 158475 abitanti, quindi ci sono 158475 diverse ricette.
 
Una volta, prima che li si comprassero già fatti e venduti col marchio di un batrace scaligero, dentro ci finivano ripieni di carne gioiosamente amalgamati e non avrebbero (rimanere sul generico, please) dovuto mancare all'appello: brasato, uova, formaggio, noce zzzzzzzzzzzzzz (moscata) salamella. C'è chi mette anche cervella, può farlo chi non l'ha: io propenderi per marubini acefali; minestra che ricorda i nostri ministri.
 
Il dolce (non era firmato da fashionblogger) era la torta paradiso (nome del residence del Nazzareno) che io ricordo portata a cuocere nel forno del paese e "firmata" per non "sconfonderla" con le altre e il suo sapore era atteso da un anno, dai denti già col tovagliolo annodato alle gengive.
 
Non so se rendo l'idea, ma poi perchè dovrei renderla, se nessuno me l'ha prestata?
 
Firmo: Lilluccio Bartoli contento come una pasqua anche a natale e infliggo un Bartolink su come faccio i marubini... https://www.facebook.com/share/v/18c8gbGxp9/
 
... poi infierisco con un altro (se masochisticamente qualcuno o qualcdue vuole sinistramente sapere di me, la mè vìta cuzé cuma l'è...
 
 
 
Lilluccio Bartoli


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commenti


Maurizio

16 aprile 2025 10:23

Bellissimo racconto che evidenzia in maniera inequivocabile la vita dei tempi andati