19 luglio 2025

Ingüurie s'èn tròova amò, mèlunèeri pü (e da ann e annorum...)

Traduzione: angurie, se ne trovano ancora, poponaie (alias mèlunèeri, quei capanni, "casotti", a lato del campo di angurie e meloni, al contempo luogo di consumo delle cucurbitacee in oggetto e abituro del mèlunèer) sparite. Figuriamoci se la spontaneità contadina, la rurale intraprendenza dei nòst paisàan, non andava ad scontrarsi in un frontale con le normative sanitarie burocratiche! Non sapevano, i tapini, che bastava chiamarli agritur per essere foraggiati di palanche e poter vendere i prodotti della terra, che illo tempore, nemmeno sapevano fossero biologici, biodinamici, biovattelapesca e a km zero.
 
E nemmeno sapevano che questo avrebbe attirato clienti ansiosi di provare la vita contadina, quella vera, con le vasche idromassaggio in camera, la stone therapy, i bagni nel fieno, i massaggi shiatsu, più tutte quelle comodità alle quali erano ormai assuefatti e che a queste preferivano, di gran lunga, la miseria, la sola stella che li sapesse condurre e che seguivano ovunque un raggio della sua fievole luce lo indicasse.
 
Nella mèlunèera (a Scandolara Erreo la sé ciàma mènunèera) una sorta di spaccio, questo sì a veramente a km zero, il povero cristo (oddio, cristo, è eccessivo, povero lo era molto di più e davvero, inimmaginabilmente per i turisti agrituristici) vendeva angurie, meloni, e qualche ortaggio cresciuto per dispetto.
Nell'ombra del capanno, la mèlunèera, dè scundiòon*, un salame fuori norma era sempre in attesa del verdugo che lo decapitasse per poi metterlo a norma.
 
*Scundiòon: nascosto. Dè scundiòon: di nascosto, come di cosa tendenzialmente illegale, di frodo (e infatti di frodo si dice dé sfrùus che non è proprio dell'agire in piena luce)
 
Le angurie di una volta, non erano quelle americane, oblunghe, striate, ora imperanti (c'è qualcosa che gli americani fanno di non imperante?) ma piccole, sferiche e di color verde scuro ventennio.
Erano tenute al fresco nel fosso (orrore ASL!) e quando l'avventore, che ancora non sapeva cosa fossero gli agritur, indicava la vittima, questa veniva trafitta per cavarne il tàst, il tasto: una microminiminuscola piramide facente funzione della prova d'assaggio, superata la quale, visiva e gustativa, si procedeva col guiderdone, se la cosa avveniva legalmente, o il più delle volte, col mercimonio.
 
V'era, in questa fase, immancabile, un tira e molla contrattuale col mèlunèer, dapprima abbassando le palanche oggetto della trasfusione che non avrebbe dato crisi di rigetto, dappoi con la pretesa d'avere a sùura* un tacòon**.
*a sùura: per soprammercato, in più e ovviamente senza che il mèlunèer ci provasse a separare i soldi dai loro legittimi proprietari, a gratis, auf***.
**tacòon: frutto malmadüur (si capisce vero, malmaturo?) cresciuto all'ombra, quasi scarto, più simile ad un aborto che a un frutto vero, ma pur sempre commestibile. Sinonimo vernacolare di cosa di poco conto e anche di persona evitabile, tipo me.
***AUF: Ad usum fabricae. "Marchio" col quale venivano etichettate le merci per l'erigenda cattedrale di Milano e che non erano sottoposte a balzelli di sorta. Quindi "a gratis" auf.
 
L'anguria, i nostri dirimpettai della rive droite parmigiani, la chiamano cocomera. Altri vedi foto n° 7. Segue didascalizzazione delle al3...
1) Anguria ritratta come i più la vogliono: senza semi. La frutta senza semi? Come una grappa analcolica.
2) Anguria italiana. Mai vista a stelle e striscie.
2 bis) Amara testimonianza di quando eravamo crucchi, in dialètto sè dìis tùgnìin. Un prete che non la pensava come loro e che non ha potuto dirglielo. Epigrafe posta nel cimitero dè Pignóol nel 1867 quando da soli 8 anni eravamo tricolorizzati e non più del Welsh Tirol (Tirolo Celtico). Con graziosa cortesia, quelli del Colestirolo Alto Adipe, ricambiano il termine crucchi con welsher e per entrambi non è un complimento. Meno il secondo.
3) Anguria dopo l'intervento dell'Agenzia delle Entrate 
4) Scorza, in dialètt cúsòtt. Messa nel pollaio, viene assalita da gallina e anatre e spolpata in un amen. Tipo Montecitorio. Chiedo scusa ai palmipedi.
5) Mèlunèera. Disegno della manina felice di Fausto Oneta. Sorta di capanno dove il mèlunèer viveva, esercitava e guardingo dormiva, non praticando lo sport della fiducia nel prossimo. Capanno dal chiaro retaggio terramaricolo-celtico. Robetta di un qualche cinquemigliaio d'anni fa. Conservare per dopo il cessate il fuoco in Ucraina.
6) Angurie al fresco, non in galera, nel fosso.
7) Cùma i la ciàma in dé i àaltri bàandi
8) Zucca come si diceva a Cremona nel 1800. Perche l'ho messa? Perchè quest'altra cucurbitacea, nel suo rampicare, fissava il tetto della mèlunèera oltre che a dare l'incipit ai tortelli di zucca di cui volevo scrivere, ma il direttore mi ha chiesto dell'anguria e mi son fatto prendere la mano. L'ingùuria la mè piàas tròop!
 
A parte il fatto che rive droite e gauche talvolta sono liquescienti e di qua ci troviamo in Emilia e di là in Lombardia (il Po molti lo vedono divisorio, pochi una cerniera, io un bacio) sarà opportuno spiegare una cosetta sui confini che i nostri vicini non amano ricordare. 
La faccio breve: in una delle tante scaramucce tra buoni vicini, nel 1250 i cremonesi scaldarono per bene il sederino ai parrrrrmigiani (le r sono al posto giusto e nella quantità spettante) e per refrigerare dovutamente il culatello concessero loro di arearlo, mandandoli a casa in patàja* e trattenendosi come souvenir le brache che per anni (e annorum) furono beffardamente appese in duomo.
Qualcuno s'è mai chiesto perché a 3 km da Cremona c'è Bosco ex Parmigiano?
*patàja: vestiti dello stretto necessario (che non è quello bisognoso di un ponte tra Calabria e Sicilia) a coprire le pubenda.
 
Oh, e l'anguria? Tirèmm innanz! A Cremona, in viale Trento e Trieste, fino al 2009 la vendevano a fette, poi l'ASL stabilì che il nefast food era più in regola di prodotti che non necessitano d'altro che essere colti e s'ciau*. Rinfrescandosi sotto quegli alberi dove la sera, un tempo, si cercava calore, si assisteva a celie tra amici che si sbeffeggiavano ironizzando sui colori politici propri della cucurbitacea in oggetto (citrullus... qualcosa... sì la stessa famiglia del cetriolo che nualtèer ciamùm cùcümèr) magari dicendo che son verdi fuori e rossi dentro e che l'è piéna dè séemi*.
*séemi: no semenza, no semi, ma scemi giocando sul fatto che in dialètt la pronuncia l'è la stèsa. 
 
Postilla storica: gli austriaci impedivano di esporre l'anguria tagliata per non urtare la loro suscettibilità alla vista del desueto tricolore. Poi nel 1859, a Solferino, vennero loro palpate per bene quelle cose -abitualmente appaiate- poste proprio dove la schiena cambia nome e motu proprio tornarono a salutare ircini quadrupedi sulle montagne dato che qui ve n'era penuria, di montagne, si capisce.
 
Personalmente l'anguria l'adoro per se sola, ma se devo macedoniarla ricorro a questa cosa da vero figlio con una madre di cui è facile ipotizzare la professione esercitata nelle ore notturne. La siringo con liquori millanta e poi dico che l'avevano irrigata con Grand Marnier, Limoncino, Maraschino (ringrazio, per questa ricetta, Mara Schino e anche Rita Sugge per avermela suggerita)
 
Chi è riuscito a leggerlo tutto, trattenendo fin qui kankeri e fecalomi, ora può liberarsi in un eleuterico: l'anguria era piccola ma che féte!
 
Insultabile, volendo, nei commenti qui sotto...
 

 

Lilluccio Bartoli


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti