2 maggio 2023

Cibo, storia e arte, appunti cremonesi

La storia, anche quella del nostro territorio, può essere raccontata attraverso il cibo e la sua narrazione per mezzo dell’arte con nature morte, banchetti, mercati, scene di cucina e di vita ordinaria. 

Il quattrocento cremonese assiste alle nozze tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, annus domini 1441: nella stessa data la città incorona il torrone cremonese, formula gastronomica dalle origini spagnole, arabe e addirittura romane. Tra Medioevo e Rinascimento, la cucina Cremonese anima del Ducato milanese, vive un periodo di grande splendore. Martino de' Rossi o Martino de Rubeis, detto Maestro Martino ( 1430 – fine del XV secolo), cuoco e gastronomo italiano, al servizio del potente cardinale Trevisan pubblica tra il 1450 e 1467 il Libro de Arte Coquinaria. Assunto alla corte degli Sforza, sarà cuoco personale di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. La formula della mostarda (dal latino mustum ardens), nata per “esigenza di conservazione” della frutta, e ricercata per sapidità consistenti ed incisive, si trasforma in una preparato variamente colorato e dal forte sapore dolce/piccante, raffinato accompagnamento tradizionale di bolliti, ma anche di formaggi e salumi. 

Il Cinquecento vede il mondo della cucina trasformarsi in ricchezza e creatività: le portate  vengono servite in stoviglie di metalli preziosi e porcellane d’Oriente su tavole ricche di ornamenti. Artigiani dell’argento, e del vetro, perfezionano la loro arte accanto a tessitori , nascono veri e propri cultori dell’estetica della tavola imbandita. 

Il fascino della cucina rinascimentale suggestionò l'umanista Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, che elaborò il trattato "De honesta voluptate et valetudine", il Messisbugo, autore di "Banchetti e composizioni di vivande" e, con questi, Bartolomeo Scappi, cuoco segreto del papato, principe dell'arte culinaria italiana, autore di “L’opera dell’arte di cucinare” e non ultimo Giovan Francesco Rustici, compagno di Leonardo, che fonda a Firenze nel 1512 la "Compagnia del Paiuolo". Il convivio era formato da pittori, scultori, orafi, musicisti che si ritrovavano in sontuosi banchetti in cui ogni invitato portava una sua personale invenzione culinaria. Un’altra Compagnia detta della Cazzuola nata a Firenze con fini letterari e forse solo goliardici, invitava a vestirsi a tema e proporre eventi teatrali con banchetto finale. 

La antica tradizione cremonese di salumi e insaccati, vede la preziosa produzione di salsicce, del salame da pentola, del salame all'aglio, del dolce cotechino vaniglia e della antiche mortadelle descritte da Tommaso Lanzoni

Nuove ricette, alimenti, idee spesso provenienti da fiamminghi influiranno sulla pittura manierista come ad esempio nelle opere di Vincenzo Campi a Cremona. Il pittore negli anni Ottanta del Cinquecento mette in scena cesti di frutta e verdure, mentre tiene rigorosamente in secondo piano la figura umana. Antonio Campi nella chiesa di San Sigismondo dipinge nel 1577 “La cena a casa di Simone” in cui appare in bella mostra un grosso spicchio di grana nostrano. 

Vincenzo, Annibale Carracci e Teofilo Filengo (“si mangiare cupis fasolas vade Cremonam”) esalteranno la figura del mangiafagioli cremonese goloso ma egualmente devoto al calendario liturgico, in cui le appetitose leguminose venivano benedette alla semina e offerte dagli osti nel giorno dei Morti. I fagioli e rape sono il cibo a cui aspira il Bertoldo, geniale contadino costretto a vivere alla corte di Re Alboino in cui la cucina è ricca di cacciagione, carni adipose, timballi e sformati; il nostro eroe per dieta e convenzioni plebee finì per ammalarsi e morire. Sulla sua tomba  recitava l'ironico epitaffio “Chi è uso alle rape non vada ai pasticci”. 

Tra i formaggi il Salva cremasco Dop, a pasta cruda, molle da tavola, si affianca alla tradizione del Pannerone, formaggio grasso a pasta dura la cui origine risale ai monaci benedettini. 

Il Seicento vede Bartolomeo Stefani, capo cuoco alla corte dei Gonzaga nella trattazione dell’" Arte di ben cucinare et istruire". Il trattato apre alla descrizione della storia, tradizioni, nuove idee teatrali, trionfi di arredi, di conviti e banchetti. A Cremona nasce unacucina prettamente italiana 

ricca di “torrone alla cremonesa” e la mostarda con trionfi di frutta conservati in liquidi senapati da antiche formule di derivazione saracena. 

La politica del 600 alla corte di Luigi XIV sposa la convivialità sostenuta dalle barocche invenzioni  culinarie di François Pierre de La Varenne cuoco del marchese d’Uxelles con il ricettario “ Le Cuisinier françois de le sieur” : il libro integra e perfeziona aspetti della cucina italiana proposti da  cuochi giunti al seguito di Maria dei Medici. Scienza della cucina o anche solo capricci di corte saranno rielaborati dal celebre agronomo Jean de la Quintine (1624 –1688), che riorganizzò i menù di Versailles producendo nei giardini della reggia verdure fuori stagione come asparagi e piselli a dicembre, fragole ad aprile. Jean emulo dei giardinieri di Vincenzo Gonzaga (Mantova,1562 – 1612) che offrì all’amata Isabella “un vassoio di pesche tiepide e profumate di serra. Pesche in febbraio... incredibile! ... I suoi alchimisti potrebbero guadagnare una fortuna se potessero produrre l’essenza della musica, come un profumo...scrisse Clare Colvin scrittrice, autrice di Masque of the Gonzaga, ispirato a Claudio Monteverdi e alla nascita dell'opera in Italia. 

Nell’arte il racconto del cibo evolve dalle precedenti immagini rinascimentali come quelle descrittive di Vincenzo Campi alle nature morte del Caravaggio, magnifica la Fiscella (oggi alla Pinacoteca Ambrosiana) dipinta nel 1598-99, in cui prevale la resa mimetica del reale, il trionfo del 

barocco si racconta nelle "colazioni" e "tavole imbandite" di Pieter Claesz, di Juan Sanchez Cotan, di Gerge Flegel, di Willem de Heda, di Abraham Bruegel, Francisco Zurbaran, di Willem van Aelst. 

Nel barocco vanitas ed effimero sono strumenti divini e accompagnano l'allestimento della magnificenza della natura accanto al convivio funebre: « è del poeta il fin la meraviglia». La disposizione della tavola e della musica rendono la vista ancorché funebre, dilettevole, per offrire con musica “allegrezza di morte” o “mortificazione del corpo”: “il Cavalier Marino affascinato dalla meraviglia della poesia fu composto con un libro fra le mani accanto alla lira, la zampogna e la tromba pastorale” (1625). “Ahi, che morire mi sento... et io rimango cibo di fere in solitarie arene” canterà Adriana Basile accompagnata da violini ed arciliuti, sulle note di Monteverdi, alla morte di Eleonora moglie del Duca Vincenzo (1611) 

Fede Galizia, di famiglia di origine cremonese, artista vissuta tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento, amica dell'Arcimboldi che la presentò alla corte di Rodolfo II d' Asburgo. 

Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi (1526 – 1593) pittore, è noto per le “Teste Composte”, ritratti  ottenuti combinando tra loro elementi dello stesso genere (prodotti ortofrutticoli, pesci, uccelli, libri, ecc.) collegati a metafore necessarie a sublimare il ritratto stesso Una elaborazione, attraverso enigmatiche decorazioni a grottesche, di profonde intuizioni alchemico – pittoriche, di poetiche e caduche sensazioni, di velata immaginazione. .Una sua opera è conservata nella Pinacoteca cremonese e rappresenta uno studio di composizione di ortaggi che se viene girata l’enigmatico volto dell’ortolano. 

Panfilo Nuvolone (1581 – 1651) pittore cremonese attivo tra la Lombardia e l'Emilia è interprete nel primo seicento di un tardo manierismo ispirato alla Controriforma. Il figlio Carlo Francesco Nuvolone (1609 – 1662) raccoglie l'eredità di dei pittori "pestanti" del primo Seicento lombardo e  superando definitivamente i legami con il manierismo, mostra il dinamismo tipico dell'arte barocca 

Il Settecento valorizza la cultura del caffè, del tè e della cioccolata. Dalla stamperia di Pietro Ricchini. 1736 esce un gustoso studio poetico sul cioccolato composto nella forma del poema definito ditirambico con riferimento alla forma poetica usata nell’antichità per cantare lodi a Dioniso, il dio del vino e della fertilità. L’opera di Francesco Arisi (1657-1743) racconta la nascita in America del gustoso alimento descrivendone usi, effetti benefici e fornendo ampi riferimenti bibliografici su quanti poeti, medici e scienziati hanno scritto sul cioccolato. Il “trattenimento” definito ditirambico dell’ Arisi è dedicato a Monsignor Litta, vescovo di Cremona, Eufemo Batio tra gli Arcadi, ed ha come tema unificante “l’arti e l’umori” , metafore del cioccolato. nel 1750, Goldoni scrive "La bottega del Caffè", in una Venezia in cui i negozi che offrivano la profumata bevanda erano più di 250. 

La cioccolata ebbe facile diffusione presso le classi borghesi con grande successo: 

Il secolo vede fiorire interessanti incontri gastronomici, i petits soupers di mezzanotte francesi, in cui si trascura l’etichetta mentre si celebrano galanterie accompagnate da sregolatezze, insaziabile ingordigia, ne sono esempi le cronache dedicate alle feste notturne di Luigi XV e Madame de Pompadour. I ristoranti, aperti di giorno e di notte cucinano afrodisiache ostriche, accompagnate dallo champagne nato nel 1668 dalle intuizioni del monaco dom Pierre Perignon. Spopolano i condimenti a base di tartufi, la maionese, nata nel 1757 dall’estro di un cuoco militare che a Mahonin Spagna arricchì con la sua invenzione la tavola di Armand de la Porte, duca di Richelieu, la salsa .

Soubise, una salsa bianca,sperimentata a Roberval, è preparata a caldo con cipolle, burro, besciamella, sale, pepe e noce moscata e che prende nome da Carlo di Rohan-Soubise Pari e Maresciallo di Francia, (1715 – 1787),. Soubise, il favorito di Madame de Pompadour, buongustaio ma anche melomane, per questo fece installare nei giardini del castello parigino della Muette, il primo padiglione d'orchestra per accompagnare i suoi colti convivi dell'Anfitrione" di Grimod de la Reyniere attraverso metafore e allegorie. Figure retoriche che si affiancano alla rappresentazione realistica. 

L’arte si adegua al realismo con le nature morte e composizioni di frutti maturi di Giovanni Paolo Castelli detto Spadino (1659 – 1730), Cristoforo Munari (1667–1720) che ama associare lo strumento musicale nella composizione naturalistica di "oggetti silenziosi", Louis Egidio Melendez 

(1716–1780), specialista nella pittura di genere con scene di osteria, cucina, mercato, detta di bodegones, Felice Boselli (1650-1732), noto soprattutto per nature morte di selvaggina, è ben rappresentato al Museo civico Ala Ponzone di CR. servizio del principe Talleyrand e dello zar di Russia Alessandro, e gastronomi francesi come Balthasar Grimod de la Reynière, autore dell'"Almanacco dei Gourmands", e Brillat Savarin, autore della "Fisiologia del gusto". Georges Auguste Escoffier è indicato dalla stampa francese come roi des cuisiniers et cuisinier des rois ("re dei cuochi e chef dei re" —anche detto in precedenza di Carême), chef , ristoratore e scrittore ( pubblica Le Guide Culinaire) ha reso popolare e aggiornato  i metodi della tradizione culinaria francese semplificando lo stile elaborato di Carême. In l'Italia, la cucina del sud, è descritta, nel 1773, ne "Il Cuoco Galante" di Vincenzo Corrado e da "Il Corricolo" di Alessandro Dumas padre e dalla "Cucina teorico-partica" di Ippolito Cavalcanti.. Pellegrino Artusi nel 1891 pubblica " La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene” . A Cremona Giuseppe Verdi era spesso in città nei giorni di mercato, sostava a casa della cognata Barberina Strapponi che le cronache dicono esperta nel preparare i marubini in brodo, sorta di tortelli ripienidi carne e Grana Padano. Il musicista non può non aver assaggiato il Provolone di Gennaro Auricchio, nato dalla cultura casearia delle “paste filate” del meridione d’Italia nel 1877 e divenutoprincipale interprete della vocazione lattiero-casearia cremonese negli anni trenta. Tra i formaggi il Salva cremasco Dop, a pasta cruda, molle da tavola, già noto nel X secolo a.C., si affianca alla tradizione del Pannerone, formaggio grasso a pasta dura la cui origine risale ai monaci benedettini 

Giorgio Maggi


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