29 agosto 2022

I dolci di Crema. Dalla Spongarda alla Bertolina, passando per i dolci del Bonetti, senza dimenticare i Tortelli, la Treccia d’Oro, Pandino e un ricordo del Maiandi

I dolci di Crema e del Cremasco? Vari e variegati, che il Granducato del Tortello (luogo denso di geopolitica che esiste sul Serio) non si fa mancare nulla, o quasi. Allora, partiamo dalla storica Spongarda, il dolce più vecchio del territorio.

Non a caso: lo storico Pietro Terni descrive con grande dovizia di particolari la cena offerta a Crema nel 1526 da Malatesta Baglioni (nobile condottiero umbro di Perugia, al servizio della Repubblica di Venezia occupò il Cremasco appunto per conto dei veneziani) e accenna anche ai dolci: marzapane cum malvasia, torta bianca, torta de peri, torta de erbe, sfogliata de zucharo, butirro e offelle, pigochate, mandorlate, torta de pistacchi e di zucharo.

Ecco, presumibilmente, nel dolciume bianco fatta con farina, zucchero, spezie e burro si identifica l’origine della Spongarda.

Gli Ingredienti? Eccoli… 
Per la pasta: 350 gr. di farina bianca 00
110 gr. di burro - acqua bollente
Per il ripieno: 100 gr. di mandorle toste
100 gr. di nocciole
100 gr. di noci 50 gr. di pinoli
50 gr di cedro candito
1 pizzico di cannella
3 gr. di macis 350 gr. di mele
350 gr. di uvetta
una bella grattatina di noce moscata

 ‘‘Spongarda’’ dal latino ‘‘spongia’’, spugna, per via della bella forma tondeggiante e rigonfia che il dolce assume a fine cottura. E’ un dolce di lunga conservazione tra i più antichi d’Italia. In Emilia, dove viene chiamato ‘‘spongata’’, era tradizionale per le feste natalizie fin dal Quattrocento a Brescello. Da lì si è diffuso nel resto della regione, a Busseto per esempio che ne contende l’origine. Ma anche più lontano, in Liguria (‘‘Spungata di Sarzana’’) e in Lombardia (‘‘Spongarda di Crema’’). Tra paese e paese ci sono varianti notevoli: le mele (Crema) possono essere sostituite con confetture (Piacentino), oppure con miele (Brescello) o con marzapane (Sarzana). Come altri dolci a lunga conservazione tipo il Panforte di Siena o gli Amaretti di Saronno, è un dolce pressoché privo di acqua. E’ quindi molto sostanzioso. 

Indubbiamente, la Bertolina (ha una festa tutta sua) è la torta (apprezzata pure a mo’ di crostata ripiena, e pasta di pane) per eccellenza del territorio.

Le sue origini sono collocabili temporalmente dopo il 1800, ma restano un vero e proprio mistero.
La ricetta è decisamente quella di un dolce casalingo e il suo nome potrebbe semplicemente derivare dall’ambiente campagnolo, ispirato ai nomi di un padre e figlio contadini: Bertoldo e Bertoldino.
Altra leggenda farebbe invece risalire l’origine a due sorelle di Trescore Cremasco che, poiché nessuno voleva prenderle in moglie, per mantenersi decisero di vendere pane e dolci fatti in casa. Particolare successo ebbe la loro “Turta Bertulina”, originale, profumata e gustosissima creazione, che divenne così il dolce tipico di tutto il territorio.

La sua nascita è legata alla disponibilità dell’uva fragola (nota anche come uva americana, perché introdotta dall’America nel XIX secolo, ibridata poi con la vite comune locale. Secoli fa, l’uva era diffusissima a Crema, caratterizzava quartieri con la sua diffusione, tipo il Pergoletto), che la caratterizza con i suoi piccoli chicchi gelatinosi e dall’intenso sapore dolce e acido. Il profumo e il sapore rustico di questo dolce, realizzato con pochi ingredienti, sono dovuti proprio alla dolcezza dell’uva.

I chicchi lavati e asciugati si mettono nell’impasto interi, perché sono piccoli e la buccia non si può tagliare. In cottura però i semi diventano croccanti e abbastanza friabili, così da poter essere masticati.

Chiaramente della Bertolina esistono tantissime ricette, anche molto diverse fra loro. Si potrebbe quasi dire che ogni famiglia si tramanda di generazione in generazione la propria ricetta e i segreti per la sua preparazione.

La torta può comunque presentarsi in forme distinte:

-focaccia dolce con lievito di birra e uva unita all’impasto;

-torta chiusa di pasta del pane, ripiena di uva;

-crostata chiusa, fatta di una frolla alla farina di mais e olio di oliva, ripiena d’uva;

-torta, con lievito per dolci e uva unita all’impasto.

Ricordate quando in via Mazzini a Crema la pasticceria (c’è tuttora con gestione diversa dal passato) era griffata Radaelli? Ebbene, tra leggenda, rumors e realtà, la specialità era un lascito di nonno Ludovico: la mistica torta Helvetia, tre strati di meringa di mandorle, pan di Spagna, crema al burro di nocciole, Alchermes e rhum.

Arriviamo alla Treccia d’Oro conosciuta addirittura ai Papi e a tanti vip: dolce a forma di treccia, preparato con farina bianca, zucchero, burro, uova, sale, lievito di birra, uvetta e canditi di arancia e di cedro.

La pasta della Treccia d’Oro si presenta compatta e dorata, simile a quella di una brioche, ma più consistente. Con la sua tipica forma a treccia è un dolce caratterizzato da sapori semplici e tipici della cucina tradizionale lombarda.

Lanciata alla fine degli anni ’30, durante la Fiera di Padova, fu presentata e brevettata, dal pasticcere Zironda, questa deliziosa ricetta.  Il successo ottenuto gli permise di aprire, in proprio, la “Pasticceria Zironda”, dove iniziò a lavorare come apprendista Vittorio Maccalli. Quando il proprietario decise di ritirarsi dall’attività Maccalli gli subentrò, contribuendo alla fama di questo dolce. Tanto da chiamare “Treccia d’Oro” il suo negozio in piazza Garibaldi nella città di Crema.

La Regione Lombardia ha riconosciuto alla Treccia d’Oro il titolo di prodotto artigianale di Crema e del Cremasco, diventando indiscutibilmente patrimonio tradizionale e guadagnando consensi anche lontano dalla zona di produzione.

Allora, poteva quel guascone del cuoco Antonio Bonetti, inventore, ricercatore e Blogger, restare fuori dal lancio di dolci autoctoni (più o meno) partendo da Trescore Cremasco? Assolutamente no, ecco parola a lui: 

Ecco il Pandolce Cremasco: morbido e dolce, con leggera farcitura al Tortello  Cremasco, degno companatico per scaloppe di fegato grasso d’oca, stagionatissimo formaggio Salva Cremasco o per fare scarpetta nel piatto dei Tortelli Cremaschi.

Scrivevo inoltre, via social, nell’agosto del 2010 in occasione della Trentesima edizione della Tortellata Cremasca: i ristoratori dell’Associazione Le tavole Cremasche, si sono  inventati i Gaget Duls”, dolcissimi biscotti che ripropongono nella forma e nel ripieno i Tortelli Cremaschi.
La ricetta è volutamente avvolta nella nebbia. Poche le notizie disponibili: per l’involucro del tortello, la pasta cotta in forno, si fa riferimento alla pasta della Spungarda, la tipica torta, unica vera interprete della dolce tradizione pasticcera cremasca; per il ripieno in primis, Amaretti Gallina Oro, poi spezie e profumi tipici del Tortello: in una parola, l’atmosfera di una intera vecchia drogheria cremasca".

Ebbene, per ricordare Andrea Maiandi (pasticcere di Crema purtroppo prematuramente scomparso legatissimo alle Tavole Cremasche), perchè non riproporre i Gaget Duls abbinandoli magari a una vendita benefica per una buona causa?

Ah … la magica Sabbiosa di Trescore, accompagnata a zabaione caldo e sensualintrigante è sempre opera del pensionato Antonio Bonetti, il quale, sulla Bertolina ha le idee chiare: 

La mia versione è la più povera, la più antica e la più semplice da fare, con quattro soli ingredienti: pasta da pane, uva Fragola Rossa o uva Clinton, zucchero, strutto di maiale. Imburrare la tortiera con poco strutto, foderare con sottile sfoglia di pasta, riempire con chicchi d’uva, spolverare con abbondante zucchero semolato, ricoprire con altra sfoglia sottile arricchita con altro zucchero. Infornare a 180° per 50/55 minuti. La gusti al meglio il giorno dopo.

La versione più attendibile della Bertolina risalirebbe a due sorelle di Trescore Cremasco soprannominate Benedète. Le due donne, anzianotte e irrimediabilmente zitelle avevano investito tutto nell’attività di panificazione sfornando pan di mistura, focacce e dolci caserecci. Tra questi anche la Bertolina, la cui ricetta fu custodita gelosamente. Ho conosciuto le Benedéte e la loro Bertolina.

E chi l’ha detto che il Tortello Cremasco è solo un primo piatto?

Il buon Renato Stanghellini alla festa di Rifondazione tanti anni anni fa friggeva i tortelli e li serviva col miele.

Dulcis in fundo, la pasticceria Castello di Pandino di Emanuele Alchieri ha ideato il Pan Visconteo, mentre il Torrone Cremasco ha un suo perché: degustare per credere!  

I dolci cremaschi sono tutti buoni, fortunatamente oggi pure chi ha problemi di allergie e intolleranze, attraverso l’utilizzo di materia prime ad hoc, può provarli. Ergo: la differenza facciamola noi… degustandoli, studiandoli in presa diretta, dal web o leggendo libri e pubblicazioni.  

 

Stefano Mauri


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