I tanti modi di mangiar polenta: "sùurda", rustiìda e le frittelle (murùuze) con gli avanzi
Qualcuno avrà da dire perchè il piatto è invernale ma, come scrive Giorgio Maggi, un tempo la si serviva in ogni stagione anche prima che arrivasse da noi il granoturco. Un tempo le famiglie di campagna mangiavano la polenta almeno una volta al giorno, per quelle più povere addirittura tre: a colazione, a pranzo e a cena. Magari cucinata nel paiolo di rame, la preparazione della polenta era un rito e anche con gli avanzi si riusciva a far sembrare una gran cosa anche quel piatto povero. I contadini venivano chiamati i "mangia pulèenta" e all'uomo lento ancora adesso si dice "pulèentòon". La polenta (pulèenta in dialetto) per i più poveri poteva essere mangiata anche da sola, senza companatico (pulèenta sùurda) ma diventava un piatto notevole con i ciccioli (pulèenta e gratòon), con il gorgonzola (pulèenta e strachìin), fritta (pulèenta rustìida), condita (pulèenta còonsa), pasticciata oppure diventare le frittelle dei poveri (le murùuze) aggiungendo alla polenta farina, uova e zucchero.
La polenta fa parte della nostra cultura tanto che è entrata anche in alcuni nostri proverbi. "Ciacèri e pulèenta sùurda, se và a lèt cun la fam", "pulèenta sùurda, sèena balùurda".
“De Polenta quae Gracè dicitur” nel Medioevo la polenta di Farina di cereali veniva preparata con farina d'orzo e fave sminuzzate e cotta in acqua salata e in un paiolo di rame . Il Platina usa anche fave tritate e cotte. Nel 1600 si sostituì l’orzo, la farina di ceci, il miglio con la farina di granoturco giallo o bianco, a volte mescolata con grano saraceno, o farina taragna e formaggi come in Valtellina. La polenta consa è caratteristica del cremonese ma ha preparazioni simili in Piemonte, e si differenzia dalla polenta “bisna” friulana con lardo e cipolla, e dalla polenta “carbonera” trentina con salame cipolla burro e formaggio. In alcune zone del cremonese era tradizione la “pulèenta infasulàada”, (la polenta cotta con i fagioli).
La polenta, seguiva le fasi annuali di coltivazione. Nelle campagne cremonesi molto diffuso era il cosiddetto ‘diritto di zappa’, che offriva ai coloni la concessione di piccoli appezzamenti in cui potevano seminare granturco ovvero il melicotto cioè gran turco o frumentone quarantino e ciò influenzò profondamente il loro menù. Vincenzo Lancetti accomuna i Cremonesi con i Bresciani e i Bergamaschi chiamandoli “polentoni”.
Melchiorre Gioia appunta che il mais , “è coltivato nel cremonese in quantità piuttosto abbondante” e il raccolto è fatto ad Ottobre mentre lo stesso campo può essere coltivato in tempi diversi a frumento, miglio, legumi e ciò spiega come la polenta fosse in tempi lontani un alimento stagionale legato all’uso di farine diverse.
Giorgio Maggi
Il quadro di Pietro Longhi "La polenta" custodito a Cà Rezzonico a Venezia
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