Quando si era vegani senza saperlo (e soprattutto senza volerlo)
Carni? Plurale? Era una festa vederne una! Di solito venivano sfoltite dal censimento del piumaggio da cortile.
La gallina era quella che dormiva i sonni meno tranquilli, per lei un bagnetto caldo con carota sedano e cipolla era sempre pronto, due occasioni in particolar modo: se era ammalato il padrone o ammalata lei. Nel secondo caso, incazzandosi, perdeva il piumaggio e la sventurata implume ci lasciava le penne. Capito perchè si parla di penne all'arrabbiata?
Il bagnoschiuma di risultanza, corroborato dalla presenza dei condomini dell'aia, maial&mucca, diveniva i tre brodi dove affogare marubini che tutti si precipitavano a salvare dall'annegamento.
Al bipede onore al merito d'essere una creatura straordinaria: risulta edibile prima che nasca e dopo che è defunta.
La carne (un lusso "LE" carni) era relegata essenzialmente a tre occasioni: pasqua, natale, sagra. Ve n'era una quarta: sposalizio (ed era più duraturo dei matrimoni odierni) dove venivano ammanniti, taluni lessati, talaltri arrostiti, alcuni mandati a farsi friggere, altri messi nel sacco (cioè insaccati) i coinquilini di cortile, porcelli, anatre, oche, tacchini, faraone e chi più ne ha più ne spenni*.
Aggiungere il coniglio, ora assurto a ruolo di piatto gourmet, allorquando viene servito -relata refero- ..."con le sue pesche glassate", certo: schizzinoso com'è si glassa personalmente le pesche, in modo da ottimizzare il tempo che abitualmente risparmia sulla copula.
*spenni: dal verbo spennare. Vedasi Agenzie delle €ntrate. £€ ta$$€ si pagano, non ci sono santi! Bugia, uno c'è: San Guisuga.
La carne di quadrupede (bovina, ovina senza b e quina) più costosa perchè non allevata in proprio, era una leccornia (ac100 sulla ì, please) che ci si poteva permettere una tantum (anzi una pochissimum) quando si azzoppava, o gli si anticipava il passaggio nell'ade, uscendo dal casello col teletrapass.
I morituri erano il marito della mucca o una concubina del toro: per questo esisteva la bassa macelleria, a prezzo calmierato e sbandierato dal bando affisso in comune.
Una nutrita fila da nutrire si accalcava dal bechèer (Via Solferino, ab antiquo era Via delle beccherie vecchie) e con poche palanche dava intermittenza alla dieta vegana. Quell'intermittenza era sempre agognata ed auspicata come meno saltuaria, ma la scarsità di $carsella, imponeva la veganitudine che non sapevano di praticare e soprattutto non volevano seguire, anche se salutare: ciao carne!
V'erano carni alternative che la campagna offriva (ovvero se ne servivano dè scundiòon, non proprio eccessivamente in maniera legale) come lepre, la cui salma finiva in salmì, chiocciole (che noi chiamiamo lumache) vero slow food, pennuti ai quali veniva revocato il brevetto di volo quando a schioppettate veniva instaurata la no fly zone.
Negli scaffali georgici della campagna si andava anche a fare spesa per mercanzie che ora farebbero storcere il naso, ma che prima avevano la funzione di non far torcere le budella. Si provvedeva a spedire al mondo ctonio, previo passaggio nella padella navetta, quindi non in taxi, ai tassi (il mustelide in questione, da noi è scisso in due categorie: èl tàss càan e il tàss nimàal, quest'ultimo più consono a perdere ogni scontrosità in pignatta) ricci, rane e da ailurofagi, qualche quadrupedino felino, da non confondersi col salame Felino.
Apporto proteico insperato, se dotati di buona borsa (perfetta quella di S. Omobono) era dato dall'acquisto di carni di cavallo e agnello, seguiti dai gregari come l'asino, pecora, capra, capra, capra, capra per far contenti i fans di Sgarbi.
Vi erano addirittura macellerie equine, una, in via Brescia, aveva il passaggio pedonale davanti, ma non macellava le zebre.
La carne era così preziosa che mai era servita per sè sola. Il lesso era un lusso propedeutico al brodo, la carne macinata era foriera di ragù, l'asino (mio collega) votato allo stracotto e il porcello* al salame (le ossa, non insalamabili, era la sola vera carne di maiale che si mangiava per sè sola e anch'essa propedeutica al brodo delle verze matte, alias rìis & véerze & pistüm** & lambrüsch per una full immersion in un very padan aperitìif)
La bistecca vera e propria latitava dal desco, al massimo si cambiava capoluogo di regione e la fiorentina diveniva milanese: la panatura ne arricchiva l'apporto calorico a favore del patrimonio colesterolico, così ho fatto la rima.
*porcello: in dialètt, nimàal, animale. Animale per eccellenza, senza specificare quale. Infatti il lemma non si usa per indicare nessun altro animale se non qualche bipede dalle pornocellule piuttosto vivaci. Documentandomi sul tema, uno scricchiolante signore piuttosto in là (senza al di) con gli anni [se al ristorante ordinasse un uovo alla coque, glielo farebbero pagare in anticipo] intervistato al proposito della carne preferita, ha risposto: "Quella di donna".
**pistüum: la pasta del salame, il macinato speziato a dovere (non in altro luogo) ancora da insaccare. Con esso si faceva il tastasàal: si schiacciava tra le mani l'impasto e lo si schiaffava con mossa da frisbee sulla stufa per poi tastarlo e vedere se era giusto di sale: ecco spiegato tastasàal. Se qualc1, ma saranno più di qualc2, intravedesse in questo macinato un'altra cosa e la chiamasse hamburgher... che le pulci di mille cammelli gli si posino sul ¤☆%♤●◇ e le braccia gli si accorcino così tanto da non potersi grattare.
A Vescuàat, col macinato non suin generis, si appronta la rustisàada, sorta di ragù cul ruviòòn che pochi sanno essere i piselli; sempre col macinato, ma però in tutto il contado, le massaie danno prova di economia domestica approntando le polpette non sapendo d'essere così sincretiche da accoglierne al loro interno ogni sorta di vivanda in una mirabile azione antispreco che altrimenti vedrebbe tali vivande avere un radioso avvenire nella pattumiera.
Una singolare (ovvio che una è singolare) preparazione, che ancora fanno a San Martino in Beliseto, è la faraona alla creta: l'ex volatile... ma quale volatile d'Egitto, l'ex bipede, viene imbalsamato nella terra e posto nel loculo, pardon nel forno, col conforto dell'estema unzione e il gradevole coinquilinaggio di rosmarino, salvia, aglio al posto del più consono incenso.
Una robusta martellata riporterà alla luce il de cuius che si presenterà al banchetto in una veste acconcia all'evento.
Questo piatto trae radici da storie di frodo, quando alla fame si portava rimedio col bracconaggio. La cacciagione* veniva subitaneamente incretata (questo significa gettare fango sulla vittima) con le penne e posta attorno al fuoco, mimetizzata da altre pietre e passando così indenne dai controlli dei controllori. Rompendo il sasso ormai cotto, il famoso cotto cremonese, il bipede ci lasciava una seconda volta le penne.
*cacciagione: trattasi di impallinamento di animali da piuma; parlasi di selvaggina quando l'animale si appalesa ipertricotico tipo pelouche, ma momentaneamente vivo.
Emblema delle carni nelle agapi targate cierre è il bollito, anzi i bolliti, natalizi, pasqualizi, sposalizi, santopatronodelpaesizi. Nel monolocale pignattistico prendono residenza, in stretta coabitazione osmotica, tagli di mucca, tipo: scaramella, pernice, testina, lingua salmistrata e non, coda, reale; ex animali interi tipo capponi* (questa battuta la capiscono in pochi) palmipedi vari e odori idem i cui effluvi immagino e sento now, mentre sto scrivendo dei lessi. Tornare a casa e trovare i lessi era una cosa che meriterebbe un film: Torna a casa Lassie.
*capponi: ex galli che una malandrina sforbiciata ha privato del necessaire per sfogliare le pagine del kamasutra. Si notano per lo smarrimento (dopo spiego anche smarrimento) che provano nell'harem delle coccodè; la cosa non sfugge alla padrona del pollaio che lo mette nella lista dei morituri prematuri.
Il volatile, all'atto pratico (non sessuale) è un uco. Se la kamasutractomia era maldestra (ciò non significa che la sinistra fa solo cose per bene) si otteneva il galüstèr, ovvero un gallo malcapponato, inadatto al chicchirichì, all'intersecazione obbigatoria al crescete e moltiplicatevi, però con uno sfavillante futuro ai fornelli e non come cuoco.
Questo, lo avesse potuto, gli avrebbe fatto girare le balle.
Spiego smarrimento: il padrone della cascina preferiva salariare i paisàan che avevano le consorti dai lombi freschi (la motivazione non doveva essere necessariamente agricola) e costoro ripagavano èl siùur padrùn dàli bèli braghi bianchi andando in soccorso della di lui moglie nei di lei momenti di smarrimento.
Torno (con la t, non p) in argomento slurp. Resoconto odeporico delle vettovaglie in oggetto. Il breve viaggio di questi gnam preclusi ai vegani, seguendo la direzione verso sud e affinché ciò non avvenga in tanta e desolante solitudine, aveva un paraninfo d'eccellenza e cremoneserrimissimo, eccezionale, un contorno obbligatorio: la mostarda! Mustum ardens, nata come mosto cotto e farina di senape, ma giunta a noi come frutta candita piccantata dall'essenza di senape ed una gioia per gli occhi che non riescono a trattenere le lacrime, grazie alla sanavra che vuol dire, in dialetto, senape.
E adesso che ho finito, che mi si è alzato il colesterolo e la glicemia solo a scriverne, cosa faccio? Pròova a induvinàa...
Ecco, indovinato! Ci vado coi miei amici
Tino Spezza, Nello Rapa, Pia Centina, Mara Toneta, Sara Cinesca, Tito Appe.
Tra i miei amici v'è penuria di ortoressici, vegani, astemi. Tutti campioni olimpionici di tiro al bicchiere, patenti ritirate, cavatappismo applicato, cinture nere di pinot nero e lambruschi risvegli.
Daghè n'uciàada alle foto. Didascalie...
0) Ritratto di Tina Fioren (messa a fuoco per bene)
1) Lessi. Non posso scrivere scrissi. Notare, please, le lingue: un bacio è fondamentale per la conoscenza delle medesime.
2) Rustisàada. Very vèscuadìin food
3) Fiorentina co' fagioli all'olio bono, ovvia!
4) Milanese. La cutalèta! Cùta 'ndèl butéer, ghè mancarèss!
5) Carnazza suina in süla gradela, coccola di colesterolo.
6) Fèta dè Pansèta. Rima fatta!
7) Carne magra. Troppo magra, che sa dè nigùt.
8) Ritratto del mio amico Tino Invol
9) Maialfest. Dose post quaresimale. Da evitare il giorno prima degli esami del sangue.
10) Mucco.
11) Tora. La mucca è un quadrupellelepipedo con tre lati attorno e un latte sotto.
12) Animali da cortile non più in ricreazione.
Scritto senza ausilio dell'intelligenza artificiale, sfruttando la propria demenza naturale, da Lilluccio Bartoli che ringrazia le muse ispiratrici Enza Intellig &nza Dem.
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commenti
Lilluccio Bartoli
4 ottobre 2025 10:46
Ma il vitello ha due genitori o un genitoro e una genivacca?