La Chissòola, i Pir Cut, i Bendèet, la Besumèera, el Manech e la Rustisàada nel Museo Digitale di Vescovato
Durante la pandemia un gruppo di vescovatini intraprendenti ha creato il Museo Digitale di Vescovato. Un progetto che, come si legge dal sito, non intende sostituirsi al luogo vero ma che intende essere propedeutico.
Recentemente questo sito che racchiude monumenti, luoghi, storia, ha ampliato le proprie pagine dedicando un capitolo alla cucina di Vescovato. Di seguito riportiamo per i nostri lettori le interessantissime ricette, manifesto della "Vescovatinità".
L'unicità della cultura vescovatina si declina anche nell'arte culinaria, tanto che esistono numerose ricette, che al di fuori delle contrade gonzaghesche sono sconosciute. Alcune di queste, come leggerete, nascono proprio dalle opportunità della particolare situazione socio-economica del paese e dalla scaltrezza dei suoi abitanti.
Ad esempio le prime due ricette sono prodotti da forno che hanno contribuito, anche con la loro "esportazione", allo svilupparsi dell'arte fornaia a Vescovato. L'intelligenza di queste due preparazioni sta nella possibilità di essere cotte nello stesso forno del pane, senza alimentarlo ulteriormente di legna, ma sfruttando il lento raffreddamento della struttura.
Il nome Chissòola è diffuso in tutta la Provincia, ma a Vescovato la ricetta ha caratteristiche peculiari. Si tratta di una "focaccia" realizzata a partire dalla pasta del pane, che viene unta di burro e/o di strutto e arrotolata più volte su se stessa. Una volta cotta, ne risulta una matassa composita: dorata all'esterno, e via via più unta e densa all'interno.
Ancora oggi è possibile trovare il pane dei vescovatini in commercio in paese.
I "Pir cut" sono le pere cotte che venivano prodotte un tempo dai forni del paese. Si usava una varietà antica di pera molto dura, che dimostrava il suo gusto solo dopo la cottura. Il valore locale di questo piatto, in apparenza comune, sta nel ruolo che aveva nell'economia del paese: era infatti uno dei prodotti che i "giradùur" vendevano (o barattavano) con più successo. Il "giradùur" partiva spesso per il suo giro con l'iconica asse di legno incastrata sul portapacchi, sulla quale erano disposte in fila le pere cotte.
I Benedetti sono dolci vescovatini realizzati a partire da una forma di pane azzimo, sulla cui sommità vengono distribuiti miele e zuccherini. Tradizionalmente sono preparati nel periodo di Sant'Antonio, a fine gennaio. All'origine di questo piatto potrebbe esserci proprio la festività del patrono degli animali, durante la quale si è soliti benedire le stalle. Dei benedetti esisteva infatti anche una versione zootecnica (molto meno raffinata): tramandata come una sorta di integratore per le vacche nel periodo più freddo dell'anno. Sull'origine del piatto si può altrimenti supporre, per la base azzima, un legame con la comunità ebraica presente in paese.
La Besumèera è un'antica ricetta quasi dimenticata, recuperata in extremis dall'ultimo depositario qualche decennio fa. Si tratta di uno stracotto in pignatta, cucinato con gli scarti della macellazione. I tagli in questione sono naso, coda, ganascia, testina, scaramella e, un tempo, quanto offriva la circostanza. Il tutto è poi amalgamato con le verdure dell'orto, spezie, erbe (tra cui l'originale uso della menta), passata di pomodoro, vino rosso e strutto. Quest'ultimo ingrediente e il tenore di grasso delle carni impiegate sono probabilmente all'origine del nome: da besùunt (unto e bisunto).
La ricetta povera rimanda ai piatti tipici dei conciatori di pelli toscani, che ricavavano questi tagli di carne di scarso valore raschiando gli ultimi brandelli attaccati alle pelli bovine. Calza dunque il parallelo con l'antica economia vescovatina, negli esempi dei giradùur, che raccoglievano tra gli svariati prodotti anche le pelli, e di diverse famiglie vescovatine storicamente attive nella lavorazione e nel traffico dei prodotti in pelle.
Possiamo poi scorgere un collegamento tra questo piatto e un soprannome che gli abitanti dei paesi limitrofi riservavano ai vescovatini (sempre adeguatamente ricambiati): i majacarùgni (i mangia-carogne).
El Manech
"A cavallo degli anni '40 la Signora Lazzaretti Ester e la Zia Gianina inventarono Un aperitivo particolare, che che prese il nome di "Manech" perché inizialmente veniva servito in una caraffa con il manico. Nel '74 fu perfezionato da Andrea Superti, figlio della Signora Ester. Va dunque a questi Vescovatini il merito di poterlo gustare ancora oggi in questo bar."
Così recita un cartello esposto al Caffè Commercio, il bar dove fu inventato e ancora oggi si può bere l'originale Manech.
La Rustisàada
Da non confondere con l'omonimo piatto di frattaglie in molte zone della Lombardia; la Rustisàada è una particolare ricetta di ragù, tipica di Vescovato, che prevede l'aggiunta di piselli e la più iconica versione con carne di cavallo.
Per visitare il sito completo: https://sites.google.com/view/museo-di-vescovato/pagina-principale?authuser=0
Per foto e testi si ringrazia:
Filippo Raglio, Elena Piccioni
Si ringraziano anche:
Giulio Girondi, Giada Scandola, Lilluccio Bartoli, Andrea Loi, Rosa Maria Brianzi, Luca Bodini, Romano Vantadori, Monica Boccoli, Elisa Mombelli, Hind Tounesi, Michela Vicini, Il Bar Centrale, Il Bar Commercio, El Furnèer.
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