La cucina di Giuseppe Verdi, il suo risotto e la ricetta della spongata di Busseto
Giuseppe Fortunino Francesco Verdi ( 1813 – 1901). “Il cibo è una consolazione per il corpo e per la mente”
La passione di Giuseppe Verdi per la cucina e la buona tavola trae origine dalla sua terra natia, l’Emilia e, più in particolare, la pianura piacentina e parmense. Terre ricche e generose che oggi sono rinomate per alcuni dei più apprezzati prodotti gastronomici d’Italia, celebri anch’essi, come il Maestro, anche fuori i confini nazionali.
Giuseppe Verdi era un vero e proprio cultore di questa ricchezza, fatta sia di piatti semplici e prodotti della terra sia di preparazioni artigianali ricercate, come il Culatello di Zibello , il Parmigiano Reggiano , il Grana Padano , il Prosciutto di Parma e i tre salumi Dop piacentini (Coppa, Salame e Pancetta Piacentina).
A testimonianza dell’interesse che il Maestro aveva per la buona tavola, le tante lettere scritte da lui stesso e dalla sua compagna di vita, Giuseppina Strepponi, che riportavano suggerimenti, ricette e aneddoti di cucina.
Tra i prodotti più amati in casa Verdi, la Spalla cotta di San Secondo , un piccolo capolavoro di arte salumiera servita anche nella locanda della famiglia di origine del Maestro e gli anolini e anitra arrosto magari abbinati ad un buon bicchiere di Gutturnio dei Colli Piacentini, di Malvasia dei Colli di Parma o il classico lambrusco.
La cucina di Verdi
Come un vero e proprio ambasciatore dei valori della sua terra, Verdi inviava abitualmente da Villa Agata ai suoi amici prodotti di salumeria e formaggi. Nelle sue residenze organizzava pranzi conviviali dove i prodotti tipici emiliani e la cucina genuina non mancavano mai. Preferiva, infatti, le sue ricette semplici e tradizionali ai sontuosi piatti serviti nei famosi ristoranti che per motivi di lavoro spesso doveva frequentare.
A lui grandi chef hanno dedicato piatti, come il francese Henry-Paul Pellaprat (1869-1952) che al Maestro dedicò un risotto a base di funghi, asparagi e prosciutto cotto. Tra le ricette ispirate a Verdi anche gli Spaghetti alla Traviata, una ricetta gustosa dai colori patriottici, a base di pomodoro e basilico fresco.
“La mia specialità di cuoco è il risotto. Mi piace cucinarlo a modo mio: fare soffriggere la cipolla, mescolarlo docilmente, aggiungere il brodo, come in un rito che vorrei non finisse mai”. Per primo anche tagliatelle e maccheroni al burro e per secondo vassoi di ostriche, scaloppe d’astice, vitello in umido e cavoletti di Bruxelles “Poesia, idealismo, tutto va bene… ma non si può fare a meno di mangiare. Domani vi scriverò forse di cose più alte , più poetiche, ma forse ben inutili!”. Verdi apprezza il risotto alla certosina fatto da un mix di pomodori, carote, porro e piselli fatti rosolare a cui si aggiunge il riso fatto cuocere con dosate aggiunte di brodo. A parte si preparano funghi in olio ed aglio, pesce persico e gamberi che saranno versati sul risotto giunto a cottura.
I dolci preferiti dal maestro: la spongata di Busseto.
Il nome pare derivi da spongia, cioè spugna, dovuto all’aspetto irregolare della superficie. È costituita da una base simile alla pasta brisée poi riempita di marmellata di mele e pere, pinoli, mandorle e frutta candita e quindi ricoperta da un secondo strato di pasta bucherellato e poi cotta in forno.
La ricetta tradizionale prevede una preparazione lunga tre giorni e pare che si possa fregiare del titolo di dolce italiano più antico: le prime notizie di un dolce simile si trovano addirittura nel racconto della cena di Trimalcione. Ci sono altre fonti che ne attestano l’origine ebraica e una lettera del 1454 in cui la spongata de Bersello veniva mandata come accompagnamento ai doni inviati a Francesco Sforza, duca di Milano. Da allora molto spesso veniva inviata come dono diplomatico o per gli auguri di Natale. E come ogni specialità che si rispetti ha una leggenda che la accompagna: pare che la ricetta sia stata rubata dalla cucina dei Conti Rossi di Berceto e poi custodita gelosamente da colui che la ricevette e tramandata agli eredi sotto vincolo di segretezza.
La ricetta più antica pare si trovi nel monastero delle benedettine e risalga al 1480 e in documenti risalenti alla metà del 1600 si trova un elenco di ingredienti per preparare un dolce che sono molto simili a quelli usati per produrre la spongata nel 1800. Questo dolce era anche molto apprezzato da Giuseppe Verdi e molto famosa è diventata la spongata di Busseto, paese natale del maestro.
Le varianti della ricetta sono davvero molte a seconda della zona in cui ci si trova. Noi ve ne proponiamo una.
Ingredienti: 400 g di pasta frolla, 300 g di miele, 20 g di mostarda di frutta, 60 g di pangrattato, 60 g di gherigli di noce, 50 g di uvetta, 50 g di pinoli, un pizzico di cannella, zucchero a velo per guarnire.
Utensili: mixer, ciotola per impastare, pentolino, mattarello, tortiera del diametro di 24 cm.
Procedimento: mettere in ammollo l’uvetta in acqua tiepida; nel frattempo tritate le noci e tagliate la mostarda a pezzetti. Mettete in un pentolino il miele, unite circa mezzo bicchiere di acqua e portate a bollore. Trasferitelo quindi in una ciotola, aggiungete la mostarda, l’uvetta, i pinoli, le noci, il pangrattato e un pizzico di cannella e amalgamate il tutto. Quando l’impasto sarà omogeneo coprite la ciotola con un canovaccio e lasciate riposare fino al giorno dopo in un luogo fresco. Il giorno successivo prendete la pasta sfoglia, dividetela in due parti e stendetela col mattarello. Con una parte ricoprite il fondo della tortiera, mettete il ripieno lasciando un centimetro di bordo attorno; coprite col secondo disco di pasta frolla e chiudete i lati. Cuocete in forno a 160°C per 15-20 minuti. Servite dopo aver spolverato la superficie con zucchero a velo.
Lavorate i tuorli con lo zucchero fino a che saranno diventati quasi bianchi; aggiungete 6 mezzi gusci d’uovo ripieni di Marsala o di vino bianco e ponete il tegamino sopra il fuoco, frullando continuamente e stando attenti di non fare bollire il liquido.
la brioche “Falstaff”
creata dall’antica pasticceria Klainguti (piazza Soziglia) per omaggiare il musicista Giuseppe Verdi durante il suo soggiorno genovese, in Palazzo del Principe, tra il 1874 e il 1901". Il maestro pasticcere svizzero Klainguti nel 1892 confezionò un nuovo dolce dedicandolo al maestro, chiamandolo appunto "Falstaff . Il celebre commento autografo di Verdi alla prelibata brioche, "Cari Klainguti, i vostri Falstaff sono migliori del mio!", è ancor oggi in bella mostra tra gli specchi dorati del locale.
Giorgio Maggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti