1 novembre 2021

La Faraona con la creta del Po e il pollo freddo cremonese di Mozart. Cosa bere con la faraveèza

La Faraona alla Creta o “alla valcuviana” è il metodo di cottura usato dai guerrieri antenati dei longobardi e che ancora si cucina come piatto tipico alla Trattoria Antico Pavone, in località San Martino in Beliseto nel Comune di Castelverde, sulla strada che da Cremona porta a Bergamo. 

Il dottor Luigi Ciniselli (1803-1878), primario ospedaliero a Cremona, ha lasciato nel suo diario un simpatico appunto che rese ancor più famoso l'”Albergo del Sole d'Oro” che era proprio dietro la basilica di San Domenico (demolita e su cui si sono realizzati i Giardini Pubblici). Il ristorante dell'albergo, famoso per aver accolto personaggi famosi come Cavour e Manzoni, vantava di essere l'unico a possedere la famosa ricetta: “...impareggiabile e dolce la faraona del Sole che mangiammo con il Frassi e il geniale Ponchielli. Il caffè Soresini ci appagò confermando la nostra Cremona, un paradiso di musicali sapori...”.

La Santina, che abitava nella cascina proprio di fronte alla chiesa di San Martino in Beliseto e che diceva di dormire nel letto di ottone di Napoleone, mi dettò il suo segreto che suonava pressapoco così:”Il segreto di una buona faraona non è certo la creta, ma un misto di profumi che deve essere di cipolla, carota e sedano preparati 'in pistaada' con lardo lavorato a crema, con odori di cannella e noce moscata. La faraona sarà farcita della crema e avvolta in carta oliata e poi in creta buona che si trova alla cassinetta...”.

La cosiddetta creta è costituita da diverse varietà di argilla sedimentaria la cui caratteristica è la malleabilità e la lavorabilità. A Cremona esistono fin dai tempi dei romani fornaci per la cottura dell'argilla del Po per la preparazione dei mattoni ("lapides") e delle tegole ("cuppos"). Nello statuto del 1245 si scrive che misure e modello del mattone saranno incise sulla parete est del battistero di Cremona (ancora visibili). (Giorgio Maggi)

                             

                                   E MOZART NEL VIAGGIO DA CREMONA A MILANO MANGIO' IL POLLO ALLA CRETA

Partiti da Salisburgo il 13 dicembre 1769, il piccolo Amadeus e il padre Leopold Mozart intraprendono il primo lungo viaggio in Italia. Fanno tappa a Innsbruck, Bolzano, Rovereto, Verona e Mantova. Nel tragitto tra la città gonzaghesca e Cremona, i due viaggiatori sostano a Bozzolo per il cambio dei cavalli, alloggiano all'Albergo della Posta e il piccolo genio improvvisa nottetempo un breve concerto nella canonica del parroco. Il 20 gennaio 1770 arrivano a Cremona. La permanenza di due giorni sotto il Torrazzo dimostra quanto i due illustri viaggiatori considerassero significativa Cremona, tanto che la sera del 20 assistono a uno spettacolo presso il Teatro Nazari, ospiti nel palco del proprietario, il marchese Giovanni Battista Nazari.

 Dove poteva soggiornare un personaggio importante che volesse venire a Cremona? Pochi in verità erano gli alberghi di alto livello, perlopiù si trattava di osterie con servizio di locanda come quella dell'Aquila Nera in piazza Roma, collocata dove adesso c'è il palazzo del Credito Commerciale oppure quella del Sole all'angolo tra le attuali corso Mazzini e via Solferino. Osterie con servizio di locanda anche in periferia o nel contado dove erano soliti soggiornare i militari anche perchè offrivano il servizio di stalla..

Tra gli alberghi importanti in centro c'era quello del Cappello, un tempo osteria dei Tre Re, poi diventata albergo del Cappello in via Giudecca (un tempo contrada degli ebrei oggi via Verdi) diventato poi la sede di soggiorno abituale di Giuseppe Verdi durante le sue frequenti visite cremonesi. Prima di lui vi avevano soggiornato altri illustri personaggi come l'imperatore Leopoldo II nel giugno del 1791 e Carlo III Duca di Parma con la consorte nonché la Regina di Sardegna proveniente da Mantova il 23 febbraio 1853.

L'albergo più importante di Cremona, l'albergo di lusso come si direbbe oggi, era certamente l'Albergo Imperiale della Colombina, di fianco al Palazzo dei Militi, di fronte al Battistero. Le colombe che ancora si vedono sotto i balconcini ricordano ai passaNti che lì soggiornavano i grandi della terra che venivano a Cremona utilizzando come sala da pranzo l'attuale Ristorante del Violino. Eppure quella locanda, come dichiarò la marchesa Margherita Boccapadule Sparapani Gentili nel suo diario, quella locanda era “né bella, né troppo pulita”. Forse era per la posizione o perché la città non offriva di meglio che lì scesero principi e sovrani come l'imperatore Giuseppe II nel marzo 1784, il principe Michele fratello dello zar di Russia Alessandro I nel 1819, la Duchessa Maria Luigia d'Austria nel 1831 di passaggio a Cremona per recarsi a Piacenza con un seguito di quaranta carrozze. Ed ancora soggiornarono alla Colombina la vedova di Francesco I di Napoli il 18 ottobre 1837 proveniente da Milano, il principe ereditario di Russia Nicola il 18 novembre 1838 e tanti altrI.

Mozart soggiornò una sola notte a Cremona e fu proprio all'Albergo Imperiale della Colombina. Giorgio Maggi, nelle sue ricerche sulla cucina cremonese, ha trovato una chicca notevole. GioBatta, cuoco del ristorante dell'albergo della Colombina, lasciò alcuni appunti tra i quali quelli riguardanti il “Pollo alla creta per Mozart” che dimostra la considerazione in cui il grande musicista Wolfgang Amadeus Mozart, fosse già considerato importante nonostante fosse solo “un bambino prodigio” passato di qui per una notte con il padre Leopold apprezzato musicista, prima di ripartire per Milano. Era tanta la premura con cui il personale dell'albergo circondava i due Mozart che nella ricetta si ricorda come i due ospiti avrebbero potuto consumare il pollo alla creta anche freddo viaggiando in carrozza  da Cremona a Milano.

Ecco, senza correzioni, gli appunti di GioBatta sul pollo alla creta per Mozart:

“Ciappa na tegama de tera cul quercio che'l gabia furma de' polastero. Te ci mette sul fondo usmarino, salvia, origanum siculo, timo serpillo, peterzilio, sedanum, addauro et allio. Sbrama il pulastro in pessettoni e settalo in terrina, cum pevere, sal et olio. Strofìna et luta il copercio cum bon sigillo di acqua e farina sì da havere tutto ermetico. Mettilo in fornace a calor de' cucina per più di un'hora. Fora con la punta di un pugnale la fessura lutata, estrai et servi in mensa. El polastro sì cotto è bono anche freddo se tenuto in casseruola da viaggio per il maestro che sene va' a Milano col figliolo”. 

 

                                                                           Faravèeza a l'egisiàana (Faraona all'egiziana)

 

Anni fa, Galdino, mitico titolare anni fa del ristorante Antico Pavone, di San Martino in Beliseto, preparava una faraona che fu decantata anche da Mario Soldati in una delle sue trasmissioni che illustravano i monumenti, le bellezze naturali, gli usi e la gastronomia dei territori lambiti dal Po: la faraona di Galdino aveva la prerogativa di essere preparata con un procedimento analogo a quello che descriviamo sotto, ma di essere cotta nella creta, anziché nel pane.

INGREDIENTI: una faraona, 30 gr. di burro, 100 gr. di pancetta, uno spicchio d'aglio, 12 bacche di ginepro, un rametto di rosmarino, un ciuffetto di timo, un pizzico di sale, una spolverata di pepe.

PER L'INVOLUCRO: 400 gr. di farina, 2 bicchieri d'acqua, un cucchiao d'olio, un pizzico di sale, un uovo.

Pulire bene la faraona, tritare finemente tutte le erbe e gli aromi, mescolarli al sale, al pepe e al burro. Lavorare il composto in modo che si amalgami bene e ungere la farona, tanto all'esterno quanto all'interno. Rivestire la faraona con le fette di pancetta, legarla e avvolgerla in un foglio di carta oleata. Impastare ora i vari ingredienti elencati, necessari a formare l'involucro, tranne l'uovo sbattuto e tirare una sfoglia alta circa ½ cm. Avvolgendovi la faraona, come in un cartoccio.

Fate bene attenzione a chiudere accuratamente, spennellando l'uovo sbattuto e schiacciando le parti a contatto che potrebbero lasciar sfuggire il liquido che si formerà durante la cottura. Spennellare anche la parte superiore, per ottenere una bella colorazione dorata a cottura ultimata. Passare in una teglia, in forno a 180° per circa un'ora e messa (per maggiore sicurezza saggiare la cottura con uno spillone), quindi togliere dal forno, praticare un foto nella parte inferiore dal cartoccio (attenzione a non scottarsi con il liquido bollente che uscirà abbondante), raccogliendo il liquido stesso in una scodella: servirà per irrorare le porzioni o per bagnare la polenta che accompagnerà il piatto. Portare in tavola in un piatto di portata e qui aprire il grosso pane! (Lydia Visioli Galetti)

Andrea Fontana, che settimanalmente cura per Cremonasera la seguitissima rubrica “da Cremona alla scoperta del vino”, afferma: La Faraona è un piatto estremamente versatile e abbinabile. La delicatezza delle cottura e la tenerezza della carne chiamano vini rossi giovani, fruttati e sapidi. Un Marzemino di Capriano del Colle o, se preferite, di Isera; un Dolcetto di Diano d'Alba o un Dogliani sono ottime scelte abbastanza territoriali. Per chi ama le interpretazioni un po' più esotiche, ci avventuriamo in un Ciliegiolo dei Colli di Luni o in un Cesanese del Piglio laziale.

Nella foto un quadro di Felice Boselli, natura morta con carni conservato al Museo Civico di Cremona


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