La mariöla e la ricetta del cotechino in dialetto cremonese (el cudeghìin)
Agostino Melega, studioso e custode delle tradizioni e del dialetto cremonese, in vista dell'autunno dopo questa lunga estate calda, ci ha preparato questo articolo dove illustra le caratteristiche di due salumi: la mariöla tipico di una parte dell'Emilia e della bassa cremonese e la ricetta del buon cotechino in una poesia nel dialetto di Bonemerse.
LA MARIÖLA
La mariöla è uno dei salami tradizionali della Bassa Parmense e del Piacentino e di parte del Cremonese. Ne esistono due diverse versioni: una cotta ed una cruda. Un tempo i signori volevano solo la seconda, quella cruda, la più complessa da conservare, mentre i più poveri dovevano accontentarsi di quella di cotechino da cuocere. Ora si trovano entrambe sul mercato alimentare. Sono tutte e due salami di grossa pezzatura dall’impasto fine, con aglio ed aromatizzati con un po’ di vino bianco.
La mariöla si produce utilizzando parti nobili del maiale insaccando questa materia prima nell’intestino cieco che garantisce una lunghissima stagionatura (tradizionalmente un anno) mantenendo la carne morbida all’interno.
Agli inizi del secolo era consuetudine macellare il maiale attorno al giorno della Madonna Immacolata. Ed avveniva nel momento in cui l’animale aveva raggiunto il peso ideale di 150/200 kg. Il clima freddo favoriva le pratiche di macellazione e di conservazione delle carni. I prodotti ottenuti dovevano essere sufficienti per tutta l’estate e parte dell’inverno seguente, sino alla successiva macellazione. La conservazione delle carni stesse era frutto dell’esperienza tramandata da generazioni.
La mariöla, per le sue dimensioni di salame largo, per il suo caratteristico sapore e la lunghissima stagionatura, era spesso il salume delle festività natalizie
“Il Cotechino” di GIACINTO ZANELLI (nel dialetto di Bonemerse)
EL CUDEGHÌIN
Àaqua bundàanta e na pügnàta de bùni mišüüri
te tùca fàal cóošer per trè o quàtr’ùuri;
mèi amò se ‘l è ‘n cudeghìin nustràan,
magàari na ‘bùgia’ o na ciöta fàta sö a màan
da’n masalèer che gh’à i barbìis
o perloméeno… i cavéi grìis.
Té pòortel in tàaula bèl càalt e saurìit
che, in de ‘l tajàal, el se tàca a i dìit:
te vedarèet che, cun lentécia o cu’l püré,
te mangiarèet sèemper en piàt de rè;
e se per càašo ‘l è insèma a i lès,
la so bèla figüüra el la fà ‘l istès.
Gh’è àan’ tàanti che scùulta la tradisiòon
perché per ‘l üültim de ‘l àn el pòorta bòon:
e a servìil cun en piatìin de lentécia,
fürtöna e sòolt el na pòorta… na sécia!
IL COTECHINO. Acqua abbondante e una pentola di buone misure/ tu devi farlo cuocere per tre o quattro ore;/ meglio ancora se è un cotechino nostrano,/ magari una ‘boccia’ o un ‘insaccato’ fatto su a mano/ da un macellaio che ha i baffi/ o perlomeno… i capelli grigi.// Tu portalo in tavola bello caldo e saporito/ che, nel tagliarlo, si attacca alle dita:/ tu vedrai che, con la lenticchia o col purè,/ tu mangerai sempre un piatto da re;/ e se per caso (esso) è insieme ai lessi,/ la sua bella figura la fa lo stesso.// Ci sono anche tanti che seguono la tradizione/ perché per l’ultimo dell’anno porta fortuna;/ e a servirlo con un piattino di lenticchia,/ fortuna e soldi ne porta… una secchia.//
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commenti
Lilluccio Bartoli
20 settembre 2022 22:03
Caro Agostino, sai perché si chiama Mariöla? Era il salame che traghettava l'ultimo porcello a quello nuovo (infatti era l'ultimo ad essere goduriosamente tagliato) e questo avveniva usualmente per la festa della Madonna, l'8 dicembre (e la Madonna si chiama Maria, nome guarda caso somigliante assai a Mariöla) quando un altro maiale si preparava all'estrema unzione -con strutto ovviamente- e divenire salami e mariöla ai quali nei mesi a venire si sentirà particolarmente legato con appropriati lacci suin generis. Lilluccio Bartoli