Mostarda, veleni, violini… glottologie cremonesi. La chimica spiega il successo del contorno tipico di Cremona
In cucina l’antico preparato a base di mosto di vino (mustum ardens) e farina di senape rappresentava un ottimo rimedio per conservare verdure e frutta (zucca, ciliegie, mele, pere, fichi -Früchte in Senfsirup). Nella senape (Brassica) sono presenti i glucosidi sinagrina e sinalbina. Queste sostanze per effetto di particolari enzimi si scompongono in acqua liberando piccanti dal sapore pungente. Un altro glucoside, la pectina (E440) contenuta in bucce e semi, completa la gelificazione della frutta mantenendone forma e colore. Le più famose mostarde italiane sono quelle di Cremona e Mantova ( che aggiunge alla ricetta mele cotogne),
“ menda li frutti et armandole et fai bullire a basso foco cum solutione succharina o mosto bono per uno spatio di mezza hora, ritrai li frutti cotti et fai siccare et appassire per giungere a candimento. Riponili in una olla di cotto et versavi suso una solutione dulce cum senapa fino al culmo dello vaso . Sigilla et luta bene et conserva in buio et fresco”
La ricetta della mostarda si fa risalire al cuoco del vescovo di Liegi che nel 1604 descrisse la sua preparazione in Overture de Cuisine di Lancelot de Casteau. In Francia la mostarda di Digione (moutarde de Dijon) è tra le più apprezzate. Documenti testimoniano che nel ‘700 le preparazioni a base di mostarda erano offerte nelle drogherie annesse a farmacie tenute da abili speziali. Esse oltre all’effetto antibatterico provocano iperemia con aumento dell'afflusso di sangue e conseguente aumento della secrezione gastro-intestinale.
Da : LIBRO DE ARTE COQUINARIA COMPOSTO PER LO EGREGIO MAESTRO MARTINO COQUO OLIM DEL REVERENDISSIMO MONSIGNOR CAMORLENGO ET PATRIARCHA DE AQUILEIA
Mostarda da portar in pezi cavalcando.
Habi la senepa et pistala como è ditto di sopra, et habi de l’uva passa molto ben pista; et con le ditte cose mitti de la cannella, un pochi de garofoli. Poi ne poterai fare pallottole tonde a modo di quelle che se tragono con l’arche, o pezoli quadri di quella grandeza che ti pare et ti piace; et li metterai per un pezo ad asciucchare sopra una tavola, et sciutti tu li poterai portare de loco ad loco dove tu vorrai. Et quando li vorrai usare li poterai stemperare con un pocho d’agresto, o aceto, o vino cotto, cioè sapa.
In chimica ed in cucina come in guerra ed in pace il termine “mostarda” indica due preparati estremamente diversi: In cucina l’antico preparato a base di mosto di vino (mustum ardens) e farina di senape. (acidi e mosto avevano l'insostituibile ruolo di estrarre dai semi di senape il precursore dell’isotiocianato di allile. L’isotiocianato di allile CH2=CH-CH2-NCS è responsabile di quel particolare aroma di piccante che accomuna rafano, senape, rapanelli, wasabi. La molecola estratta con acidi (aceto o mosto d’uva) dai semi di senape (brassica juncea) è separata per distillazione in corrente di vapore e utilizzata per preparare mostarde. CH3-SO-(CH2)4-CNS è l’isotiocianato sulforafano contenuto nei broccoli.)
Che cosa dà alla senape il suo pizzico caratteristico? Quando i semi di senape vengono schiacciati in presenza di liquidi gli enzimi attivano il rilascio di composti sulforosi e sulfurei pungenti che rapidamente evaporano. La presenza dell'aceto, mantiene più a lungo la presenza di queste sostanze che nel tempo denaturano. Dalla reazione enzimatica si creano l'enzima mirosinasi e vari glucosinolati come sinigrina, myrosina e sinalbina
La mirosinasi trasforma i glucosinolati in vari composti isotiocianati noti in genere come olio di senape. Le concentrazioni di diversi glucosinolati nelle varietà di piante di senape e nei diversi isotiocianati che vengono prodotte, fanno gusti e intensità diversi. Gli isotiocianati sono responsabili della forte e calda sensazione pungente ( gli inglesi la chiamano Zing:)in senape e in rafano, wasabi e aglio.
Documenti testimoniano che nel ‘700 le preparazioni a base di mostarda erano offerte nelle drogherie annesse a farmacie tenute da abili speziali.
Esse oltre all’effetto antibatterico provocano iperemia con aumento dell'afflusso di sangue e conseguente aumento della secrezione gastro-intestinale.
Il gas asfissiante "iprite". detto “mostarda” fu sperimentato dai i tedeschi nella prima guerra mondiale. Il miscuglio mortale di gas, che non aveva evidentemente relazione chimica con l’alimento, aggrediva la pelle con un effetto devastante, bruciandola e rendendola inconsistente e gelatinosa proprio come un frutto conservato nella innocente senape.
La mostarda sembra essere metafora di una scienza chimica che forse non conosce etica ma rimane mezzo nelle mani dell’uomo che ha la obbligo di usarla responsabilmente.
Armonie di raffinati chimismi negli ingredienti per la cucina e la musica: mostarda d’aromi, strumento epistemologico alla ricerca del violino cremonese?
Pochi sanno che le misteriose vernici dei liutai, tra i quali Stradivari, fossero a base di sostanze normalmente utilizzate in cucina: il silicato veniva usato come conservante delle uova perché ne proteggesse il guscio nel tempo; il mastice, resina estratta da un albero dell’isola di Chio, è noto per i suoi componenti chimici ed oli essenziali principale base di gustosi dolcetti canditi e del profumo caratteristico del vino appunto chiamato “retzina”. La gommalacca estratta da essudazioni di alcuni particolari insetti (cocciniglia della lacca, Tachardia lacca E904) è ancora utilizzata sulla buccia degli agrumi sui chicchi di caffè, sulla superficie di alcuni cioccolatini, come conservante naturale non tossico(…forse) . Il colorante estratto da lacche prodotte da cocciniglie del genere Kermes (vermiglio della quercia) è utilizzato per produrre l’alchermes, uno dei liquori più comuni in pasticceria noto come E120, E124. Lo zafferano essenziale nel risotto, il sangue di drago conservante e disinfettante, tannini, antociani e flavonoidi rossi, ottenuti da frutti e radici come guado, robbia (radice aperitiva) o cortecce di particolari alberi ( quercia, legno rosso, pernambuco…), erano e sono tuttora basi coloranti per vernici acustiche. Alcuni studiosi hanno ipotizzato l’uso nelle vernici degli antichi violini d’albume e tuorlo d’uovo al pari della antica “olifa” bizantina, olio di lino, olio di noce e alcool, ottimo rimedio anche per le armonie dell’umore. Miele, propoli, estratti colorati da garanze, gemme di pioppo, girasole noti all'aromataro esperto in impacchi ed alla residoura esperta d'arte culinaria. L’antico liutaio sapeva trattare il legno con sali, depurandone le cellule da pectina acida (acido poligalatturonico parzialmente metossilato), o con saccaridi come miele o mucopolisaccaridi come chitina per migliorarne l’acustica. L’artista del legno ancora oggi sa sfruttare il controllato invecchiamento del legno (stagionatura) al pari del cuoco che stagiona e frolla i suoi alimenti . Non è difficile immaginare che questi personaggi eclettici sapessero trarre dalla corteccia di abeti e cedri rossi, ginepri e salici intrugli “magici” a base di trementina e salicilato per alleviare infiammazioni e malanni stagionali.
Dalle americhe giunsero, in pieno rinascimento, i più strani prodotti e tra questi i gustosi fiddlehead, felci commestibili a forma di riccio di violino e di moderno frattale, ornamento gustoso anticipatore di alchimie gastronomiche, musicali e matematiche.
Nel barocco grandi musicisti come Claudio Monteverdi e scalchi come B. Stefani o B. Scappi (XVII sec), si affidarono a Torquato Tasso per le loro alchimie musicali e gastronomiche, senza dimenticare cuochi e scrittori come Bartolomeo Sacchi (1421 –1481) detto il Platina, Anthelme Brillat-Savarin, (1775 - 1826), Antonin Carême, (1784-1833), Pellegrino Artusi, (1820 - 1911), Auguste Escoffier, (1846 - 1935).
La simbologia ermetica degli opposti, chiamata oxymoron, nel Combattimento di Tancredi e Clorinda (1624) aiuta a comprendere quanto l’armonia della musica e della cucina fossero intrecciate con l’agrodolce ed i segreti ingredienti della chimica delle origini. “La tavola sarà apparecchiata con tovaglia doppia finissima con superbe piegature e ad un capo della tavola vi sarà un trionfo che sembri il combattimento di Clorinda con Tancredi, il tutto fatto di finissimo zuccaro cristallino” (dall’arte del ben cucinare di Bartolomeo Stefani cuoco di Sua Altezza Serenissima il Duca di Mantova – 1662).
Lo zucchero cristallizzato non esiste tal quale in natura ma è il prodotto della tecnologia della raffinazione di canne o barbabietole. La stessa complessa modificazione chimico alchemica che in natura sfruttano le api e che l’uomo utilizza per ricavarne miele: prezioso oro … commestibile.
nelle foto la mostarda di Cremona, la chimica della mostarda predisposta e una ricetta tutta lombarda lasciataci dal Fioravanti (sec XVII)
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