18 luglio 2022

Quei ristori nei baracchini lungo il Po. La stagione delle "conse" e dei "pumates".

"Me süüda infina la lìingua in bùca". E' questo un antico e paradossale modo per dire che fa un caldo terribile, proprio come quello di questi giorni. Ce lo ricorda Luciano Dacquati in "Te'l dìghi in cremunées" insieme all'invito a lasciar stare la moglie quando fa troppo caldo con un modo di dire tramandato dai nostri vecchi che è un misto di dialetto, italiano e una puntatina di latino: "La muliere in un cantone quando el sol est in leone". 

Ma che cosa suggerisce la tradizione a tavola contro la calura. Partiamo ancora una volta dagli appunti dell'architetto Gino Priori "Ricordo di vecchie osterie a Cremona". Priori racconta che i cremonesi erano soliti cercare refrigerio sul Po da raggiungere rigorosamente in bicicletta. "Chi non ricorda Livrìin e Barbana, titolari di osterie sul Po, uno a monte in Olza sulla sponda piacentina, l'altro a valle sulla sponda cremonese vicino alle Colonie. Davanti al bicchiere incantavano l'uditorio dei pochi privilegiati ammessi, con linguaggio vivo, ricco di gergo e di mimica. Attraverso i loro ricordi passava le tipologia locale della più varia umanità: pescatori, ghiaiaioli, bracconieri, ladri di galline, mediatori, avvocati, proprietari terrieri, frodatori del dazio: persone che hanno lasciato un segno nella storia viva della città, attraverso le loro complesse vicende umane". "Tra i tavoli delle osterie in città giravano "conse superbe" mentre nelle osterie di Porta Po si poteva trovare anche il pesce fritto di fiume, portato da pescatori dilettanti e professionisti che lo cambiavano in consumazioni di vino. Da bere veniva servita una "staffetta" di frizzantino fresco al punto giusto prelevato così dalla cantina oppure - come abbiamo già visto - il Sinalco una bibita dolciastra forse a base di sidro di mele o il vino si mischiava con la gazzosa. Quasi sempre il vino delle nostre osterie era di origine mantovana, reggiana o piemontese. In qualche osteria si teneva anche vino meridionale, "Nàpul" e "Mandūria" di un colore ambrato senza spuma e dotato di gradi che tagliavano le gambe, complice anche il caldo, al bevitore inesperto malgrado i bocconcini di cacio o pan biscotto che lo accompagnavano". 

Anche nell'orto si pena per il caldo. Così "La Crema di crema" racconta quel che succedeva a chi coltivava l'orto nel cremasco.

"Luglio, per il nostro territorio questo mese rappresentava il periodo della grande calura e della conseguente siccità che rendeva penoso il lavoro nei campi e inaridiva le fonti d'acqua mentre la terra attendeva il benefico umore soltanto dalle perturbazioni del cielo. Anche liturgicamente era imperata l'orazione "ad petendam pluviam" che trovava la sua eco nell'invocazione popolare "O Madona, o Sant'Ana quant el piof l'è tanta mana"  nell'auspicio tipicamente cremasco: "Per San Pantaleù ga 'ol acqua a brigulù" (feste che ricorrevano rispettivamente il 16, il 26 e 27 luglio). Era il momento in cui l'ortolano doveva recuperare, attraverso opportuni invasi, qualche giornata d'acqua per dissetare le delicate colture minacciate nel loro sviluppo dall'implacabile "rebatù dal sul"...L'ortolano doveva curare che alcune semine avvenissero entro una scadenza ben definita: "A sant'Ana i fazoi an da la tana".A fine luglio si semina la "sicoria" bianca, cosiddetta "fiòca", vari tipi di radicchio, i zermòi, i grasèi. A fine luglio si seminano anche "le ràe" e la gente del mestiere ripeteva in un italiano approssimativo:"Se vuoi fare un buon rapuglio, semina nel mese di luglio". In questo mese si raccoglievano moltissimi ortaggi, tra i quali le söche e le fazulane. Ma era soprattutto il trionfo dei pumàtes".

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Da sempre si consiglia di bere succhi di frutta contro il caldo: dissetano e contengono vitamine. Ecco una ricetta per fare in casa il succo di frutta. La ricetta arriva da Giuseppina Barosi di Scandolara Ravara

INGREDIENTI: 1 kg di frutta (va bene qualsiasi frutta)

                          gr. 200 di zucchero

                          1 succo di limone

PROCEDURA: Lavare la frutta. Scottarla nell'acqua bollente per qualche minuto. Passarla al passaverdure. Aggiungere il succo di limone e lo zucchero.

                         Mettere il succo, freddo, nei vasi e chiuderli.

                          Far bollire i vasi a bagnomaria per 30 o per 15-20 minuti se i vasi sono da mezzo chilo o meno.

Le fotografie sono di Ezio Quiresi

 


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