1 ottobre 2024

SALAM& FESTA (assieme fanno una bella figura e non la figura del salame)

Mi è stato richiesto questo pezzo (una bella fetta; Direttore: agli ordini!) sul salame cremonese che sta per ricevere i festeggiamenti della festa del salame nel salotto (sal8) di Cremona, festa che gli si fa sovente, soprattutto a ca' mia.
 
Questo giornale abitualmente riporta le notizie come stanno. Se in una corsa a due, arrivasse primo Zelensky e secondo Putin, non riporterebbe la notizia che Putin è arrivato secondo e Zelensky penultimo. 
Quindi la festa del salame è una kermesse per mettere in mostra questo capolavoro colesteroloso, sicuramente per farlo apprezzare, ma ancor di più per prezzarlo, data la fina£ità pro$aica dei partecipanti a££a manife$tazion€.
 
Il salame (cremonese, non se ne parlerebbe nemmeno altrimenti) è pronto a dare la sua tesi di laurea, dopo gli esami di maturità, che vanno ben oltre i mesi occorrenti alla stagionatura. È stato pure investito della profumatissima laurea odoris-causa dell' IGP, Indicazione Geografica Protetta: il salame diventa una specie pro tetta, ma sono in molti ad essere a favore di questa rotondità feminea; figuriamoci a Cremona -con le sue 3 T- sopratttuttto! 
 
Nessun altro potrà fregiarsi del titolo se non corrispondente a precisi dettami che la gola, la cultura, il tempo, e la storia hanno codificato e mai scritto. 
La ricchezza è già nei tagli di carne che lo compongono, dato che non viene fatto altro che salame, cotechino, coppa e pancetta; no prosciutti, no zamponi, no guanciali, no lardo, no spalla cotta, no culatello, no fiocchetto, no Martini, no party. Sì lambrusco. 
Come prerogativa principale, ha l'aglio, presente all'appello in maschia maniera: straordinario per allontanare i vampiri, ma per questo è sufficiente spegnere il televisore, non fare polizze, non chiedere mutui. Sfortuna massima sarebbe incappare in tutte e tre, ma per fortuna nessuno ha, al contempo, tv, assicurazioni e banche. Bugia. 
 
Il salame, ha all'attivo secoli di onorata carriera, tesa a zittire appetiti atavici, svolta con grande umiltà e raggiungendo gli obbiettivi prefissati, come arredare in maniera acconcia, le pareti desolantemente vuote dello stomaco. 
Ora, assurge agli onori della celebrità, con festa apposita, che lo sdoganerà dal ruolo avuto in cantina, per attribuirgliene uno da salotto, dopo lo stage -durato anni- nelle corrusche vetrine delle salumerie che lo esponevano come gioiello della corona del re porcello. 
 
Il datore della materia prima, lo esponevano anche prima, ad esempio l'Antelami, lo pone, anzi lo espone, nei fregi dei dodici mesi sul protiro del Duomo di Cremona, sacrosantemente -dato il luogo- appeso a testa in giù e pronto per essere salamato, nei mesi freddi di propria spettanza. 
Quanti sanno che, sul protiro dèl dòm, il mese di novembre (mese di onoranze funebri suine) è all'ottavo posto? Perché? Perché i mesi iniziano con l'annunciazione miracolosa alla madonna il 25 marzo 1 a.C. o d.C? C. vitamina e serie calcistica spauracchio della Cremonese.
[il bambinello, umanamente, nascerà 9 mesi dopo il 25 dicembre]
 
Nell'archivio capitolare della cattedrale è agli atti un codice miniato, con importanti testimonianze sul quadrupede (due piedini + 2 zamponi) conservato nell'obituario, ovvero il registro dei trapassati che, per ingraziarsi il passaggio al piano superiore, oblavano, come ticket, cospicui lasciti, terreni, cascine, tenute, possedimenti, palanche e chi più ne ha, più non li investa in Stellantis. Ora questo ticket (l'obituario) non è più in uso, a favore del più tecnologico teletrapass. 
 
Secondo il principio del pecunia non olet, la chiesa ha sempre avuto un occhio di riguardo per questi pii lasciti, ed io mi domando: è possibile, in un lascito, lasciare delle tenute? 
Mi domando anche altre cose: quanto sia costato edificare la cattedrale e se l'opera pìa (leggasi "a gratis") dell'erigenda fabbriceria sia stata richiesta come penitenza ai tanti peccatori, dei quali non c'è mai stata penuria. Questo toglierebbe un po' di splendore all'aspetto spirituale e aggiungerebbe un'aurea prosaica molto terrena; non si scordi che la chiesa, per pia causa, intercettò e dirottò il volere di Cavalcabò quando questi lasciò -ohibò!- i suoi averi "ad pauperi christi". 
A questo proposito, sotto la loggia dei militi, in Piazza Duomo, si dia uno sguardo alla lapide che ricorda Mauro Macchi, il quale lasciò ...800 lire annue perché ne avvantaggiasse l'istruzione dei poveri "esclusa ogni ingerenza clericale" 
 
Ma guarda cosa salta fuori parlando del salame! Cosa ha fatto il "povero" salame per meritarsi tanto? A parer mio, manducatore indefesso, crapulone impenitente, epicureo professionista, lottatore continuo contro la bilancia e -of course- ghiottone errante, il merito se l'è guadagnato sui vari campi citati qualche riga fa: gola, in primis, alla quale il tempo ha dato modo d'affinarsi e, in secundis, la cultura sorretta dal capace puntello della storia. 
 
Gola. Quando si faceva la festa al maiale -non senza che il festeggiato esprimesse tutto il suo disappunto- io ricordo il "masalèer", dopo che il cadavere del morto era deceduto e presentava evidenti segni di decesso, chiedeva al committente cosa avrebbe dovuto tener da parte del porcello, in seguito all'operazione che si fa abitualmente quando si guarda cosa c'è dentro al porcellino di porcellana, dopo che, nella fessurina sulla schiena, si sono infilati i soldini. La fessurina la si pratica con metodi piuttosto sbrigativi e, invece dei risparmi, fuoriescono -estroflettono, per essere precisini- i futuri salami. 
 
Abitualmente rimaneva, sottraendolo al macinato, come s'è detto, solo cotechino, pancetta, coppa; come nella dichiarazione dei redditi che macina tutto e lascia molto poco. Nel primo caso aumenta il colesterolo, nel secondo, l'ulcera. 
Da noi non si fanno quelle sante reliquie come il prosciutto di San Daniele con San Secondo che gli fa da spalla cotta. Quanti sanno che il povero paisàan faceva il culatello, straordinario salume proctologico, per poi venderlo e -col ricavato- comprarsi il lattonzolo, futuro porcello? Ma ve lo figurate il contadino che prepara una simile leccornia, quando il braccio di ferro con la fame lo vedeva perdente? 
 
Il fatto che tutte le parti nobili finiscano nell'impasto, perpetrando la prerogativa dei nobili ad avere le mani in pasta, differenzia già dalla "sorgente", il salame cremonese. Darà poi, alla copiosa fonte padana, vanto al suo scorrere. 
 
Si può imbattere nei suoi ghiotti rivoli al Sales di Stagno Lombardo 037257008, in riva al Po, beandosi del panorama stando in riva alla Malvasia. 
Si può inciampare nei suoi lacci all'Umbrelèer di Cicognolo 0372830509 per saggiarne le varie stagionature e nell'indecisione preferirle tutte. 
 
Si può sposarlo col panbèscùtt acconcio al BarH di Grontardo 3332176754 con al seguito qualche buon vino, lambrusco, paraninfo obbligatorio, affinché il breve viaggio verso sud del cibo non avvenga in tanta e desolante solitudine o acquistarlo dall'impresario di pompe funebri suine, Maurizio Molinari a S. Savino, Cremona 037258289 (zerotresetteduecinquantottoventottonove) per farsi male al fegato, accorciandone di una spanna un esemplare. 
 
Cultura. Si immagini il francescano asciolvere di una fetta di salame in compagnia dell'amata e di una buona bottiglia. C'è chi ama più la seconda della prima e preferisce d'annata solo la seconda. Dannata in caso di bottiglia valtellinese di Inferno.
 
Si immagini la scena vista da un nostro dirimpettaio d'oltracquasalata, dopo il saluto di rito: salam! (magari allah'aglio) gli coglierebbe l'orrore di vedere due infedeli con una svergognata senza veli, che mangiano maiale e bevono alcool!!! 
Per la nostra cultura una cosa assolutamente normale, per i nostri dirimpettai, l'abominio. La cultura sta anche in una fetta di salame. 
 
Se si mangiasse tutto ciò che è edibile, sparirebbe la fame nel mondo, in un minuto primo e un paio di secondi (contorno, frutta, dolce, a seguire). 
Basti pensare all' India e alle vacche sacre: per la nostra cultura, quanto spreco tutto quel ben di Buddha, quanti macellai disoccupati, quanti hamburger da nefast food invenduti! 
 
Eppure l'orrore del nostro vicino portatore sano di numeri, innanzi a salame e vino, noi lo percepiamo solo se pensiamo a qualcuno che sgranocchia qualche croccante cavalletta, o, come spuntino, un ghiro dorato al miele, servito senza tanti fronzoli, i famosi ghirigori. 
2000 anni fa, a Roma, i ghiri non erano animaletti da compagnia e "se magnavano" dato che erano nel menù (la "magna" carta) mentre invece, fortunatamente, le cavallette non avevano ancora invaso Montecitorio col loro magna magna. 
 
Tempo. Un tempo, la fretta, non aveva fissa dimora nella quotidianità, erano tempi in cui le quattro stagioni scandivano l'evolversi dei lavori e non erano ancora una pizza. Il "tutto e subito" di oggi, era "un po' alla volta e forse", si usava quel che il nonno aveva costruito e si costruiva per i nipoti: il beneficio era la continuità e il tempo era lì a scandirlo. 
La povertà la si divideva con tutti e non la si lasciava in esclusiva agli altri, secondo i dettami di alcuni esemplari bipedi, appartenenti alla specie, in via di distinzione, poi d'estinzione, del politicus avidus insatiabilis Arcorensis. 
 
Costoro, quando profondono danari -non loro, ergo, nostri- in una attività, vogliono vederne i frutti con una certa celerità; prima, ad esempio, che la magistratura voglia mettere il naso dove loro mettono le mani. Questo è il meccanismo che il progresso ha ben oliato: non si fa più una cosa pensando alla prossima generazione, ma alla prossima tornata elettorale, quando la sola promessa mantenuta sarà quella del voto di vastità. 
 
Succede la stessa cosa al salame: non si pensa più a stagionarlo perchè duri fino al prossimo porcello da salamare, ma a renderlo vendibile subito, con maquillage tendenti a scimmiottarne la stagionatura, vedi la muffa finta artatamente applicata al suo esterno, come il cerone steso sul volto di chi aveva, in vita, pochi capelli e molte reti televisive, per apparire come era una volta e raccontarci fiabe, che non iniziavano con c'era una volta, ma con c'erone una volta (anche due). 
 
Il salame targato Cr matura piano piano, dapprima come baco da seta, quando si presenta come luganega, poi bozzolo quando l'impasto viene racchiuso nel canonico tre fette. Il budello-scrigno che lo protegge è l' insieme delle cuciture di tre diversi budelli e mentre scrivo mi ritorna in mente l'afrore d'aceto che permeava la casa, quando col filo le donne facevano filò -e qui risiede la funzione socializzante del salame- cucendo i futuri salami, dopo svariate abluzioni nell'aceto che, per intuito, vorrei ne comprendeste il motivo, dato il traffico abitualmente dirimato dall' involucro. 
Le ali della farfalla che nascerà, auspico siano generosamente spesse e tagliate virilmente col coltello; ammiratene i colori facendole posare su rurali scodelle di lambrusco e fatele volare tra i denti, senza cerimoniose posate, prendendole con le dita e rimpiangendo d'averne solo dieci da succhiare in seguito, a farfalla volatilizzatasi. 
 
Storia. Poniamo che sparisca la nostra storia, per soli 5 secondi. I nuovi arrivati, trovando tutto formattato, si domanderebbero per quale motivo, ci siamo dati così tanto da fare, per conservare il porcello in quella strana forma e legata con tanti lacci suin generis. 
 
Molto sbrigativamente avrebbero ibernato i vari tagli per riesumarli alla bisogna. E chi spiegherebbe, a costoro, che quello strano tubo è frutto della storia che li ha preceduti, che è la rivincita della miseria di un anno intero sull' abbondanza di un solo giorno? 
Ovvio che, con un avvenire da fame, simile a quello che ci si prospetta alla pensione, ci si ingegnasse a rendere durevole questa fonte proteica. 
 
Il salame ne era l'emblema perfetto (meglio, per fetta) in quanto, col suo sapore, ne bastava poco per far sì che la polenta avesse un compagno di viaggio, col quale non annoiarsi, durante il tragitto che non vi dovrebbe essere difficile immaginare dove conducesse. 
 
Chissà se qualcuno non favorevole ad avere, al tavolo accanto al salame, un vicino che ordina il cous-cous, s'è mai fermato a pensare che questa contaminazione già avvenne, quando la polenta (made in Sud America) prese fissa dimora nei paiuoli nostrani. 
Idem con patate (anch'esse made in Sud America) per gli alimenti foresti come il pepe, noce moscata, cannella e via speziando. 
 
Se non fossero giunti a noi, è con un par de ciufoli, che avremmo potuto gustare il salame con la polenta o il cotechino col purè. 
Le fusioni tra le varie culture danno queste risultanze, anche se non piacciono subito e abbisognano di un rodaggio lungo 300 anni. I confini delle culture non sono mai netti come quelli politici, dove la demarcazione dei suoli patrii è data da linee precise, non è dettata da chi vuole giustizia tra i popoli e sa dove schierarsi, solo quando la scelta va fatta tra chi ha torto e chi ha il petrolio. 
 
Attempato neonato, fotografo dalla nascita, oste subito dopo e tifoso ultrà del salàm cremunèes.
Lilluccio Bartoli


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