10 aprile 2023

Se una volta i rimedi contro i malanni erano nella dispensa...

Spesso le verdure, le erbe, il grasso, gli alimenti, diventavano nella tradizione popolare anche rimedi alla buona contro i malanni fisici. Così si racconta l'uso della dispensa di famiglia come laboratorio medico. Ecco come, in dialetto cremasco (nel libro "la crema di Crema" scritto da Pier Luigi Ferrari e Marco Lunghi, presbiteri della diocesi di Crema), si narra questo uso degli alimenti.

"Di solito il sottoscala nelle cascine era la naturale dispensa della famiglia, rigorosamente tegnida sota ciaf. C'è da aggiungere che talvolta funzionava anche da laboratorio alchemico per la medicina spicciola di ogni giorno, in quanto, secondo la tradizione popolare, la miglior medicina era costituita dagli elementi naturali con una misurata contemperanza di erbe e di grassi: na fetina da lart per fa 'ègn a co i bignù, an tuchèl da sunza per met a post le ma e i pé sbumbulac, na unzìda d'ole da linusa co la carta da söcher per al resegòt e la custipasiù".

Anche Luciano Dacquati ha raccontato di rimedi popolari e contadini nel suo "Oontete 'l nàas, te guarirà 'l calcàagn" che spesso avevano a che fare con la dispensa.

Ascessi dentari: "Come molti lettori avranno potuto (purtroppo) constatare di persona, l'ascesso provoca dolori fortissimi. Secondo la saggezza cremonese antica, c'erano però alcuni metodi per contenere, se non eliminare, gli spasimi. Il primo, che fino a qualche anno fa era ancora ampiamente praticato nelle nostre campagne, e dal quale chi vi scrive ha tratto grandi benefici, è costituito dal grattugiare a mano una patata (più fresca è, meglio il rimedio rinasce) appilcando quindi la poltiglia che ne risulta sulla parte esterna del viso, trattenendola con un capace fazzoletto o con un asciugamano. L'applicazione deve durare almeno un quarto d'ora. Un altro rimedio consiste nel preparare una "polentina" di crusca, applicandola quindi allo stesso modo sulla zona dolente. Non si deve sottacere, inoltre, il potere vagamente anestetico che possiede l'infuso di salvia, col quale ci si deve sciacquare la cavità della bocca. Tanto più la salvia è fresca, tanto migliore è il risultato. 

Carie: la saggezza dei nostri vecchi ci ha tramandato un rimedio che la tradizione fa risalire a moltissimi secoli fa. Si tratta di un piccolo impasto (da preparare di volta in volta) di prezzemolo, olio di oliva (sarebbe meglio di noce: ma è praticamente impossibile trovarlo) e sale, da introdurre nella cavità della carie. Un altro sistema consiste nel toccare il dente che duole con una radice di malva appena colta.

Contusioni: si tratta, probabilmente, del malanno più diffuso al mondo, insieme al raffreddore. Per farlo guarire alla svelta, assicurano i nostri vecchi, è sufficiente prendere foglie e gambi di prezzemolo tagliati grossolamente con un coltello, farli bollire dieci minuti nel vino (obbligatorio che sia rosso, meglio se si tratta di quello "duro" mantovano, da "tagliare col coltello", come si produceva nel Cremonese fino a metà del secolo scorso, prima che la peronospera distruggesse irrimediabilmente i vastissimi vigneti della nostra provincia). Poi quando la temperatura del liquido è diventata tiepida, fare applicazione con garze di cotone sulla parte dolente. Attenzione: il decotto va preparato di giorno in giorno in recipiente non ferroso, e per il suo breve tempo di validità deve essere conservato al freddo, ma riscaldato al momento dell'uso.

Mal di gola: Per far passare il mal di gola, si faceva una bella sbattuta di olio (di semi o di oliva non importa) in parti uguali con l'aceto, meglio se fatto in casa per essere sicuri sia di vino. L'emulsione che ne risulta serve per ungere la gola, tre volte al giorno. Al terzo giorno, il mal di gola dovrebbe sparire.

Nella foto di Ernesto Fazioli, la pesata di un tacchino con la stadera


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