Gli archivi del Rotary: storie di cene che raccontano la storia di una città
Non sono un rotariano, pur avendo ricevuto, onoratissimo, la Paul Harris, il loro più alto riconoscimento. Lo premetto, onde sgomberare subito il campo da ogni sospetto di parzialità. Questo perché, come tutte le realtà associative importanti, anche il Rotary vive di fatto di due percezioni assolutamente differenti: è praticamente come una seconda vita per molti di coloro che vi appartengono, ed è invece considerata con una certa sufficienza (o addirittura a volte diffidenza) da molti di coloro che ne stanno fuori, in parte anche per un certo intrinseco classismo e per le sue radici americane, nelle quali la frequente mescolanza con le Logge Massoniche non ha giovato nel nostro cattolicissimo Paese. Personalmente non sono mai stato portato alla vita di club e non ne ho mai voluto far parte se non come ospite occasionale, ed il Rotary era quindi per me una realtà nota dall’esterno.
Poi, tre anni e mezzo fa, mentre mi trovavo al Museo del ‘900 a presentare un libro sugli archivi di Cristina Baldacci, venni raggiunto da un distinto avvocato che mi disse che il Rotary Milano 1, il primo club fondato in Italia nel 1923, aveva in progetto di riordinare i propri archivi. Ne è seguita una collaborazione che è tutt’ora in corso e che ha visto coinvolti direttamente il Comune di Milano con Cittadella degli Archivi, l’Università degli Studi con il Dipartimento di Storia e la Fondazione Rotary in un accordo reciproco che ha visto e vede tutt’ora convolti studenti, ricercatori, docenti e archivisti.
Quasi 3.400 fotografie, oltre 3.000 bollettini dettagliatissimi con il riassunto di ogni attività settimanale e di ogni partecipante, 1.000 bellissime riviste internazionali che raccontano cento anni di storia di un club che coincidono inevitabilmente con cento anni di storie di una città e di un Paese intero. La vastità e la qualità della documentazione ha immediatamente fatto superare ogni perplessità legata all’occuparsi degli archivi di una realtà privata: c’era troppa storia di Milano in quel fondo perchè il Comune non se ne preoccupasse. In cambio di questa collaborazione, la Fondazione Rotary ha regalato a Cittadella degli Archivi un bellissimo giardino decorato da installazioni di artisti italiani e stranieri dedicate alla storia di Milano custodita negli archivi.
Assieme all’Università degli Studi abbiamo riordinato l’intero fondo fotografico, digitalizzando e catalogando tutte le immagini una per una, riordinato bollettini e riviste di cui è in corso la digitalizzazione che consentirà agli storici rotariani di consultare i materiali da qualsiasi parte del mondo, redatto regesti e riassunti delle conviviali, e per il centenario del 2023 tutto questo patrimonio sarà disponibile a tutti attraverso un sito internet dedicato e realizzato dalla Fondazione Rotary. Molti sono stati gli incontri speciali con altrettanto speciali rotariani che ho avuto modo di avere in questi anni: De Carolis, Napodano, Schiraldi, Bergmann, Tibaldeschi, Monti, Bellezza e tanti altri che non riesco a citare qui.
La storia del Rotary Club italiano ha inizio ufficialmente il 20 novembre del 1923 a Milano. L’idea di fondare un Rotary Club in Italia nasce dall’avvocato milanese Achille Bossi e soprattutto da Sir James Henderson, illuminato industriale scozzese che rivitalizzò il settore tessile a Lucca rifondando la Cucirini Cantoni Coats, un pezzo di storia del settore tessile e del capitalismo sociale italiano: un industriale filantropo che in quegli anni nelle sue fabbriche volle campi sportivi, case di villeggiatura estive e biblioteche. In quegli anni la cultura anglo-americana diventava di gran moda: i ruggenti e dissoluti anni ’20 americani con il Charleston, il Fox Trot e le grandi feste “alla Gatsby” assieme alle raffinatezze degli abiti e degli arredi dell’Inghilterra Eduardiana, colta ed elegantissima ereditiera dell’Impero Vittoriano, si imposero rapidamente anche in Italia aiutati non poco dagli ingenti capitali che gli inglesi e gli americani riversavano non solo nelle aziende italiane, ma anche nello Stato. Perfino la Grande Milano di Mussolini sarà finanziata da una banca americana.
Il Rotary, diventato ormai capillare sul territorio statunitense cominciava a dilagare anche in Europa: scopo era quello tipicamente anglosassone di riunire industriali e professionisti per farli conoscere, discutere di affari e scambiarsi reciproche esperienze ma con una imprescindibile vocazione alla filantropia e al welfare sociale, tanto che il primo motto del club è proprio il profitto legato al servizio, tipico binomio delle culture anglo-americane: “He profits best who serves most ( chi più serve più ne trae beneficio)”. Il tutto attraverso la cifra divenuta iconica delle famose cene rotariane, cui partecipavano anche le mogli e i figli dei soci. Il Rotary Club meneghino poteva vantare nelle sue fila i più importanti uomini dell’epoca: l’industriale Piero Pirelli, l’architetto Portaluppi, gli editori Mondadori e Rizzoli, Arnaldo Mussolini, giornalista e fratello del Duce, l’esploratore Ardito Desio, il premio Nobel Natta e tanti altri personaggi che hanno scritto la storia d’Italia. Dalle conviviali che attraversano i luoghi storici della ristorazione milanese come il Caffè Cova in Galleria si è poi passati alle missioni e alle visite, alle inaugurazioni e ai congressi: dalla apertura del Pirellone e dell’autostrada del Sole, dalla fondazione dell’Istituto dei Tumori fino alle visite dei Capi di Stato, i bollettini redatti e le fotografie scattate dai rotariani per loro narrazione, finiscono per raccontare la storia intera di una città e di un Paese. Unica interruzione quella dal 1938, anno in cui a seguito delle leggi “fascistissime” che dal 1926 inziarono il progressivo scioglimento di ogni associazione, viene sciolto anche il Rotary. In verità il Rotary decise di auto-sciogliersi, in buona parte per protesta dopo la promulgazione, nell’agosto del 1938, delle odiate leggi razziali: molti dei soci erano infatti ebrei. Si ricostituirà nel 1946 per non sciogliersi più, e moltissimi dei suoi soci avranno un ruolo di primaria importanza nella ricostruzione post bellica e nel boom economico italiano.
Ed eccoci al punto: l’Italia è ormai piena di club rotariani in ogni città, perfino piccola, perfino nei paesi. Ognuno di loro ha certamente una raccolta di immagini e bollettini ed un piccolo archivio che può raccontare, attraverso la vita del club, un pezzo storia della propria città e del proprio territorio.
Il Comune di Milano e il Rotary Milano 1 hanno fatto da apripista in questo progetto che però potrebbe e dovrebbe essere fatto proprio da ogni Club e da ogni comune in Italia. Gli archivi hanno tanto da raccontare, compresi quelli rotariani.
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti