Anche per noi “i sogni muoiono all’alba”
Mai, come in quell’inizio di novembre 1956, 4 giorni di vacanza mi sono sembrati così pesanti da sopportare: non sapevo con chi condividere le emozioni per quanto stava succedendo in Ungheria (leggi qui).
Gli studenti di quel paese avevano manifestato con coraggio contro l’oppressione violenta dell'esercito sovietico e tutta la popolazione si era mossa nelle strade a fianco e assieme agli studenti; sembrava che la rivolta, pur con un tragico bilancio di crudeltà e di morti violente, fosse finalmente avviata al successo, permettendo al primo ministro Nagy di annunciare la vittoria ed il ritiro delle truppe sovietiche.
Noi studenti ci eravamo salutati prima delle vacanze, felici per il grande risultato di libertà ottenuto dai giovani ungheresi che sentivamo un po' fratelli.
Ma subito dopo, nei servizi giornalistici che ascoltavamo e leggevamo, cominciarono a sorgere i primi dubbi sull'onestà del comportamento sovietico: avevano ceduto troppo in fretta! Così nella notte tra il 3 ed il 4 novembre, migliaia di carri armati sovietici provenienti dai paesi confinanti che facevano parte del Patto di Varsavia, avevano invaso l’Ungheria, e Budapest in particolare; arresteranno poi il presidente Nagy ed il generale Maleter mentre era a capo della delegazione trattante (saranno barbaramente giustiziati dai sovietici dopo un processo per alto tradimento svoltosi in gran segreto); il cardinale Mindszenty sarà costretto a rifugiarsi nell'ambasciata degli Stati Uniti.
Siamo tornati in classe, in quella grigia alba di novembre, col più profondo smarrimento per lo stato di totale impotenza che sentivamo, anche a fronte del comportamento dei paesi occidentali ai quali gli insorti avevano chiesto drammaticamente aiuto: erano troppo impegnati nella battaglia per il canale di Suez, Francia e Inghilterra, e particolarmente rispettosi degli accordi di Yalta, gli Stati Uniti.
Il 6 novembre abbiamo manifestato per le strade di Cremona, con una partecipazione totale anche degli studenti che erano stati sollecitati dai loro presidi a presentarsi alle lezioni; è chiaro come lo spirito col quale abbiamo sfilato in quella giornata fosse ben diverso da quello della precedente manifestazione del 30 ottobre: allora eravamo entusiasti dell'andamento positivo dell'insurrezione, mentre adesso sentivamo solo rabbia e la polizia, intuendo contro chi avrebbe potuto sfogarsi, ha presidiato con uno spiegamento imponente di agenti, tutti gli accessi di via Palestro dove c'era la sede del P.C.I.
Nei giorni successivi la nostra passione si è smorzata lentamente assieme al lento e disperato esaurirsi della resistenza dei patrioti ungheresi di fronte ai carri sovietici; alcuni hanno partecipato a momenti tenacemente voluti dalla Chiesa cremonese, come la manifestazione di solidarietà tenutasi a S. Agata l’11 novembre, con un appassionato intervento di don Mazzolari, o come la grande preghiera comunitaria in Cattedrale da parte dei bimbi delle scuole; il giornale studentesco “Mappamondo” è uscito con il numero di novembre, ricordando i giovani che in ogni parte della terra avevano lottato per la libertà.
Ma tutto, pian piano, si è rifugiato in un doloroso ricordo, confermando che anche per noi, come nel dramma che Indro Montanelli ha scritto sulla tragedia ungherese, “i sogni muoiono all'alba”. (2-fine)
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