16 maggio 2023

La butéega del pàan. E la ricetta dei pirléen e della sbrisulùusa

"Bòon cùme 'l pàan" è uno dei modi di dire spesso usati anche dai cremonesi. Mentre un proverbio d'altri tempi diceva "dùua gh'è mìia pàan àanca i càan i stà luntàan". Sarà il legame con questo alimento della tradizione e con i negozi che lo producono che in tanti hanno letto e commentato su Cremonasera la notizia di qualche giorno fa della chiusura definitiva di uno dei panettieri storici di Cremona, la forneria Zeliani di corso Garibaldi (leggi qui). In tanti hanno ricordato anche sui social quello che in quella bottega si trovava: pàan bescòt, pàan cun l'üa, pirlìin, sbrisulùusa e altro. I più giovani forse hanno perso alcuni prodotti tradizionali o li hanno conosciuti solo nei racconti dei più anziani. Ecco in uno scritto di Giorgio Maggi, alcune caratteristiche di quei prodotti tipici cremonesi.

Bouffètt pane molto lievitato detto anche pan boffetto o pan boffice che contiene mol de’ pan ( mollica) ed ha un aspetto arrotondato 

Pistòla è pane attorcigliato su se stesso della lunghezza di circa 15 cm. 

Michéta di pasta dura 

Rouséta pane a forma di rosa 

Marsòck pane di pasta dura naturale o condito con strutto 

La sbrisulùusa: Torta friabile (che la sè sbrisùla e cioè che si sbriciola). Nata intorno al XV secolo nelle campagne della valle del Po, più precisamente nel Cremonese, la torta veniva  preparata con la  sola farina di mais, miele e  strutto. Simbolo della città lombarda alcuni sostengono fosse stata servita per tragica metafora (da sbriciolare, sbrizzare, sminuzzare, stritolare) al castello di Maccastorna la tragica notte del 24 luglio 1406 in cui Cabrino fece trucidare il nemico Cavalcabò. La torta è una antica  tradizionale di Cremona, si presenta con un colore dorato dovuto alla presenza nell’impasto di farina di mais e mandorle. Insieme alle frittelle e i biligòt la “sbrisulùusa” è il dolce tipico della festa di Sant’Antonio abate il 17 gennaio. La preparazione è semplice: si impastano 2 parti di farina 00, 2 di farina gialla, una di zucchero, una di burro o meglio di strutto. (taluni legano con un uovo). La cottura può farsi a 200 x ½ ora o 160° x 1 ora. La maggior parte dei cremonesi preferisce una torta non troppo friabile come la sorella mantovana che contiene mandorle e lievito (la sbrisolona mantovana, immeritatamente ha sostituito la vera sbrisulùusa cremonese nei frettolosi ricettari moderni e nelle preparazioni industriali in vendita al dettaglio).

Pirlìin o pirlèen féen: Pane dolce a pasta brioche mista a latte che ricorda la forma del pane ferrarese ottenuto attorcigliando due “pistòle” (panini attorcigliati a differenza del bufèt con una struttura più compatta). Conosciuto a Cremona sia nella forma salata che dolce (féen deriva banalmente dall’italiano fine ma anche dal tedesco fata e fa riferimento alla farina tipo 00 utilizzata per i dolci ) è stato purtroppo dimenticato dai suoi abitanti, non nel nord della Lombardia ed in particolare a Lecco dove è chiamato semplicemente il cremonese, in altre zone è chiamato brichèt perché ricorda l’antica forma degli acciarini.

Usato soprattutto come dolce è costituito da un impasto al burro. Il nome del pane cambia accento a seconda della parte della città in cui ci si trova: pirléen in centro e pirlìin in periferia (à li porti). La derivazione lessicale è evidente : Pirléen deriva da pirlare o prillare (girare su se stesso). Importante la etimologia degli alimenti che fa riferimento al metodo di preparazione: ad esempio pizza deriva dal latino pinsere (schiacciare) o dal tedesco bissen (morso), torta e tortelli da torcere;  schüttelbrot tirolese da schütteln = scuotere, agitare; pane comune da banco da buffet= banco. Pane quasi come strumento da lavoro.

La ricetta dei pirléen mi giunge dalla lontana attività della forneria Radi in piazza Marconi in Cremona, attiva sino agli anni ’70. Nel diario di Angiolina Radi sorella di Cleto che teneva il negozio con Maria Croce si legge dunque la ricetta: lasciare a lievitare 250g di farina, acqua tiepida  con 50g di lievito di birra.  A lievitazione avvenuta si impasta successivamente  con 750g di farina, 300g di burro, 70g di zucchero, latte e sale q.b. L’impasto sarà prolungato e costante. Si lascia lievitare ulteriormente, quindi si divide il pastone in una cinquantina di palline. Si spiana ottenendo una sfoglia dello spessore di circa 1 cm. Si avvolgono i vertici opposti , si ruotano e si dispongono a croce come nel disegno (una variante più povera ma più comune  prevede  di preparare il pirléen con semplice pasta di pane con farina 0).

Nelle foto la forneria Zeliani prima della chiusura e il disegno su come si fanno i pirléen

Giorgio Maggi


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