17 dicembre 2025

La preparazione del presepio, la ricerca de la tèpa. La gara dei presepi

Ai primi di dicembre inizia la ricerca de la tèpa, del muschio, da parte dei bambini di ieri e di oggi, per predisporre il presepio nelle case, a scuola, in oratorio o in chiesa.

Bella è la testimonianza di Francesco Ariberti, di Pizzighettone, quando ci ricorda, sul volumetto Il babbo, il bimbo e la luna, i preparativi che nei giorni d'Avvento si predisponevano in casa tanti anni fa. Egli scrive:

"Il Presepio è stato il mio mondo. Io bimbo ho amato il presepio. Tutti gli anni prima di Natale, con il babbo o con la mamma, andavo per campi a raccogliere l'erba tè- pa, e già era per me una festa. L'aria era fredda e pungente, l'acqua del Serio era color piombo, le piante scheletri, la boschina muta, nessun uccello cantava. La mamma con molta abilità, staccava con un coltellino l'erba tèpa dai tronchi degli alberi, fino a riempire un cestino. Poi, dalle vecchie roveri, coglievamo l'edera e con il nostro piccolo raccolto, stretto da mani indolenzite dal freddo, si tornava a casa. Mamma poneva il muschio ad essiccare sul davanzale della finestra per aluni giorni, finché all'antivigilia di Natale, si prepaava il presepio. Io ero felice"

Comprendiamo la gioia del piccolo Francesco, perché il S Natale è da sempre lo scrigno dei tesori stagionali invernali, la splendida gemma incastonata nel calendario cristiano, una festa che riflette intensi bagliori che si sono perpetuati nel tempo.

E sono infatti i bambini a sorprenderci, la sera della Vigilia o per Nadàal, con la loro particolare sensibilità ed immaginazione così diversa da quella degli adulti. Essi, infatti, hanno il privilegio di avvertire l'aura che s'espande dalla Sacra Famiglia nella capanna, quel fluido di singolare e calda umanità allarga tutt'intorno in de la cà, nella casa. È lì che divino e umanoi si compenetrano. Ed è lì che i bambini sembrano diventare coevi de le statuine del prezépi, delle statuine del presepio.

Ed è lì che si viene a creare l'incanto di una dimensiondi appartenenza che va al di là del tempo e della materia. Ai bambini, questa uscita dalle categorie del tempo e dello spazio, riesce bene, perché essi sono in grado di attraversare una dimensione nella quale possono parlare, con grande naturalezza, persino alle statuine, compresi 'l azenéen e 'l bòo, l'asinello e il bue.

Si ha l'impressione che avvenga un dialogo magico, perchè le statuine fanno capire, ai piccoli interpreti del divino, cose che gli adulti difficilmente riescono ad afferrare e comprendere. Stessa situazione avviene nei rapporti con la statuina dell'Angelo  posto sopra la capanna, al fianco della stella cometa, per non parlare del rapporto con i Re Magi, che sono ancora di attesa dell'Epifania, sul davanzale della finestra. Infatti, i pastori e gli angeli del presepio sono d'accordo soprattutto nell'affermare che le parole, a Natale, vanno verso la preghiera e verso l'Alto, al fine d'elevare lod.i Questo avvertono i bambini, con i privilegi straordinari della innocenza.

LA GARA DEI PRESEPI

Dove i bambini e i ragazzi hanno avuto sempre un ruolo importante è stato nella "Gara dei presepi" attivata dalle varie parrocchie. E non solo per essere stati coinvolti nella loro costruzione da parte dei genitori, magari usando il traforo o nella costruzione di casette arabe con la terracotta, o nella sistemazione della legna per formare le montagne, ma pure in un altro ruolo, che io ebbi il modo ed il piacere d'esercitare. Mi ricordo, infatti, che nel dicembre del 1961 (la mia famiglia  arrivata a Cremona da un mese, trasferitasi da Annicco) don Carlo Pedretti parroco del Migliaro, mi chiese di far parte della «commissione presepi», ossia della commissione che avrebbe dovuto giudicare i presepi nella gara indetta dalla parrocchia. Mi stupii molto questa apertura nei miei confronti. Avevo solo tredici anni. Ed io allora sentii una forte gratitudine nei confronti di quel sacerdote, così bravo a parlare e a scrivere, e mi impegnai con diligenza nel ruolo di giovane esaminatore.

E cosìi, insieme ad altre due persone più il parroco, entrai in molte case e conobbi molte persone cortesi, in un clima di grande serenità che mi aiutò molto ad inserirmi nella nuova realtà suburbana. E quando, molti anni dopo, dal luglio del 1980, il destino mi portò a ricoprire l'incarico di direttore della Scuola Edile Cremonese per vent'anni, in una sede posta a non più di trecento metri dalla chiesa di Migliaro, ebbi modo di confrontarmi spesso con don Carlo. Fu un rapporto che mi arricchì sempre, così com'era stato sin dall'inizio.

Agostino Melega


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