25 dicembre 2024

‘l Nadàal cremunées, la Vigìilia e il presepio

Il 25 di dicembre siamo attratti da un magnetismo misterioso, da una calamita imperscrutabile, donata dallo stesso giorno che evoca la nascita del Bambinello di Betlemme, il Santo Natale, il tempo più suggestivo dell’anno, dall’intatto ed immenso fascino.

Il Natale è, di fatto, lo scrigno dei tesori stagionali, la splendida gemma incastonata nel calendario cristiano, una festa che riflette intensi bagliori che si sono perpetuati nel tempo.

Ovviamente, il Natale, o ‘l Nadàal cremunées, o Natàa, Natàl, Netàl, Dinàl, Dindàa, Denedàl - come diversamente viene chiamato in Lombardia e nella Svizzera italiana - ci attende «col suo carico di speranze, di bontà, di sorrisi, di affetti», come scrive Federico Formignani in Dialetti lombardi per un anno. Altrimenti che Natale sarebbe? A pensarci bene, però, el frèt e la néef, il freddo e la neve, nella notte del Bambino Divino, diventano elementi scenografici adeguati al momento, e contribuiscono forse a creare, dentro ogni uomo ed ogni donna, la spinta verso una più accentuata intimità, una sollecitazione affinché la ‘stufetta’ del cuore produca più cordialità, più attenzione, più amore verso se stessi e gli altri. Quei fiocchi di neve che accarezzano l’ambiente, riescono a produrre momenti inspiegabili, in cui si sente il bisogno di cogliere il calore istintivo che viene su dall’animo, e la voglia di usare tale calore verso chi ci è vicino, coinvolgendo soprattutto i pütéi, i bambini, i figli piccoli, o i nipoti, quei meravigliosi cuccioli d’uomo che il buon Dio ha posto accanto agli adulti per essere accompagnati verso un cammino positivo, strettamente legato al bene. Sono questi cuccioli a sorprenderci, la sera della Vigilia o per Nadàal, con la loro particolare sensibilità ed immaginazione, così diversa da quelle dei ‘grandi’. Essi, infatti, hanno il privilegio di avvertire l’aura che s’espande dal quel Bambino nella capanna, quel fluido di singolare e calda umanità che si allarga tutt’intorno in de la cà, nella casa. E’ lì che umano e divino si compenetrano. Ed è lì che i bambini sembrano diventare coevi de le statüine de’l prezépi, delle statuine del presepio. Ed è lì che si viene a creare l’incanto di una dimensione d’appartenenza che va al di là del tempo e della materia. Ai bambini, questa uscita dalle categorie del tempo e dello spazio, riesce bene, perché essi sono in grado di attraversare una dimensione nella quale possono parlare, con grande naturalezza, persino alle statuine, agli animatori dei presepi, compresi ‘l azenéen e ’l bòo, l’asinello e il bue.

Si ha l’impressione che avvenga un dialogo magico, perché le statuine fanno capire, ai piccoli interpreti del divino, cose che gli adulti difficilmente possono afferrare ed intendere. Stessa situazione avviene con l’angelo posto sopra la capanna, al fianco della stella cometa, per non parlare dei Re Magi, che sono ancora disposti, in attesa dell’Epifania, sul davanzale della finestra.

Infatti, i pastori e gli angeli sono d’accordo soprattutto nel dire che le parole, a Natale, vanno indirizzate verso la preghiera e verso l’Alto, per elevare lodi al Signore. Questo avvertono i bambini, con i privilegi straordinari dell’innocenza.
E’ una facoltà, in effetti, quella propria dell’innocenza infantile, che riesce a far vibrare le anime, e a farle cantare, e a renderle pure, donatrici e portatrici di voti augurali per tutti.

ATMOSFERE NATALIZIE IN CITTA'

Da parte sua, Franca Piazzi Zellioli, si pone l’intento di accompagnare i lettori «a librarsi ad altezze dove tutto si tinge del pigmento dell’etereo», come scrive Gianni Cavagnoli. Questa cordiale signora, già impegnata nella missione di insegnante elementare, affida, in modo mirabile, alla forza poetica del dialetto la propria spontaneità espressiva, calata nel quadro della Vigilia di Natale. Qui, in un presepio ripreso dalla cornucopia dell’immaginario, essa trasferisce tre figure caratteristiche del mondo popolare. Una di esse è colta dalla tradizione orale, e le altre due sono prese direttamente, invece, dalle strade di miseria della Cremona degli anni ’40.

La prima di queste ‘comparse’ natalizie è Gelindo o Zelindo, ritenuto il primo pastore giunto alla capanna del Bambinello, che si può scorgere, nei presepi liguri e piemontesi, pure come statuina che suona la tromba accanto a Gesù, Giuseppe e Maria. Le altre due figure, citate da Franca, sono invece due persone che si potevano incontrare, un tempo, per le strade della città, con tutto il loro corredo di povertà e d’emarginazione, Pirlìin el paradùur e la vécia Petròolio, il mandriano e la mendicante. L’insieme della poesia è un inno al raccoglimento, al silenzio, con parole scandite dai ritmi dell’amore.

Vigìilia

Stanòt
me se impìsa in de’l cóor
la lüüs de’n prezépi luntàan,
e gh’è sèen chél Pütél,
picinìin picinìin
apèena querciàat da chél camizìin

sèen en pòo strèt, sèen en pòo cüürt,

che sö la pàja sèen püsèe sbrösa
el slàarga i brasìin a spetàa
che rìivi
Gelìindo...la vécia Petròolio...
el pòoer Pirlìin
de jéer
(ma àanca de incóo)
inséma a töta la gèent
che – adrée a la stéla curèent –
la ghe pòorta
e ghe sùunti àanca mé
de i dé de la vìta
sìa ‘l töt cùma ‘l nièent:
le paüüre de le nòt sèensa löna...

chéle spéere de sùul
che sguméta tra i nìigoi scüür
per catàa la so stràada...
chéi dulùur che inciòoda àan el cóor e fa gréeva la crùus...
chél calùur de na vùus...Töt!

Stanotte

Stanotte
mi si accende nel cuore
la luce d’un presepe lontano,
e c’è sempre quel bimbo,
piccino piccino

appena coperto da quel camicino sempre un po’ stretto...

sempre un po’ corto,

che sulla ruvida paglia
allarga le braccia in attesa
che arrivi
Gelindo...la vecchia Petrolio... il povero Pirlìin

di ieri
(ma anche di oggi)
insieme tutta la gente
che - seguendo la stella –
Gli porta
- e ci sono pure io –
della propria esistenza
sia il tutto che il niente:
le paure delle notti senza luna... quei raggi di sole
che sgomitano tra le nuvole scure in cerca della loro strada...
quei dolori che inchiodano il cuore e fanno pesante la croce...
il calore di una voce...Tutto!

E töti i se incàanta a vardàa
chél Bambéen!
Che silèensi gh’è intùurno, staséera!

Fóorse el fiòca!...Che pàas!
Pàarla,
(e gh’è mìia bizögn de tàante paròole) pütél nùma ‘l cóor!
E ‘l mónt, smursàat el so sàm,
adès, el tàas: ‘l è Nadàal!

E tutti s’incantano a guardar quel Bambino!
Che silenzio c’è intorno, stasera! Forse nevica!...Che pace!

Parla,
(e non servono tante parole)

Bambino solo il cuore!
E il mondo, spento ogni rumore, ora, attonito, tace: è Natale!

Fra le composizioni natalizie, pubblicate da Nòostre nóoe, il periodico del Gruppo El Zàch, diretto da Bruna Sivana Davini, ne abbiamo ‘spigolata’ una, dal titolo Nadàal a Cremùna, ‘Natale a Cremona’, scritta da Giuly. L’ autrice ci accompagna lungo le vie di Cremona, in uno spaccato d’attualità, mentre vengono riproposte, sullo sfondo, attraverso le note malinconiche di un sax, le dimensioni che abbiamo lasciato da tempo alle spalle, in un groviglio di emozioni appese ad un filo, al pari delle canzoni del passato. Tutto questo viene avvolto dai buoni sentimenti suscitati della grande festa cristiana, in un pensiero attento alle angustie del bisogno. Sono versi che accentuano i legami con quanti convivono con noi la realtà del Santo Natale, dentro e fuori le nostre case.

Nadàal a Cremùna

Gh’è ‘n fìil de fümàana, fà àanca ‘n bèl frèt,

Nadàal ‘l è vezéen, Cremùna l’è in féesta,

l’è töta na cùursa, negòsi e banchèt,

in méza a la gèent te gìira la téesta.

C’è un filo di nebbia, fa anche un bel freddo,
Natale è vicino, Cremona è in festa, è tutta una corsa, negozi e banchetti, in mezzo alla gente che gira la testa.

En sòon de velüüt in fóont a la vìa:
‘l è ‘n sax malincònic, ma pièen de malìa,
en sòon che ripòoza i cóor scalmanàat,

la mèent la ripàsa cansòon de’l pasàat...

Un suono di velluto in fondo alla via:
è un sax malinconico, ma pieno d’incanto,

un suono che riposa i cuori scalmanati,
la mente che ripassa canzoni del passato...

Nadàal na gràn féesta per gràant e pütéi,
prezépi, regài, ma apèena chéi:
la cà, la famìilia e i bòon sentimèent

che sèentum in cóor püsèe preputèent.

Natale una grande festa per grandi e bambini.
Presepi, regali, ma appena quelli:
la casa, la famiglia e i buoni sentimenti

che sentiamo in cuore più prepotenti.

Na bèla tuàja, vergót sóta i dèent,
na sèena speciàale, ma chéi che gh’àa nièent?
El vùla el penséer e sbòcia per lùur

amóor, carità che udùura de fiùur
la màgica nòt che nàs el Signùur.

Una bella tovaglia, qualcosa sotto i denti,
una cena speciale, ma (per) quelli che non hanno niente?

E vola il pensiero e sbocciano per loro
amore, carità che avvolgono come profumo di fiori

la magica notte in cui nasce il Signore.

Agostino Melega


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