21 dicembre 2022

La Vigilia di altri tempi per fare festa al Natale del Signore

Il Vescovo ha detto che non possiamo non fare festa di fronte al grande evento del Signore che ci ha onorato nel farsi uomo come noi. Non so se siamo mai stati capaci di cogliere questo fondamentale significato del Natale: forse ci è mancato lo “stupore” per il grande mistero dell'Incarnazione. 

Ricordo che in gioventù non si poteva essere indifferenti di fronte alla celebrazione della “novena di Natale” e ci si trovava in gruppo a cantare il “Venite o buon Gesù”, con un sentimento di attesa profonda, attesa di un evento che si ripeteva ogni anno nei nostri cuori e nella nostra vita. 

La vita in famiglia trascorreva in una lenta preparazione della grande “vigilia”, con mia madre che, per giorni, insisteva con mio padre perché si accostasse al sacramento della “confessione”, (“té ghèet èl camisìin cùurt”, gli diceva) e lui che rispondeva ritualmente di non aver peccati da raccontare al prete, così che avrebbe dovuto raccontare quelli della moglie; noi figli sentivamo questo dialogo con gioia ogni anno dato che sapevamo quanto si volessero bene e che era una sceneggiata voluta, dato che mio padre era un praticante, anche se un po’ riservato, a differenza della moglie che esteriorizzava maggiormente la sua Fede. 

C’era poi l’impegno, in anni di ristrettezze economiche, per arrivare al “cenone” con un menù speciale che segnasse l'attesa della grande festa; si partiva da lontano cercando di prenotare dalla zia Giacomina di Torre, un pezzo di buona zucca per il ripieno dei tortelli che si sarebbero preparati il pomeriggio della vigilia. 

Poi c’era la spesa particolare presso la salumeria dei fratelli Marchi, con il pezzetto di anguilla marinata (èl bisèet) per la gioia di mio padre e un bel cartoccio di mostarda in carta oleata, non c'erano i contenitori di plastica di cui abusiamo oggi, con la scelta di frutti secondo i vari gusti di famiglia. 

Infine la tappa ai “Formaggi d’Italia” per un pezzo di grana speciale adatto a condire i tortelli, formaggio che andavamo a gara tra fratelli per grattugiarlo, sapendo che qualche pezzettino si sarebbe staccato e quindi... 

Si arrivava a questa cena speciale con tante altre cose preparate da mia madre e con la crostata alla mela renetta, vera specialità “della casa”, servita alla fine accompagnata da un buon moscato dolce. 

Seguiva una sosta prolungata a tavola per far fuori una stecca di torrone tradizionalmente regalata a mio padre da Baresi, erano amici, della frutta secca e dei mandarini; la serata si concludeva preparando il “Bambinello” da posare nel presepe il mattino successivo, di ritorno dalla Messa di Natale, prima di “accapigliarci” divertiti su chi avesse più tortelli nel piatto, dopo la divisione di quelli avanzati la sera prima e riscaldati sulla stufa per la colazione. 

E attorno al grande tavolo della cucina, mentre gustavamo quelle che allora erano delizie solo natalizie, sedevamo tutti assieme, contenti per quei momenti felici: forse stavamo vivendo la vera festa del Natale. 

Nella foto di Ernesto Fazioli, la prima messa

Giorgio Bonali


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commenti


Françoise Fiquet

22 dicembre 2022 08:09

Testo molto emozionante, grazie per averlo riproposto, Mario, ad un anno dalla scomparsa di Giorgio, che ci ha lasciati il giorno di Santo Stefano.