8 giugno 2023

Alla Luna, "ambulina" e merluzzo con il bianchino o il misto

Ho preso lo spunto per questo articolo da uno studio dello storico cremonese, Marchese Agostino Cavalcabò che si intitola: "Scorsa a locande e osterie della Vecchia Cremona "(1938). In effetti lo studioso scriveva di tempi assai remoti e, tuttavia, attraverso questa narrazione, ho ripensato e rivisto nitidamente la osterie della vecchia Cremona dei miei tempi , quelle scomparse e le poche che rimangono. Naturalmente parlo delle "vere" osterie, quelle dove si andava a mangiare il merluzzo, le tencheli e l'ambulina. Molte si sono trasformate in veri ristoranti, ma questo è un altro discorso.

Spesso, con mio papà, verso mezzogiorno, andavo a "fare l'aperitivo"(come si dice oggi), alla "Piccola", alla"Luna" o anche in altre osterie come "Al Fico" e "La Maria",tutti locali "ben frequentati " che oggi chiameremmo quasi "trendy". Io mi accontentavo del merluzzetto e di una polpettina, lui "provava" anche l'ambulina e le tincheli. Alla fine il classico bianchino per entrambi. Era un mondo variegato ma, a suo modo, anche di élite. Ci conoscevamo tutti e alla fine, magari, si beveva un bianchino in compagnia. C'era , invece, chi preferiva il "misto" , una "bibita" fatta con vino e gassosa più una spruzzata di seltz.

L'osteria che, negli anni Cinquanta, frequentavo più spesso era "La Luna" in via Massarotti, un locale che ha visto passare intere generazioni . La tradizione, tuttavia, alla fine degli anni 90 si interruppe perchè "La Luna" chiuse i battenti fra il rammarico dei frequentatori.

Così è poi accaduto per tante altre e allora mi chiedo perchè non sorgano più osterie come queste ma, al contrario, si vadano estinguendo. Oltre al cambiamento di gusti che si sono succeduti nelle generazioni ( paninoteche, fast-food, pub) la risposta è anche questa: non esistono ormai persone disposte a vivere incalzate da un lavoro così impegnativo e continuo. Ricordiamo che tutti i cibi venduti nelle osterie erano rigorosamente freschi, deperibili e dunque confezionati in giornata. Provate a preparare quotidianamente cento polpette, cento pezzi di merluzzo (prima ammollato, dissalato...), chili di ambulina da friggere e poi trippa da cucinare, frittate e nervetti sempre pronti.

Anche per questo , dunque, le nostre magiche osterie stanno scomparendo, privandoci della bellezza dei loro tavoloni di noce massiccio, stufe d'epoca, banconi artigianali sempre colmi di "bocconcini" e uova sode: tutta roba genuina; come si dice, cotta e mangiata.

E' vero, in cambio , ora abbiamo locali più luminosi, con aria condizionata, più trendy. E , soprattutto, non ci sono più i gabinetti "alla turca " in fondo al cortile, con la chiave solo "su richiesta." Ora abbiamo belle toilette fornite di ogni moderno confort e tanti altri "lussi". Però che tristezza vedere quei tavolini in laminato plastico, i moderni banconi carichi di merendine industriali confezionate, montagne di lattine di Coca e tante altre novità che nemmeno ci sognavamo ; ma di ambulina, di merluzzo, di tincheli nemmeno l'ombra. E allora, mentre mi guardo intorno, ho l'impressione di trovarmi in una bella scenografia globalizzata e, purtroppo, identica ovuque, da Cremona a Roma, da New York a Parigi.

Ho rivisto il titolare Franco annI dopo la fine della "Luna". E' ancora simpatico e gioviale, ma, con il groppo in gola, mi ha confidato che, dal giorno della chiusura del suo locale, lui, da via Massarotti non ci passa più.

NOTA- Non posso esimermi dal fornire ai lettori un elenco- sia pure molto parziale - delle tante osterie non citate nell'articolo. Cremonasera si è occupata più volte dell'argomento. Mi cimento anch'io in uno sforzo di memoria: "La Prima", la "Seconda"-, "La Taverna.", "Tre scalini", "La Speranza", "Granatieri", "Sport", "Ciaveghet". "Al Torrione" , "Cinto" e tante altre ancora.

Gian Paloschi


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commenti


ennio serventi

8 giugno 2023 07:26

Perchè dimenticare "l'anciuaàro" dalla faccia rubiconda che quotidianamente girava per le osterie, quelle nominate e le molte dimenticate, spingendo un triciclo a pedali sul cassonetto del quale, sistemati in ordine di grandezza, portava in giro dei contenitori di lamiera colorata contenenti la mercanzia che offriva in vendita ai clienti di quegli scomparsi luoghi di socialità? Di varia pezzatura le acciughe, "rigorosamente sotto sale", cosa che stava particolarmente a cuore dell'oste, le serviva adagiate su di un pezzo di pesante carta gialla aggirandosi, silenzioso e sorridente, fra i vecchi cari tavoli di noce. Poi, forse per il cambiare dei tempi, sostituì il triciclo a pedali con un cesto portato sotto braccio e ceci e lupini, sempre abbondantemente cosparsi di sale, presero il posto delle "anciùeè".

Associazione guide turistiche Il Ghirlo

8 giugno 2023 07:31

E' proprio così, mancano locali che accolgano con calore e spontaneità residenti e turisti con piatti autenticamente caratteristici della città e a costi ragionevoli

ennio serventi

8 giugno 2023 09:35

costi ragionevoli? il merluzzo, per impreziosirlo al tempo chiamato anche ironicamente pesce veloce del baltico, era dei poveri. Chi oggi si accostasse ad un bancone e ne chiedesse alcuni piccoli tranci senza prima assicurarsi del costo rischierebbe che il tutto gli andasse di traverso. E così è per tanti generi che furono per tutti oggi diventati di "nicchia".

Graziano

8 giugno 2023 21:56

Per quanto riguarda i gabinetti alla turca, con chiave a richiesta, in alcuni Bar medioevali ci sono ancora. Poi, meglio che non faccia commenti sui frequentatori di questi posti.

Gianluca Viccardi

9 giugno 2023 16:47

Bellissima foto, io sono il figlio di Vinicio il parrucchiere che aveva il negozio a 20 metri dalla Luna. Sono cresciuto con il figlio dei Rossi, gestori prima di Franco e poi con Franco. Non era un locale qualunque era una famiglia allargata, ho passato 20 anni della mia vita in quel locale, 20 anni bellissimi!!!!!