26 ottobre 2022

Quella sera a Spotorno con Umberto Bindi e le sue canzoni

Gian Paloschi, giornalista cremonese di lungo corso, autore di monografie e della trilogia "Cremonesi così", "Incontri cremonesi" e "Cremonesi e dintorni" in gioventù ha fatto parte, come cantante e batterista, di complessi musicali. Da quella esperienza è nato il volume "Quelli eran giorni" con storie di orchestre, canzoni e musicisti nella Cremona degli anni Cinquanta e Sessanta. In giro per l'Italia con il suo gruppo "I Vichinghi", Gian Paloschi incontrò molti protagonisti della musica e della vita notturna di quegli anni. A Cremonasera ha affidato i suoi ricordi. Dopo quello di Celentano (leggi qui), ecco quello di Fred Buscaglione (leggi qui) e il debutto di Tony Renis (leggi qui). Oggi tocca a Umberto Bindi, alle sue straordinarie canzoni e all'ostracismo nei suoi confronti.

Dopo mezzanotte stava finendo la nostra serata nel famoso locale Alga Blu di Spotorno. Ad un tratto arrivò una grande macchina e subito si sparse la voce: c'è Umberto Bindi. E serpeggiò immediatamente quel gossip che tanto male ha fatto a quel grande artista, fino ad isolarlo come era accaduto successivamente anche a Mia Martini. E pensare che, nel gruppo dei cantautori genovesi, era il più preparato avendo  brillantementei frequentato il  conservatorio. Ecco il motivo dell'ostracismo: Umberto era omosessuale, cosa che sessant'anni fa era ancora motivo di  grande scandalo.

Ma torniamo all'Alga Blu. Dalla grande macchina scesero due operatori di scena, poi Umberto Bindi e la mamma che lo seguiva ovunque.

Mentre i clienti rientravano,i due operatori montarono l'occorrente per l'esibizione: riflettori,microfoni e la base musicale poichà Bindi non cantava con l'orchestra; quindi anche noi Vichinghi diventammo spettatori. 

Dopo averlo salutato con calore (non eravamo omofobi!) ci accomodammo insieme agli altri per goderci lo spettacolo.

Bindi era esile, piccoletto e con un atteggiamento dimesso e riservato. Sorrideva, sì ma con tristezza. Sotto i fari che lo illuminavano si vedeva il suo volto triste, bianco, quasi un Pierrot. E poi cominciò a cantare le sue belle canzoni: Girotondo per i grandi, Arrivederci  e molte altre. Non si risparmiò e, alla fine, intonò ll nostro concerto. Si fece un grande silenzio per ascoltare quella voce così particolare, ieratica, che trasmetteva  poesia, tristezza, quasi disperazione. Il suo viso quasi tragico spiccava sotto la luce dei riflettori  Quando arrivò alle note finali, quelle molto alte in cui  il testo recita:"...in un concerto dedicato a te", si sentì come un fremito passare fra gli spettatori e molti, molti occhi erano lucidi. Anche i miei.

Gian Paloschi


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