13 settembre 2021

Il ragionier Santi e i misteri di Pizzighettone (17)

E' da poco scoccato il mezzogiorno dell'8 ottobre 1946 quando lo stridio delle gomme di un'auto rompe la quiete della piazzetta davanti all'Ospedale Maggiore. Con estrema cautela viene trascinato all'esterno un uomo in fin di vita col volto tumefatto e insanguinato. Morirà poche ore dopo che il medico di servizio, scrollando la testa, avrà preso nota delle numerose ferite: frattura della base cranica, naso fracassato, lesioni multiple ed il colpo di un'arma da fuoco nella regione dello zigomo destro, che poi si rivelerà essere invece un tirapugni. La vittima è il ragioniere Eugenio Santi, 49 anni, direttore ed unico dipendente della filiale della Banca provinciale lombarda di Pizzighettone, dove è stato trovato alle 11,40 precise riverso su una poltrona coperto di sangue. Le ferite sembrano essere state inferte da un oggetto acuminato, forse un pugnale. Solo più tardi si scoprirà che in realtà si trattava di un'accetta. L'ipotesi più probabile sembra essere quella della rapina, visto che si registra un ammanco di cassa di 22 mila e trecento lire, ma non viene esclusa nemmeno la vendetta personale, c'è chi dice di aver visto un uomo uscire dall'ufficio in bicicletta, altri che ricordano che a Pizzighettone sono stati trasferiti alcuni reclusi del carcere di San Vittore, fra cui membri e complici della famigerata banda di Ezio Barbieri, catturato a febbraio.

Viene ricostruita la vita della vittima, un uomo tranquillo che ogni mattina si recava al lavoro da Gera, dove abitava con la famiglia, rispettato, un contabile preciso, senza alcun rapporto con la politica attiva. Vengono verificate le operazioni effettuate quella mattina in banca, si tratta di sei o sette clienti e dopo l'ultimo nome, quello di un certo Gaboardi, c'è il timbro dell'ufficio, segno che l'assassino, prima di colpire, ha atteso l'uscita dell'ultimo cliente. Probabilmente era conosciuto dalla vittima, che gli si era fatta incontro, come dimostrava il piccolo uscio lasciato aperto che divide l'ufficio dallo spazio destinato ai clienti. Il cronista di “Fronte Democratico”, conclude però il suo pezzo con alcune parole inquietanti: “C'è qualcun altro a Pizzighettone che ha visto”. 

In realtà si tratta di una bambina, un certa Tanina che dice di aver visto un tipo alto, bruno e vestito in modo dimesso. Si racconta che Santi avesse tra le mani un pezzetto di carta intriso di sangue dove si celerebbe la soluzione dell'enigma. Vengono effettuati vari fermi, anche fuori Pizzighettone. Ad esempio c'è un tale le cui caratteristiche somatiche coincidono con quelle, abbastanza incerte, riferite da alcuni testimoni che avrebbero visto un individuo sospetto sostare al banco dei meloni del mercato sulla piazzetta e poi uscire dalla banca. Ma non accade nulla fino a quando...un altro delitto riapre il caso.

A Gerre è la mattina del 25 maggio 1947, domenica. Un tale decide di andar a tagliare l'erba per i conigli in un piccolo appezzamento di terra di sua proprietà, confinante con quello, incolto, di Pietro Gaboardi, dove in tanti si recano a far legna incuranti del divieto del proprietario che, per farlo rispettare, ha anche assunto un siciliano, Filippo Bugnani, in qualità di guardia campestre. Al contadino, però, interessa solo raccogliere erba per i suoi conigli anche se, per farlo, deve attraversare la proprietà del Gaboardi. E' allora che, ai bordi del campo, nota una carriola abbandonata. Incuriosito vi si avvicina e fa la macabra scoperta: immerso in una pozza di sangue trova il corpo di Arturo Berselli, un tranquillo operaio di 45 anni residente con la famiglia a Gerre, la moglie malata e quasi inabile al lavoro e tre bimbi piccoli da accudire.

Berselli è stato ucciso a colpi di roncola, la stessa roncola che aveva preso con sé la sera prima, quando aveva detto alla moglie Maria Vaccari di andar a far legna nel podere di Gaboardi, tirandosi dietro la carriola. Il corpo viene ritrovato nel territorio di Maleo ed è qui che viene trasportata la salma per effettuare l'autopsia. I sospetti cadono ovviamente subito su Gaboardi e Bugnani, che vengono sottoposti al fermo, nonostante anche ai Carabinieri appaia del tutto sproporzionata la reazione dei presunti omicidi di fronte ad un eventuale furto di legna. C'è però un particolare che incastra Gaboardi: quella sera, nell'ora in cui presumibilmente avveniva il delitto, sarebbe stato notato mentre transitava in bicicletta nella sua proprietà, come confermerebbero anche le tracce dei copertoni ritrovate sul viottolo, e sarebbero compatibili con le suole delle scarpe indossate quella sera anche le impronte ritrovate accanto al cadavere del Berselli. Secondo le voci circolanti in paese, inoltre, la sera stessa la moglie di Gaboardi avrebbe lavato i pantaloni indossati quel giorno dal marito. Tutti e tre i sospettati, che continuano a negare qualsiasi coinvolgimento, vengono tradotti in carcere e trasferiti per competenza a Milano.

Iniziano frattanto a fiorire le più disparate ipotesi: si dice che tra Gaboardi e la moglie i rapporti fossero estremamente tesi al punto che Pietro dormisse da solo e consentisse alla moglie di frequentare il Bugnani. Ma inizia a farsi strada anche un altro sospetto: Arturo Berselli, durante la guerra, era stato attendente di Eugenio Santi, il bancario massacrato qualche mese prima con un'accetta, e nello stesso reparto militavano anche Gaboardi e Bugnani che, terminata la guerra, aveva deciso di stabilirsi a Pizzighettone. E se Berselli fosse stato soppresso perchè a conoscenza dei motivi per cui Santi era stato ucciso e, di conseguenza, anche dell'identità del suo assassino?

Al nome di Gaboardi, inoltre, era stata intestata sul registro di quella mattina dell'8 ottobre dell'anno precedente anche l'ultima operazione effettuata da Santi in banca prima di essere ucciso. Ma la bambina, unica ad aver visto il presunto omicida, messa a confronto con Gaboardi e Bugnani  esclude che uno dei due possa essere stato l'assassino del bancario. In realtà ad aggravarsi è solo la posizione di Filippo Bugnani: sarebbe stato suo, infatti, il paio di pantaloni lavato dalla moglie di Gaboardi, con cui, effettivamente, esiste una relazione, sarebbero sue le impronte di scarpe rilevate accanto al cadavere di Berselli, sarebbero della sua bicicletta le tracce di copertoni trovate nella fanghiglia. Ma Bugnani continua a negare, anzi, a chi gli fa osservare di aver ucciso il padre di tre figli ancora giovanissimi, risponde: “Magari non fosse mai morto. E potesse tornare. Lui, almeno, potrebbe scagionarmi da ogni colpa!”. Frattanto nella sua abitazione vengono rinvenute coperte e cappotti militari, e la solita pistola Beretta calibro 9 in dotazione ai soldati. Ma nulla di più. Bugnani viene arrestato dai carabinieri di Pizzighettone e Maleo con il sospetto dii essere l’autore dell’omicidio per futili motivi, ma è un’ipotesi che non convince nessuno. Il delitto ben presto viene dimenticato dalla cronaca giudiziaria. Come resterà avvolto nel dubbio anche il misterioso omicidio di Eugenio Santi.

 

Fabrizio Loffi


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